In prima nazionale al festival VIE il nuovo spettacolo di Alvis Hermanis e gli attori del New Riga Theatre: “Kapusvētki – Graveyard Party”
Nella nostra cultura, il rapporto con la morte e la scomparsa di un essere amato è qualcosa di intimo, un momento in cui ciascuno si ritrova solo, di fronte alla verità esistenziale. I riti, le usanze laiche o religiose, ormai non attenuano più questa dimensione.
Il nuovo spettacolo di Alvis Hermanis, presentato in prima nazionale all’ultimo VIE Scena Contemporanea Festival, ci introduce invece in una ritualità collettiva, ancora vitale, atavica e distintiva della cultura lettone.
“Kapusvētki – Graveyard Party” scaturisce da anni di ricerche (quasi antropologiche) condotte con gli attori del New Riga Theatre sulla cultura dei cimiteri in Lettonia: è nata così una drammaturgia fatta di aneddoti e racconti brevi, raccontati in scena da una banda di musicisti specializzati in funerali, o meglio in feste funebri che diventano sorte di ‘scampagnate’, a cui i partecipanti si preparano come per un appuntamento speciale, dove capita di incontrarsi dopo decenni con parenti e sconosciuti.
Ciascuno con leggio e strumento, seduti in fila di fronte al pubblico, i musicisti-attori chiacchierano tra loro, preoccupati perché la necessità di risparmiare spinge sempre di più i loro connazionali a scegliere il sintetizzatore al posto della musica dal vivo.
I ricordi di episodi vissuti, in cui si mescola tragico e grottesco, si susseguono tra una marcetta e un arrangiamento di “Yesterday” (la canzone preferita di un defunto eseguita su richiesta), mentre sul fondale scorrono le oltre 500 foto in bianco e nero di Martins Grauds scattate al cimitero di Riga, che catturano momenti reali, incontri, saluti, visite silenziose a una tomba.
Le immagini si uniscono alle storie raccontate senza limitarsi ad illustrarle, ma componendo un parallelo viaggio visivo nel cuore di un popolo. Un viaggio che procede sempre mantenendo un tono sereno, delicatamente ironico e a tratti scanzonato, com’è questa banda di ‘reduci’ di usanze e ritmi sociali in via di trasformazione, che a un certo punto si rifocillano tirando fuori con disinvoltura panini e bevande dalle loro valigette.
La forza dello spettacolo è proprio nella capacità di costruire il senso di una quotidiana convivenza con la fine, di tenerci tra il sorriso e l’attimo di commozione, facendo sentire quanto il confronto con la morte sia qualcosa di profondamente umano che unisce i vivi. Un’esperienza che va al di là del singolo, del dolore privato, e ci accomuna tutti.
Per questo però lo sviluppo drammaturgico, quando i musicisti raccontano la scomparsa dei propri cari nella parte finale, appare debole, come se fosse già stato superato da quanto visto fino a quel momento. Per controbilanciare, il regista porta ad agire in proscenio alcuni orchestrali, dando spazio all’intera fisicità dell’attore, di cui ad un certo punto avvertiamo la mancanza, nonostante la piacevolezza dell’insieme.
Poi il senso della dimensione collettiva si ricompone, diventa anzi transculturale, mettendo in luce l’affinità con le consuetudini messicane, con il rito del Dìa de los Muertos: e a questo punto le variopinte foto di Città del Messico restituiscono colore anche agli scatti di Riga, visti prima in bianco e nero, come a dire che la radice e la forza di quei sentimenti sono ancora attuali.
KAPUSVĒTKI. Graveyard Party
testo: Alvis Hermanis e l’ensemble del Jaunais Rīgas Teātris
sviluppo dell’idea, regia: Alvis Hermanis
foto: Mārtiņš Grauds
con: Vilis Daudziņš, Gundars Āboliņš, Andis Strods, Ivars Krasts, Varis Piņķis, Edgars Samītis, Andris Keišs, Ģirts Krūmiņš, Gatis Gāga, Iveta Pole, Maija Apine, Ansis Nikolovskis, Jēkabs Nīmanis
insegnante di musica: Ansis Nikolovskis
tecnico di scena: Jānis Liniņš
arrangiamenti musicali: Jēkabs Nīmanis
suono e video: Gatis Builis
luci: Mareks Lužinskis
stage manager: Zane Pīrāga
direttore del tour e del progetto: Eīina Adamaite
in coproduzione con: Jaunais Rīgas Teātris, Riga, Wiener Festwochen
durata: 1h 30’
applausi del pubblico: 2’ 50’’
Visto a Modena, Teatro Storchi, il 16 ottobre 2011
prima nazionale