La falsa modestia di Spregelburd/Cherubini

La modestia
La modestia
La modestia (photo: teatrooutoff.it)

Tutti pazzi per Rafael Spregelburd! È ormai dichiarato l’amore che la scena italiana prova per l’autore argentino: amore ufficializzato qualche mese fa dal Premio Ubu a “Bizarra” come miglior novità straniera del 2010. Un premio arrivato dopo la grande passione manifestata prima al Napoli Teatro Festival e poi a Roma, per la messinscena della teatronovela firmata da Manuela Cherubini.

E Milano non si è certo fatta mancare un po’ di Spregelburd, prima con “Lucido“, della compagnia Costanzo/Rustioni, e ora con “La modestia”, sul palco dell’Out Off fino al 17 aprile per la regia di Manuela Cherubini in un adattamento in collaborazione con Fattore k e Psicopompo teatro.

In attesa che anche Luca Ronconi presenti al Festival di Spoleto la sua versione.

Nel 1992, a soli ventidue anni, Spregelburd, con il suo primo testo teatrale, “Cucha de almas”, vince a Buenos Aires il Premio nazionale di drammaturgia. Da quel giorno porta in scena più di 30 testi teatrali. Oltre alla teatronovela, l’opera più completa e importante di Spregelburd è “Eptalogia di Hieronymus Bosch”, pubblicata in Italia da Ubulibri con il grande contributo della Cherubini che, oltre a essere studiosa e traduttrice della drammaturgia contemporanea in lingua spagnola, si può dire sia stata antesignana del fenomeno Spregelburd anche per quanto riguarda la regia, firmando, prima ancora di “Bizarra”, la regia de “La stravaganza” nel 2009. Come ora nel caso de “La modestia”, il testo prendeva il titolo da uno di quelli che per Spregelburd sono i sette peccati capitali di oggi, e che l’argentino ha raccolto nella sua “Eptalogia”.

E se la tavola dipinta da Bosch rappresentava un’opera morale per mostrare la fine del Medioevo come epoca mostruosa, anche l’Eptalogia rappresenta la fine di un’epoca, contemporanea ma altrettanto mostruosa, vissuta dall’Argentina al tempo della dittatura. I sette testi, infatti, indipendenti uno dall’altro, sono scritti associando a ogni nuovo vizio la traccia di uno antico: l’inappetenza sostituisce la lussuria, la stravaganza sta per l’invidia, la stupidità prende il posto dell’avarizia, il panico è la nuova accidia, la paranoia subentra al peccato della gola, e la caparbietà all’ira.
A completare l’Eptalogia, “La modestia”, che sta al posto della superbia, e viene rappresentata da una commedia degli equivoci costruita su due storie, due tempi, due spazi: tutto mescolato, quasi sovrapposto, con l’intento di rappresentare la vita, che per la regista è “una fotografia imperfetta, un disequilibrio costante”, ma che in questo caso per lo spettatore diventa un labirinto.

Due storie si intrecciano quindi tra loro in un equilibrio instabile di follia; gli attori interpretano tutti un doppio ruolo, uno per ogni storia: due donne e due uomini, alle prese con un’esistenza dolorosa fatta di tentativi e stenti, alla ricerca di amore e approvazione. Il ritmo è sostenuto, e i cambi scena, che portano da una vicenda all’altra (che non sono legate tra loro) sono intelligenti e interessanti; la sospensione del testo, proprio quando sembra stia per dilungarsi, viene interrotta, spezzata da un cambio che non permette distrazioni. Il fatto è che, a questa velocità, e con una trama non proprio lineare, l’attenzione dello spettatore rischia di sbandare. Complice qualche scena troppo lunga.

L’incertezza fa parte del gioco: per Spregelburd, infatti, oggi la modestia non è la qualità di chi è consapevole dei propri limiti e non mostra presunzione, ma semmai è il peccato che commette chi prova piacere nell’essere un po’ di meno di ciò che può, forse per sottrarsi alle sue responsabilità, in una sorta di vittimismo tanto compiaciuto quanto colpevole. Quindi il modesto è uno che, a poco a poco, neutralizza la sua vita, pur di evitare errori, di eliminare ogni dubbio, di stare tranquillo. Intanto, però, la vita va avanti e chiama alla prova: chi si sottrae, rimane nell’incertezza. Ecco come la modestia oggi ripropone l’antica questione bene/male, ed ecco perchè la scena propone una continua contrapposizione che alla fine si riduce in confusione. E finisce per confondere.
Lo spettacolo non è chiarissimo. Ed è un peccato.

In scena ci sono quattro ottimi attori: Hervé Guerrisi, Alessandro Quattro, Gaia Saitta, Simona Senzacqua, e pure la loro direzione funziona. Il totale naturalismo della recitazione, che sembra quasi provenire dal mondo televisivo, spiazza e colpisce, tanto da sembrare fuori luogo per uno spazio teatrale, ma in poco tempo riesce a travolgere per il ritmo, l’allusione e la commozione sulla natura umana. Molto nella parte Gaia Saitta, che riesce a dipingere l’esistenza di due donne con ironia e con un divertimento che, si vede, fa parte di lei. Se si volesse trovare un difetto, si potrebbe evidenziare un po’ la mancanza della passione tipica di quei luoghi, che in parte riesce a restituire Hervé Guerrisi.

Complessivamente non si può dire che manchi la piacevolezza dello spettacolo; tuttavia, rispetto ad altri testi di Spregelburd, sentiamo la mancanza della comicità: troppo abituati alle risate di “Bizarra” e all’ottima comicità di “Lucido”, ci aspettavamo forse qualche sorriso in più, amaro certo, ma presente.

LA MODESTIA
di Rafael Spregelburd
traduzione e regia: Manuela Cherubini
con: Hervé Guerrisi, Alessandro Quattro, Gaia Saitta, Simona Senzacqua
durata: 1h 50′
applausi del pubblico: 2′ 15”

Visto a Milano, Teatro Out Off, il 7 aprile 2011

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  1. says: Mezzasala

    insomma non basta mettere in scena un autore di moda per fare un bello spettacolo . o forse si?

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