Dopo il riuscito esito di “Hamlet Travestie” eravamo curiosi di assistere al nuovo spettacolo della giovane compagnia napoletana Punta Corsara, al suo debutto durante I Teatri del Sacro, un lavoro firmato stavolta non più dalla “solita penna” di Emanuele Valenti, bensì dal ventiseienne Gianni Vastarella, già coautore e aiuto regia di Hamlet, e che avevamo conosciuto anche per un promettente progetto visto al Premio Scenario.
L’attesa non è stata delusa.
In “Io, mia moglie e il miracolo” Vastarella, mescolando sacro e profano, cinema di genere a Ionesco con una spruzzata di Scimone e Sframeli, imbastisce una sorta di apologo surreale sulla famiglia di forte valenza espressiva, nel quale è coinvolta generosamente tutta la compagnia. Qui non ci troviamo però di fronte alla tipica famiglia napoletana che ci aspetteremmo di trovare in un lavoro di Punta Corsara: questo nucleo familiare vive in un tempo immaginario ma, nello stesso istante, assai posizionato nel presente.
Ogni attore raffigura non solo un personaggio senza nome, ma anche una specie di maschera, che ha il suo ruolo nel teatro del mondo e nella società in cui viviamo, fatta di schemi, regole, ruoli e molti stereotipi.
Ecco allora un padre padrone (impersonato dallo stesso Vastarella) ben conscio del suo ruolo, che nel picchiare la moglie (manco a dirlo, mesta e sottomessa) mostra di interessarsi nevroticamente perfino al bucato di casa.
Come in ogni famiglia che si rispetti vi è poi la presenza/assenza della figlia, che sappiamo far parte di un nuovo progetto educativo che la costringe a scuola in un tempo prolungato che diventerà infinito. A smuovere gli eventi arriverà in paese un guaritore con il dono miracoloso di riportare in vita oggetti e persone, anche quando nessuno, apparentemente, sembra esser morto. Ad indagare sulla eccessiva lontananza della bambina, ma soprattutto sulla morte di un gatto dal viso strano, verrà in soccorso un tracotante e goffo sceriffo (Emanuele Valenti) che crede solo a ciò che vede, seguito da una puttana che intende redimersi ma non ad ogni costo e solo a un prezzo onorevole, e un uomo (l’esilarante Vincenzo Nemolato) a cui misteriosamente, mentre mangiava un lecca lecca, la stecca gli è rimasta attaccata alla mano: sarà lui l’unico a mutare la propria situazione, senza interessi di sorta.
Nello sviluppo dello spettacolo, di questi personaggi in apparenza surreali, mossi da ragioni imperscrutabili e avvolti in un’atmosfera rarefatta, capiremo a poco a poco le ragioni oscure, sino al lancinante finale, in cui l’unico a rimetterci sarà proprio colui che possiede in sé la santità, colui che si troverà troppo solo in un mondo terribile che non crede più che ai miracoli.
In una scena costruita geometricamente da Vastarella (cercando di creare angoli e forme geometriche che, pur facendo parte della stessa figura, non riescono mai a toccarsi), emergerà così in modo netto la realtà: non c’è possibilità di riscatto per nessuno, e la menzogna ancora una volta trionferà, nonostante i sorrisi stereotipati del finale, a punteggiare un universo popolato da persone che non osano guardarsi né toccarsi.
“Io, mia moglie e il miracolo” risulta una sorta di noir sapiente, dove nell’assurdità dei caratteri e delle situazioni (perfino demenziali, arricchite come sono da formule ripetute all’infinito), tutto ha una sua perfetta logica, con uno sguardo – non certo consolatorio – sulla società in cui viviamo.
Io, mia moglie e il miracolo
drammaturgia e regia: Gianni Vastarella
con: Giuseppina Cervizzi, Christian Giroso, Vincenzo Nemolato, Valeria Pollice, Emanuele Valenti, Gianni Vastarella
disegno luci: Giuseppe Di Lorenzo
costumi: Daniela Salernitano
immagine di locandina: Alfonso Cannavacciuolo
scene: Marco Di Napoli
collaborazione artistica: Marina Dammacco
produzione: 369gradi con il sostegno di NUOVO IMAIE
con la collaborazione: Compagnia Scenica Frammenti / Teatro di Lari
applausi del pubblico: 2′ 30”
Visto a Lucca, Real Collegio, il 13 giugno 2015
Prima nazionale
Vi lasciamo al breve video realizzato a Lucca con Gianni Vastarella.