La Danza Macabra di Ronconi a Prato, che lo fa cittadino onorario

Photo: Luigi Laselva
Photo: Luigi Laselva
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Diciamolo subito: “Danza macabra” di Luca Ronconi, andato in scena al Metastasio di Prato dopo il debutto estivo al Festival dei 2Mondi di Spoleto, non sarà ricordato come un capolavoro. Pur tuttavia è uno spettacolo nell’insieme godibile, anche se leggermente lungo nei suoi novanta minuti filati (in realtà poca cosa rispetto ad altri spettacoli del regista).

L’adattamento del testo, curato da Roberto Alonge,merita una breve digressione. 
”Danza di morte” fu scritto da Strindberg nel 1900. Per paura che il testo fosse troppo violento – anche su suggerimento del suo traduttore tedesco Schering – e di perdere così i guadagni derivanti dalle rappresentazioni, l’autore svedese aggiunse l’anno seguente una seconda parte, per attenuare un poco il clima tragico della pièce, ma che finì per banalizzare il perfetto meccanismo costruito nella prima parte, quella che appunto viene messa in scena da Ronconi.
Due coniugi sposati da venticinque anni, il capitano Edgar (Giorgio Ferrara), frustrato nelle sue ambizioni di promozione e visibilità sociale, e la moglie Alice (Adriana Asti), strappata dal matrimonio a una carriera promettente di attrice teatrale, consumano la loro esistenza su una piccola isola all’interno di una fortezza, fino a quando ricevono la visita di Kurt (Giovanni Crippa), cugino di lei.

L’innesto drammaturgico di Kurt crea un’alterazione dell’equilibrio familiare, poiché i due, marito e moglie, sono come una coppia di attori, immersi nella normalità quando non ci sono spettatori, ma pronti a calarsi nei loro “personaggi” non appena si presenti al loro cospetto uno spettatore.

La visita del cugino fa così emergere le nature diaboliche e vampiresche dei due protagonisti in una serie di scontri, minacce e colpi di scena caricati di farsa e grottesco, in un clima ludico e caricaturale – ma qui si strizza un po’ troppo l’occhio al pubblico –. Proprio in questo, se vogliamo, sta il limite della rappresentazione. È proprio il tema vampiresco – assieme a quello della “ripetizione” di pose e smorfie – la caratteristica più evidente, la chiave di lettura contenuta nel testo che Ronconi sceglie quale metafora per inscenare i rapporti che si instaurano fra i tre protagonisti. I personaggi si azzannano al collo, come ogni vampiro che si rispetti, in un traslato del “succhiare la vita” degli altri forse troppo manifesto ed insistito.

Ronconi si discosta nettamente dalla critica tradizionale per approdare alla messinscena di un “inferno domestico di una coppia per niente infernale”. Per il regista “siamo di fronte a una rappresentazione di una storia infernale ma risibile”, collegabile al vaudeville di Courteline “Les Boulingrin”, messo in scena due anni prima della stesura del testo di Strindberg. 
È una lettura precisa, coerente e definita dell’opera dell’autore svedese, che forse non convincerà il pubblico ma che tuttavia a noi è parsa abbastanza riuscita rispetto all’intento di fondo, pur con alcuni limiti, quali, come già accennato, il troppo insistere e rendere manifesta la tematica vampiresca del Capitano, con annesse smorfie e ripetute cadenze caricaturali.

Efficaci i costumi di Maurizio Galante e l’imponente ed oscura scenografia di Marco Rossi, giocata su pochi ed evidenti elementi che contribuiscono ad un’atmosfera opprimente, quasi da romanzo gotico, con soluzioni interessanti: una su tutte la tempesta di mare rappresentata dall’oscillare sul palco degli elementi scenografici, soluzione di grande efficacia. Il fondale è nudo, scarno e l’unico rimando all’ambiente in cui trascorrono l’esistenza i due protagonisti è una stampa in primo piano a chiudere il boccascena che ci accoglie prima dell’inizio dello spettacolo, a ricordare una “collocazione” solitaria e cupa. 

A contorno dello spettacolo, e in occasione del conferimento al Maestro della cittadinanza onoraria da parte del Comune di Prato, il Metastasio organizza per domani, sabato 15 alle ore 16, un incontro a ingresso libero con Ronconi, una chiacchierata a due voci con il critico Gianfranco Capitta per raccontare il rapporto del regista con la città, dai tempi gloriosi del Laboratorio di Progettazione Teatrale (dal ’76 al ’79) fino ad oggi: una “Prato come cuore e testa del teatro ronconiano”.

DANZA MACABRA
di August Strindberg
traduzione e adattamento Roberto Alonge
con Adriana Asti, Giorgio Ferrara, Giovanni Crippa
regia Luca Ronconi
scenografia Marco Rossi
costumi Maurizio Galante
luci A. J. Weissbard
suono Hubert Westkemper
direttore tecnico Ottorino Neri
direttore di scena Angelo Ferro
assistente alla regia Lisa Capaccioli
assistente alle scene Giulia Breno
assistente ai costumi Marta Rinaldi
assistente alle luci Pamela Cantatore
movimenti coreografici Gloria Giordano
suggeritore Enzo Giraldo
produzione Spoleto57 Festival dei 2Mondi, Teatro Metastasio Stabile della Toscana
in collaborazione con Mittelfest 2014

durata: 1h 30’
applausi del pubblico: 3’

Visto a Prato, Teatro Metastasio, il 5 novembre 2014

 

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