E’ un’opera per molti versi anomala, all’interno della carriera di Giacomo Puccini, “La fanciulla del West”, proposta dal Teatro alla Scala di Milano.
Fu composta dopo che al maestro, durante un tour statunitense nel 1907, accadde di assistere al dramma di David Belasco “The Girl of the Golden West”, che lo entusiasmò.
Ottenuto dall’autore il necessario consenso, incaricò il poeta Carlo Zangarini (cui subentrò in un secondo tempo lo scrittore toscano Guelfo Civinini) di preparare il libretto.
La composizione dell’opera venne ultimata nel luglio del 1910 e “La fanciulla del West” fu rappresentata per la prima volta al Teatro Metropolitan di New York il 10 dicembre 1910, diretta da Arturo Toscanini con Emmy Destinn e il famoso tenore Enrico Caruso.
La scena è ambientata in California, ai tempi della febbre dell’oro, e ha come protagonista Minnie, tenutaria della “Polka”, luogo di svago e ritrovo per minatori del vicino campo di lavoro, che la venerano, affidandosi completamente a lei, consegnandole persino i propri risparmi, mentre tutt’attorno si aggira depredando e taglieggiando una banda di briganti, comandata dal temibile Ramerrez.
Minnie, intanto, si innamora di un giovane straniero, giunto una notte nel locale, che afferma di chiamarsi Dick Johnson ma che in realtà altri non è che Ramerrez, venuto a studiare di persona la possibilità di rapinare la cassa dove sono depositati i risparmi dei minatori.
Malgrado l’avversione mostrata verso lo sconosciuto dallo sceriffo Jack Rance, che da tempo corteggia senza successo Minnie, la donna si fida del bandito e lo invita nella sua capanna, ai margini della foresta.
E’ qui sboccerà l’amore. Ma Rance ed alcuni minatori, giunti anche loro a casa di Minnie, le rivelano la vera identità di Johnson.
Nonostante Dick confessi che per amore abbia desistito dal suo piano delittuoso, l’uomo è costretto da Minnie, indignata e delusa, ad abbandonare la casa; sull’uscio viene però ferito da un colpo di pistola dallo sceriffo. Il bandito viene quindi nascosto da Minnie nel solaio della capanna, ma lo sceriffo ne individua il nascondiglio ed è fermamente deciso a condurlo a morte.
Minnie gli propone allora un patto: sarà una partita a poker a decidere della vita del bandito. La vittoria arride a Minnie, che per salvare il suo uomo è costretta a barare.
Catturato mentre tenta di espatriare e consegnato ai minatori, sarà ancora lei a salvargli la vita, convincendoli uno ad uno, con la tenerezza dei ricordi della vita trascorsa insieme, a lasciare libero il suo uomo, con cui Minnie finalmente si allontanerà felice.
Quest’opera anomala nella carriera di Puccini non si affida, come suo solito, alla cantabilità di arie famose (se si eccettua il “Che ella mi creda libera e lontana” cantata da Johnson nel terzo anno), ma si traduce sempre in un’orchestrazione raffinatissima, che interpreta in modo magistrale tutte le atmosfere della vicenda, e che venne portata ad esempio da molti musicisti, tra cui Ravel.
L’orchestrazione mescola influssi impressionisti ed espressionisti con echi del folclore americano. E in molti casi si avvale di accorgimenti originali, come il canto del menestrello del primo atto, accompagnato da due arpe, una in orchestra, l’altra interna, che deve avere “della carta inframezzata alle corde imitando il banjo”, o come la fonica che interviene nel finale dello stesso atto, o ancora la decantata bufera di neve che viene accompagnata dal sibilo dell’eliofono.
Tra i vari esempi di creazione d’atmosfera suggestivi e rimarchevoli ricordiamo quello durante la famosa partita a poker del secondo atto e quello del terzo che sottolinea la cattura di Johnson, per non parlare del tema d’amore tra i due protagonisti.
Il regista canadese Robert Carsen, in collaborazione con Luis Carvalho, reinventa questo capolavoro di Puccini affidandosi soprattutto al cinema, che accompagna la messa in scena con diversi riferimenti.
John Ford è naturalmente il regista più citato fin dall’inizio, quando i minatori stanno guardando il suo “Sfida infernale”; ma anche quando viene ricordato nell’apparizione di Minnie, proposta tra le rosse guglie della Monument Valley, proiettate sul fondo dal video-designer Ian William Galloway, che rimandano a “Sentieri selvaggi”, per non dimenticare il riferimento a Nicholas Ray e al suo “Johnny Guitar”.
La stanzetta in cui vive Minnie richiama invece la medesima di Chaplin ne “La Febbre dell’oro”, mentre nel finale tutti si ritrovano davanti a un teatro di Broadway, reinventato in modo bellissimo da Carsen (i costumi sono di Petra Reinhardt), in cui si recita “The girl of the golden West”: da lì Minnie fuggirà con il suo amore, chiaro omaggio al cinema di Douglas Sirk.
Il direttore Riccardo Chailly, con maestria e sapienza, tratteggia musicalmente in modo perfetto tutte le complesse e nello stesso tempo primordiali atmosfere che compongono l’opera.
Tra gli interpreti, Barbara Haveman, che ha sostituito all’ultimo momento Eva Maria Westbroek, ci è parsa nel complesso padrona di doti canore atte a ben sopportare la vocalità così particolare che attiene al personaggio di Minnie, accompagnata egregiamente dal Johnson di Roberto Aronica. Ci è piaciuto senza riserve anche Claudio Sgura nel ruolo baritonale di Jack Rance.
Il coro di Bruno Casoni, esclusivamente maschile, ha come sempre retto con grande capacità tutti i momenti, numerosi, a lui dedicati.
LA FANCIULLA DEL WEST
Giacomo Puccini
Coro e Orchestra del Teatro alla Scala
Nuova produzione Teatro alla Scala
Direttore Riccardo Chailly
Regia Robert Carsen
Scene Robert Carsen e Luis Carvalho
Costumi Petra Reinhardt
Luci Robert Carsen e Peter Van Praet
Video Designer Ian William Galloway
CAST
Minnie Barbara Haveman
Jack Rance Claudio Sgura
Dick Johnson Roberto Aronica
Nick Carlo Bosi
Ashby Gabriele Sagona
Sonora Alessandro Luongo
Trin Marco Ciaponi
Sid Gianluca Breda
Bello Costantino Finucci
Harry Emanuele Giannino
Joe Krystian Adam
Happy Francesco Verna
Larkens Romano Dal Zovo
Billy Jackrabbit Alessandro Spina
Wowkle Alessandra Visentin
Jake Wallace Davide Fersini
José Castro Leonardo Galeazzi
Un Postiglione Francesco Castoro*
*Allievi dell’Accademia Teatro alla Scala
Durata spettacolo: 3 ore inclusi intervalli
Visto a Milano, Teatro alla Scala, il 28 maggio 2016