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Il Capitale di Kepler-452: da Marx agli operai della GKN

Il Capitale (ph: Luca Del Pia)

Il Capitale (ph: Luca Del Pia)

Ha debuttato a Vie Festival il nuovo progetto prodotto da ERT che vede Enrico Baraldi e Nicola Borghesi firmare drammaturgia e regia

Tra le produzioni di Emilia Romagna Teatro che hanno debuttato all’interno della XVI edizione di Vie Festival, emerge il lavoro della compagnia bolognese Kepler-452 che non a caso è stato accolto dal pubblico con grande entusiasmo, come testimonia il botteghino: sold-out.

“Il Capitale – Un libro che non abbiamo ancora letto” vede come protagonisti tre operai che portano in scena la loro storia, accompagnati dall’attore Nicola Borghesi, che firma la regia e la drammaturgia dello spettacolo insieme a Enrico Baraldi.

Già da tempo i componenti della compagnia avevano in mente di lavorare al testo di Marx, ed erano in giro per l’Italia in cerca di un fatto d’attualità che potesse avvicinare il pubblico in maniera concreta al pensiero del grande filosofo e alla sua analisi scientifica del capitalismo.
Tutti sanno quanto fossero rivoluzionarie le idee di Marx, eppure il suo manoscritto più famoso viene considerato obsoleto, proprio ad oggi che viviamo l’apice (ma anche la crisi) del capitalismo.
Nicola Borghesi ce lo presenta così “Il Capitale”, come un libro che non abbiamo letto. Poi precisa che, se l’abbiamo letto, allora non l’abbiamo capito. Comunque cambia poco, perché chi l’ha capito non sa cosa fare, e chi sa cosa fare non ha tempo. Così alla fine nessuno fa mai nulla.

Per combattere l’atrocità di questo nulla, nell’autunno 2021, Nicola ed Enrico si intrufolano in una delle manifestazioni degli operai della GKN di Campi Bisenzio che, dal giorno del loro licenziamento, occupano lo stabilimento in maniera permanente.
I due artisti rimangono colpiti dallo striscione bianco/rosso con su scritto “Insorgiamo!”, motto preso in prestito dalla resistenza partigiana fiorentina, e si uniscono alle sorti degli operai, andando a vivere nella fabbrica per un mese. Vengono ospitati a dormire su una brandina, a mangiare e a bere con loro; ricevono pure un soprannome, come del resto tutti lì dentro: “quelli della Digos” li chiamano.
Nicola ed Enrico osservano da vicino la vita degli operai che autogestiscono lo stabilimento spento, e se ne prendono cura come se fosse casa loro. Mentre sono lì fanno centinaia d’interviste, prendono parte ai comizi, ai presìdi; tra le tante persone che incontrano conoscono Francesco, Felice e Tiziana che vengono coinvolti a partecipare alla realizzazione dello spettacolo.
Sul palco dell’Arena del Sole li vediamo a proprio agio, sorretti dalla determinazione di reagire all’abuso subito: narrano di sé e delle loro famiglie, della vita in fabbrica, dei macchinari, dei gesti ripetitivi eseguiti per decine di anni, dell’odore e dei ronzii che li accompagnavano durante i turni di lavoro.

Felice Ieraci, matricola 1432, è un operaio addetto al montaggio. Al banco di lavoro mostra come si montano i pezzi: è così che si dice assemblare i semiassi delle automobili. Mentre svolge meccanicamente la catena di movimenti previsti dalla sua mansione, racconta al pubblico della propria infanzia. Un’infanzia difficile: rimasto orfano e spostato continuamente da un nucleo affidatario all’altro. Nella fabbrica però ha finalmente trovato la sua dimensione, sentendosi parte di una nuova grande famiglia.

Francesco Ioro, manutentore, matricola 580490, ci racconta delle sue giornate in compagnia di Braggion, un energumeno pieno di energia che gli ha insegnato tutto. Un giorno però il suo compagno di lavoro è colto da morte improvvisa: da allora per lui andare a lavorare è diventata una fatica enorme e ha dovuto iniziare un percorso di psicoterapia.

Tiziana De Biasio, 10905, operaia addetta alle pulizie, condivide con il pubblico il peso di essere l’unica donna dello stabilimento. Ogni volta che entrava in fabbrica gli occhi di tutti erano puntati su di lei; non era facile lavorare serenamente alle prese con commenti ed atteggiamenti sessisti.

