E questo sembra essere il principio ispiratore di “Ionesco Suite”, spettacolo creato cinque anni fa da Emmanuel Demarcy-Mota, di scena a Parigi al Théâtre des Abbesses, palcoscenico che accoglie per la seconda volta la pièce, dopo una tournée nelle scuole, nei licei e perfino nei garage abbandonati di Francia.
Demarcy-Mota, alla testa del Théâtre de la Ville, foyer storico a un passo dalle rive della Senna, nonché direttore del Festival d’Automne, grande kermesse che per quattro mesi riempie musei e palcoscenici parigini di nuove brezze artistiche, è soprattutto un profondo conoscitore delle stravaganze di Ionesco.
È dal 2005 che il giovane regista rivolge, ai suoi attori prima, e al suo pubblico poi, gli stessi interrogativi formulati dal drammaturgo di origini rumene, gli stessi dubbi sull’erranza dell’io, sull’incapacità di accettarsi e sulla difficoltà di farsi accettare e di stare al mondo, e sulla necessità ultima per l’uomo di nascondersi dietro i cliché, il già visto e già sentito.
Qui Demarcy-Mota si libera dall’ordine cronologico delle pagine e avvia un lavoro di ricerca sul testo, coinvolgendo l’estro attorale. “Avevo voglia di scrutare i miei attori, di essere più vicino a loro, d’immaginare gli spettatori tra noi, e che ognuno di essi sperimentasse secondo il proprio desiderio un nuovo lavoro, l’improbabile e l’inedito, il ruolo che, probabilmente, a nessuno di loro sarà mai proposto” ha infatti dichiarato.
È per questo motivo che gli spalti per il pubblico arrivano a pochi centimetri dalla scena e circondano il palcoscenico, mentre le gambe dei presenti sono quasi parte della scenografia, grazie a una studiata configurazione tri-frontale che fa degli spettatori altrettanti convitati al banchetto.
La pièce (in scena fino al 18 ottobre) è un mosaico di frammenti dell’assurdo, estratti da sei testi del teatro di Ionesco, dai più classici come “La Cantatrice Calva” e “La Lezione” fino a testi meno noti, come “Jacques ovvero la sottomissione”, “Delirio a due”, “Come preparare un uovo sodo”, “Esercizi di conversazione e dizione in francese per studenti americani”, tutti ricuciti attorno ad un pranzo di famiglia, dove gli attori rinunciano alla sacrosanta costruzione del personaggio e si scambiano di ruolo nell’atto di passarsi un bicchiere, si accusano, si amano, festeggiano, si lanciano torte, s’inzuppano d’acqua e vino, mentre il trucco viene via insieme alle loro difese. E il personaggio si scioglie lasciando scoperto l’essere umano.
Ma soprattutto “Ionesco Suite” è un tributo all’anti-azione del teatro dell’assurdo, al rifiuto della trama, all’uso del colpo di scena adoperato non per far avanzare l’intreccio ma per stupire lo spettatore, per concedergli una risata, riscattarlo dalla tensione. Le ripetizioni, i dialoghi portati allo sfinimento costruiscono l’intreccio di un affresco sulla “difficoltà di essere (da soli, in due, nella società…), l’arbitrarietà del linguaggio, il sogno e la morte, il livellamento dell’individualità, la manifestazione del potere e della dominazione (affettiva o intellettuale)”, spiega Demarcy-Mota.
Lo stesso linguaggio si rifiuta di collaborare. È usurato, spolpato, si rifugia in interminabili giochi di parole e scioglilingua per sfuggire alla vacuità degli scambi quotidiani, alle mediocri chiacchiere da convenevoli, alle trite convenzioni verbali delle coppie.
“Avevo pensieri e idee bellissime, avrei potuto scriverle se me l’avessero chiesto – si lascia sfuggire uno degli attori – sarei potuto diventare un pittore”, dando inizio a una girandola di accuse e rimpianti da repertorio matrimoniale. “Prendete un circolo, coccolatelo, diventerà vizioso!”.
I cambi di scena sono così repentini da lasciare immaginare un autore terrorizzato dalla banalità, sopraffatto dalla nausea della quotidianità, che ha trovato nel non-senso del teatro dell’assurdo, nel suo involontario ma irresistibile umorismo, l’unica via d’uscita da una realtà fin troppo ordinaria.
“La Commedia Umana non mi assorbe abbastanza” aveva scritto Ionesco nel suo “Diario in frantumi”. Come non essere d’accordo?
Ionesco Suite
da Eugène Ionesco
regia: Emmanuel Demarcy-Mota
con: Charles Roger Bour, Céline Carrère, Sandra Faure, Stéphane Krähenbükl, Olivier Le Borgne, Gérard Maillet
scene e luci: Yves Collet
musiche: Jefferson Lembeye, Walter N’Guyen
durata: 1h 20’
applausi del pubblico: 4’
Visto a Parigi, Théâtre des Abbesses, il 9 ottobre 2013