Sarà una nota di colore ad introdurre questa seconda parte del nostro reportage da Kilowatt, un aneddoto che ben ne esprime l’atmosfera: quella di un festival innestato nel tessuto cittadino da molti punti di vista.
Sono le 10,30 di sabato mattina, 27 luglio, e ci raduniamo come da programma sotto il portico del Palazzo delle Laudi per l’incontro tra visionari, compagnie e fiancheggiatori, che si svolge all’aperto e attira passanti incuriositi che si fermano ad ascoltare.
Siamo alla fine del nostro parlare, quando da lontano sentiamo il suono di una tromba da stadio e vediamo giungere in gran carriera una Citroën deux chevaux, condotta da autista con tanto di tuba. Inizialmente tutti fingono disinteresse, concedendosi solo qualche sbirciatina d’occhio. Poi si intuisce che c’è un matrimonio che sta per essere celebrato proprio all’interno del Palazzo. È uno scarto, un attimo, e poi la discussione prosegue con naturalezza. Ma immancabile arriverà un lungo e spontaneo applauso all’uscita dei due sposi, provocato dagli entusiasti visionari.
In tutto questo emerge un particolare non di poco conto, ovvero quello di un festival che, seppur organizzato con impeccabile serietà e professionalità, nulla ha di troppo impostato, serioso e formale nel suo svolgersi. I visionari donano freschezza e genuina partecipazione, non hanno ruoli da interpretare (fuori dal palco, si badi bene) e sorridono con sincerità. Anche se, forse, alcune “uscite” dei fiancheggiatori non vengono gradite. Ma questo è il sale del progetto.
L’ultima giornata di Kilowatt si apre nella piazza principale di Sansepolcro con l’azione collettiva di Mariateresa Zingarello, “La neve di luglio”, pensata insieme a un gruppo di adolescenti di Sansepolcro e che vede coinvolte ben 83 persone. Evoca un feroce episodio della seconda guerra mondiale, durante il quale i tedeschi per rappresaglia abbatterono la torre principale della città, della quale si conserva solo il nome.
Il caldo del pomeriggio non scoraggia i presenti, che accorrono numerosi. L’idea è interessante, il lavoro preparatorio dell’artista in residenza e il gran numero di persone stimolano curiosità. Purtroppo però, l’azione collettiva non sembra confermare le attese.
Gli 83 blocchi ordinati al centro della piazza vengono prelevati dai partecipanti a gruppi di quattro, poi ciascuno si dirige liberamente in un punto e sale sul simbolico gradino. Al cessare dei suoni/rumori amplificati dalle casse poste agli angoli, con un gessetto, ciascuno segna per terra il profilo rettangolare del bianco parallelepipedo. Fine.
Nell’intenzione dichiarata di indagare il rapporto tra l’effimero e la memoria, la testimonianza e la sedimentazione del ricordo, l’azione risulta troppo esile e non trova un forte impatto, con un finale dispersivo e centrifugo.
Rimasto in stand-by dopo il primo piatto della sera precedente, decido di ritentare con “Ricettario/Lato B”, scegliendo un’altra portata dall’eterogeneo menù di Chiara Vallini. Alla prima esperienza avevo optato per le Conserve, stavolta scelgo la Misticanza. Il secondo tentativo è premiato. La performance si dimostra più riuscita e compatta nello sviluppo e trova un maggiore equilibrio.
Poi è la volta di un vero menù, la cena al ristorante del festival, nell’attesa degli ultimi due lavori proposti dai visionari: “Angeli e insetti” della compagnia Cie Twain e “La favola di un’altra giovinezza” del gruppo piemontese Il Mutamento Zona Castalia.
Agli spettacoli segue l’ultimo incontro del ciclo visionari/compagnie/fiancheggiatori, purtroppo assai breve visto l’orario, e la festa di fine rassegna che incombe, ma l’incontro si rivela comunque interessante, soprattutto nel confronto con Loredana Parrella, coreografa di Cie Twain, al centro di un acceso dibattito. La “drammaturgia per movimenti” della messinscena viene infatti letta da alcuni fiancheggiatori in modo diverso da quanto dichiarato dalla coreografa, soprattutto nella prima parte, mentre nella seconda, dal titolo Riflesso, anche alcuni visionari che avevano visto il lavoro in video notano una certa ripetitività e la mancanza di un finale netto, fattori che provocano nell’insieme un’eccessiva lunghezza che non ha giova.
Liberamente ispirato al racconto “Morpho Eugenia” di Antonia S. Byatt, il lavoro nel suo complesso delude, causa partiture gestuali e coreografie ripetitive, che appesantiscono l’insieme e affaticano e confondono lo spettatore, così come la scelta di musiche eterogenee (si va dal contemporaneo elettronico a Pergolesi). La sensazione è che il lavoro sia ancora in fase sperimentale e si finisce quasi con l’apprezzare il coraggio della Parrella, in questo tentativo di salto nel vuoto senza rete.
Ben diverse invece le impressioni restituite dall’ultimo lavoro di Kilowatt 2013, soprattutto per la felice scoperta del talento di Eliana Cantone – notevole prova d’attrice la sua – che interpreta e dirige “La favola di un’altra giovinezza”, liberamente ispirato a “Un’altra giovinezza” del rumeno Mircea Eliade, e che si avvale della consulenza artistica di Alejandro Jodorowsky. La figura del poliedrico artista cileno fa capolino spesso nel dipanarsi della vicenda narrata, e se ne ha la conferma nell’incontro post spettacolo, quando la Cantone racconta delle sue esperienze formative.
“La Favola” è la storia di una donna che, a 65 anni, viene colpita da un fulmine e comincia lentamente a ringiovanire; pretesto per narrare una storia familiare di emigrazione e ricordi, è ben sviluppata, con musica dal vivo della brava Elisa Fighera. Proprio la musica (con parti cantate) viene ad essere elemento drammaturgico importante, capace di donare una tessitura sonora che accompagna i passaggi emotivi della storia, senza mai invadere o totalizzare la scena. Unico appunto da fare alla brava attrice (anche lei di Torino), alcune strizzatine d’occhio di troppo al pubblico, da cui emerge la sua formazione nella Commedia dell’Arte, ma questo nulla toglie alla riuscita del lavoro.
Si conclude così questa interessante esperienza a Kilowatt come fiancheggiatore, una manifestazione in cui ben vengano i visionari – volti nuovi di questo stantio panorama dei festival estivi – che si fanno notare per acuta analisi, coraggio, passione e naturalezza, doti oramai sempre più rare.
Angeli e insetti
coreografia, regia, costumi e disegno luci Loredana Parrella
interpreti Camilla Zecca, Yoris Petrillo
co-produzione AcT
con il sostegno di MiBAC – Ministero per i Beni e le Attività Culturali
durata: 45′
La favola di un’altra giovinezza
liberamente ispirato a Un’altra giovinezza di Mircea Eliade
interpretato e diretto da Eliana Cantone
drammaturgia Giordano V. Amato
musica dal vivo Elisa Fighera
consulenza di Alejandro Jodorowsky
in collaborazione con Salone Internazionale del Libro Off, Circoscrizione 7, Circuito Teatrale del Piemonte
durata: 45′
Visto a Sansepolcro (AR), Kilowatt Festival, il 27 luglio 2013