Poi da un momento all’altro la loro vita cambia radicalmente: il 9 luglio 2021, a pochi giorni dal termine del blocco dei licenziamenti istituito durante l’emergenza sanitaria, tutti gli operai della GKN ricevono una email il cui oggetto riporta: “Apertura licenziamento collettivo”.
La chiusura totale dello stabilimento ha effetto immediato, sancendo la perdita del lavoro da parte di 422 persone. Appena ricevuta quella comunicazione, senza neanche pensarci su, gli operai fanno irruzione nella fabbrica, tenendo in ostaggio – ancora oggi – i macchinari e i coloxes, contenitori pieni di merci dal valore di otto milioni di euro. La produzione si ferma, ma gli operai continuano a prendere lo stipendio pieno ancora per 75 giorni, poi vanno in cassa integrazione.
Passano i mesi, la GKN vede l’acquisto da parte di un nuovo padrone, Francesco Borromei, che però non si palesa. L’occupazione va avanti, le manifestazioni procedono, anche grazie alla solidarietà della municipalità locale e di tanti gruppi di persone.

Infine arriva la sera della prima a teatro. Figli e familiari degli operai sono seduti tra il pubblico. Alle repliche vengono ad assistere anche altri colleghi, che durante gli applausi intonano un coro con i pugni rivolti verso l’alto. Un episodio dal grande impatto emotivo per tutti i presenti, che palesa il forte sentimento di unione creato fra palco e platea durante la rappresentazione.

Per chi volesse approfondire gli sviluppi della lotta portata avanti dai lavoratori della GKN sul web si trovano moltissime informazioni, tra cui segnaliamo questa intervista.

L’allestimento è semplice ma efficace: due banconi con attrezzi da lavoro e una tenda a lamelle verticali funge da fondale per le proiezioni. Altamente suggestive le immagini della fabbrica, girate da Chiara Caliò, che vengono proiettate in sovrapposizione con i movimenti degli operai, riuscendo a trasmettere al pubblico la sensazione della vastità dello stabilimento, grazie a un abile utilizzo della prospettiva.
La proiezione, oltre a definire lo spazio, è parte integrante della drammaturgia, che intreccia diversi piani narrativi: la cronaca, il testo di Marx, le testimonianze degli operai e il racconto della creazione dello spettacolo.

Nicola Borghesi si muove con cautela e rispetto fra tutti questi piani, talvolta orchestrandoli, talvolta fungendo da intermediario con il pubblico, altre volte ponendosi semplicemente in ascolto. In scena lo vediamo immedesimarsi nei racconti degli operai, mentre imita i loro movimenti ai macchinari, mentre legge le citazioni di Marx ed ancora quando riflette a voce alta sul modo di produzione capitalistico che sfrutta la forza-lavoro degli operai. Quali sono i valori su cui poggia il Capitalismo? Quali sono i suoi obiettivi? Cosa implica la creazione di plus-valore nella vita delle persone?

L’impostazione dialogica del testo, che si rivolge continuamente alla platea, fa sentire gli spettatori partecipi, parte integrante della storia. Le difficoltà degli operai della GKN, i loro dubbi, paure, così come le loro speranze, riguardano da vicino tutti noi perché scaturiscono dalle contraddizioni del sistema economico e produttivo di cui facciamo parte. Non è un caso dunque che lo spettacolo abbia inizio così: un uomo, Dario Salvetti, operaio e delegato sindacale, entra nello spazio scenico giungendo da fuori. Ha un megafono in mano, ma lo poggia a terra per parlarci direttamente. Ci rivolge una domanda, la stessa che un giornalista gli aveva fatto durante un comizio: “Come state?”. E poi aggiunge: “Noi stiamo così, che questa lotta la perderemo, a meno che tutte e tutti noi non consideriamo questa lotta un momento di riscatto sociale. A meno che GKN non diventi un punto di riscossa per tutte e per tutti. Come state? Perché noi qua probabilmente perderemo, a meno che voi non ci diciate come state”. Il coinvolgimento del pubblico è immediato e il lavoro svolto da Kepler-452 sa dare un senso al fare teatro oggi.

Il Capitale, un libro che non abbiamo ancora letto
Un progetto di Kepler-452
Drammaturgia e regia: Enrico Baraldi e Nicola Borghesi
Con: Nicola Borghesi e Tiziana De Biasio, Felice Ieraci, Francesco Iorio – Collettivo di fabbrica lavoratori GKN
E con la partecipazione di: Dario Salvetti
Luci e spazio scenico: Vincent Longuemare
Sound design: Alberto Bebo Guidetti
Video e documentazione: Chiara Caliò
Consulenza tecnico-scientifica su “Il Capitale” di Karl Marx: Giovanni Zanotti
Assistente alla regia: Roberta Gabriele
Macchinista: Andrea Bovaia
Tecnico luci: Giuseppe Tomasi
Fonico: Francesco Vacca
Elementi scenici realizzati nel Laboratorio di ERT
Responsabile del laboratorio e capo costruttore: Gioacchino Gramolino
Scenografie decoratrici: Letizia Calori
Foto di scena: Luca Del Pia
Produzione: Emilia Romagna Teatro ERT/ TEATRO Nazionale

Durata: 1 h 40′
Applausi: 5′

Visto a Bologna, Teatro Arena del Sole, l’8 ottobre 2022
Prima Nazionale

 

 

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