Journal d’un Corps. Cronaca di un corpo secondo Pennac

Théâtre des Bouffes du Nord (photo: bouffesdunord.com)|Daniel Pennac (photo: Alessandro Schinco - Il Funaro)
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Daniel Pennac (photo: Alessandro Schinco - Il Funaro)
Daniel Pennac (photo: Alessandro Schinco – Il Funaro)
“C’è un vecchio teatro, dimenticato da tutti, dietro la Gare du Nord”.
Era il 1974 e Micheline Rozan, produttrice francese, stava per trascinare Peter Brook in quella che sarebbe stata la sua casa per quasi quarant’anni.

Incorniciato dai palazzi parigini, al crocevia tra Boulevard de la Chapelle e Rue du Fauborg Saint-Denis, quasi non si fa notare il Teatro des Bouffes du Nord, leggenda dei palcoscenici della città, mitico sipario del nord di Parigi. Resta discreto, oggi come ieri, quando Brook arrivò e ne scoprì la struttura fiaccata da cent’anni di pioggia, oblio e indifferenza. Decise di lasciare tutto inalterato, restaurando l’inevitabile, soprattutto quando i primi applausi fecero crollare il rivestimento in gesso, ma risparmiando la patina del tempo. 

Scesa in fretta dalla metro, anche io ci passo davanti senza notarne la presenza, imponente, incassata tra due filari di edifici, pareti bianche e ultimo piano in ardesia, come tutti gli altri edifici, ma con un’insegna, alquanto discreta, che spunta tra le architravi del quinto piano. 
Ex padiglione industriale, struttura maestosa dalle atmosfere slabbrate e quasi un po’ dimesse, a pochi metri dalla Gare du Nord, il teatro ha assistito al genio di Brook durante gli anni più prolifici del suo esilio creativo a Parigi e ha debuttato nel 1975 con “Timon d’Athènes”, primo spettacolo del regista inglese, direttore del teatro parigino per ben 36 anni, prima di lasciare il testimone a Oliver Mantei (prima all’Opéra-Comique di Parigi) e Olivier Poubelle (imprenditore ed esperto di musica).  

Lo spettacolo sta per cominciare ma ho ancora un po’ di tempo per fare il giro del teatro, curiosare nel caffè e nel piccolo angolo libreria allestito per l’occasione. L’occasione è la penultima replica del “Journal d’un Corps”, lettura di e con Daniel Pennac, tratta dal suo ultimo libro omonimo, pubblicato in Italia con il titolo “Storia di un corpo”, edito da Feltrinelli. 

Con il fiato sospeso, seduta al centro della platea, aspetto che le luci si affievoliscano piano. I fari si abbassano e Daniel Pennac, prolifico autore francese con una predilezione per il quartiere di Belleville, creatore dei personaggi stravaganti della famiglia Malaussène, fa il suo ingresso in scena. Presenta lo spettacolo, saluta il pubblico, voce marmorea ma allo stesso tempo quasi paterna, un’inflessione che tradisce un passato da insegnante. Introduce la lettura e poi scompare da una porticina, per rientrare da una quinta, in veste d’attore.

“Journal d’un Corps” è il racconto della vita di un uomo narrata attraverso la crescita, l’evoluzione e poi il declino del suo corpo. Dai 12 fino agli 87 anni, l’io narrante registra tutti i cambiamenti delle sue membra e le epifanie che il suo stesso corpo gli riserva. Come dice lo stesso Pennac, un diario scritto non giorno dopo giorno, ma sorpresa dopo sorpresa. Una cronaca del proprio corpo, perché tutti gli altri parlano già del resto. “Un regalo imbarazzante”, così c’è scritto sulla copertina del diario, recapitato alla figlia appena dopo la morte del padre. 
La lettura si rivela una sorta di osmosi che dal corpo singolo del narratore, attraverso quello del lettore, passa all’organismo collettivo del pubblico. Sulla scena, solo un tavolo, con un metronomo, e due sedie. Daniel Pennac passeggia lungo le pagine del libro, oscillando da una seduta all’altra, mentre sulle quinte compaiono le date delle lettere. Egocentrico, non potrebbe non esserlo, ma mai narciso né vanesio.

Lo spettacolo si conferma il riflesso lucido di quello che è il titolo. La trascrizione fluida della relazione tra un corpo e una vita, una storia. La scoperta del sesso, quella del corpo femminile, prima fonte di mistero, poi di incondizionato piacere: entità complementare, familiare, il cui odore si fonde con il proprio. Dall’erezione alla perdita sconfortante del desiderio. Crudo, diretto, soprattutto quando registra in una maniera a dir poco cronachistica la frequenza delle sue flatulenze, compiaciuto di essere circondato da gente talmente per bene che morirebbe piuttosto che stigmatizzarne la disinvoltura. Esplicito ma mai volgare. Dolce, ma mai melenso. Il paesaggio esistenziale di un uomo che si osserva a partire dai suoi spigoli, le sue irregolarità e le sue somiglianze con gli altri della sua specie.

Come diceva Milan Kundera nel libro “L’identità”, ci scopriamo ad avere vergogna non di quello che ci distingue ma delle piccole bassezze, concrete e quotidiane, che ci accomunano alla specie umana, che ci fanno uguali a tutti gli altri, un corpo non dissimile dagli altri bipedi esistenti al mondo. Smettere di vergognarsi, di avere paura. È la prima risoluzione del nostro, a soli dodici anni. Una decisione che non può fare a meno di passare per una consapevolezza iniziale. Quella del suo corpo, involucro misterioso e dolce fardello. 

Bambini sconcertati davanti all’onnipotenza di un organismo così concreto, restiamo figli del nostro corpo, anche quando si rivela una carcassa ingombrante da portarci dietro. La platea ride, si commuove, segue con il fiato sospeso le annotazioni, le ultime, quelle lette a voce bassa, sussurrate. Fino a quella finale, prima della morte, una sorta di spiegazione ultima per la figlia. Con una dichiarazione d’amore, appena prima del buio in scena. 
Le luci si spengono, solo un attimo, per riaccendersi su una platea emozionata. Anch’essa sconcertata dal candore semplice e puro dello spettacolo.
Tutti restano immobili per un minuto prima di liberare la sala e tornare a fare i conti con il proprio di corpo, quello reale.  Forse animati da nuove rivoluzionarie intenzioni. Dal desiderio segreto di non averne più paura. O almeno di provarci. 

Théâtre des Bouffes du Nord (photo: bouffesdunord.com)
Théâtre des Bouffes du Nord (photo: bouffesdunord.com)

JOURNAL D’UN CORPS
di e con Daniel Pennac
mise en espace: Clara Bauer
scene, costumi e luci: Oria Puppo
durata: 1h
applausi: 3′

Visto a Parigi, Théâtre des Bouffes du Nord, il 9 novembre 2012 


 
Bookshop: Storia di un corpo (Daniel Pennac – Feltrinelli, 2012)
 

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