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La contraddizione del fare sistema a Milano

Teatro della Contraddizione di Milano

Teatro della Contraddizione di MilanoSarà pur vero che “un’esperienza vividamente immaginata corrisponde ad un’esperienza realmente vissuta”, ma non posso essermi certo inventata tutto! Non mi sono inventata di aver visto a Milano, per due stagioni di fila, gli spettacoli della compagnia romana OlivieriRavelli­_Teatro; non mi sono immaginata un palcoscenico trasformato in un campo pratica di parkour per le evoluzioni del leader di The Urban Playground; e ricordo bene il 1° maggio 2011, quando ballavo e correvo davanti a Palazzo Marino con gli attori delle compagnie B a b y G a n g, Scimmie Nude, della Contraddizione e Madrugada.
Sono moltissimi i ricordi di spettacoli che, seppur “vividi”, ho realmente vissuto (e difficilmente dimenticato). Tutti gustati in quella sala, piccola ma più che ospitale, tanto che dopo gli spettacoli, per tradizione, ci si ferma a bere un bicchiere di vino insieme.

Quindi, “Il Teatro della Contraddizione è un teatro”. Sottoscrivo, e aggiungo il mio pensiero ai tanti pubblicati in rete in questi giorni da artisti, compagnie e spettatori, come reazione a un episodio che sta riguardando l’intero sistema teatrale milanese.

Il 26 luglio scorso l’assessore alla Cultura milanese Stefano Boeri ha presentato il nuovo sistema delle convenzioni teatrali del Comune di Milano. In sintesi, ha dichiarato la volontà di discutere con tutti gli attori della cultura cittadina i nuovi criteri di convenzione, convocando tuttavia solo coloro che già fanno parte del sistema delle convenzioni. Oltre al Piccolo Teatro (lo Stabile di Milano) e agli Arcimboldi (del Comune), la città ha avviato nel 1989 convenzioni che oggi coinvolgono 20 organismi di produzione teatrale. “I parametri di ingresso – si legge sul sito del Comune – sono improntati al merito, alla qualità della proposta artistica e al rigore della gestione, allo scopo di sostenere chi innanzitutto produce arte scenica, progetta e investe, contribuendo in modo sostanziale alla definizione dell’identità culturale e artistica del capoluogo lombardo”.

Il nuovo sistema presentato dall’assessorato, e che riguarderà il quadriennio 2012-2015, “non è un semplice strumento di sovvenzione, ma un modo per consentire al sistema dei teatri di aumentare la loro offerta culturale e valorizzare la loro natura di luoghi di sperimentazione legati al loro contesto sociale”.
La nota specifica l’importo destinato (2.170.000 euro per il 2012, come per l’anno precedente), e aggiunge che “il rinnovo è ispirato a nuovi principi e parametri di ingresso”, tra i quali “l’accoglienza di compagnie prive di sede, l’esistenza di partnership con artisti indipendenti […], festival con un’attività in essere da almeno tre anni, una forte identità di progetto e la produzione di almeno tre produzioni straniere”. Infine si precisa che il Comune si sta “orientando verso un allargamento del numero dei teatri convenzionati” e che “il sistema è stato presentato a tutti i teatri milanesi”.

Eppure il Teatro della Contraddizione ha appreso la notizia solo il giorno dopo, attraverso un post sulla pagina facebook proprio dell’assessore Boeri.
Eppure il Teatro della Contraddizione opera a Milano dal 1991 (prima come associazione culturale e poi stabilmente, dal 1993, come compagnia e scuola d’arte teatrale, producendo i suoi spettacoli e collaborando con enti milanesi quali il Teatro alla Scala, la Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi, l’associazione Lirica e Concertistica, la Civica Scuola di Musica, il Centro Culturale Spagnolo Istituto Cervantes… per citarne alcuni); organizza festival ed eventi, dal 2000 ospita presso la propria sede compagnie indipendenti e artisti internazionali per la stagione Sperimentale Europea, che ha visto tra i protagonisti, per esempio, Linda Marlowe, Prodigal Theatre, Secret Life Theatre…

Non si può dire che il Teatro della Contraddizione non contribuisca alla definizione dell’identità culturale e artistica del capoluogo lombardo. Tanto che dal 2011 è ideatore del festival Expolis in collaborazione con Accademia di Brera, Università IULM e Triennale di Milano, “per capire cos’è la città, cosa sta diventando, chi la abita”.
Motivazioni e urgenze non recenti, ma originarie e fondanti della compagnia che, non a caso, nel 2009 ha vinto il premio Milano per il teatro (assegnato da una giuria popolare allo spettacolo “Die Privilergierten”), e che, sotto la direzione di Marco Maria Linzi, negli anni ha sempre più rafforzato la sua identità costruita e fondata sul dare visibilità a progetti indipendenti, sperimentali, anche sconosciuti, nel panorama teatrale, e poi diventati protagonisti della scena milanese.

Eppure il Teatro della Contraddizione ha presenziato, insieme ad altre realtà teatrali del territorio, ai diversi incontri in cui l’Assessorato, enunciando la volontà di riformare in modo condiviso il sistema culturale di Milano, prometteva di mandare a tutti una bozza con le nuove iniziative relative al sistema delle convenzioni teatrali, perché ognuno potesse dare stimoli e suggerimenti.

Eppure, il Teatro della Contraddizione in sei mesi non ha ricevuto alcun documento, e quindi, tantomeno ha potuto “apprezzare l’impianto e condividere lo spirito” del nuovo modello di convenzioni.

In attesa di sapere se l’allargamento previsto nel nuovo sistema includa o no il Teatro della Contraddizione, la compagnia si interroga sui motivi della propria esclusione da “tutti i teatri di Milano”. E lo fa con una buona dose di grinta mischiata alla sua solita autoironia, chiedendosi “Dunque? Non siamo un teatro?”, e appellandosi anche gli amici su Facebook.

Così facendo conferma la sua vitalità, e dimostra di aver mantenuto fede alle parole scritte da Federico Garcia Lorca nel 1931 e assunte a manifesto di ExPolis nel 2011: “Non di solo pane vive l’uomo. Io, se avessi fame e mi trovassi abbandonato per strada, non chiederei una pagnotta, ma mezza pagnotta e un libro. E attacco da qui, con violenza, coloro che parlano soltanto di rivendicazioni economiche e non nominano mai quelle culturali, che i popoli invocano disperatamente”.
  

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