La mia battaglia. Elio Germano, Chiara Lagani e quello spaventoso pulpito

Elio Germano|Elio Germano in La mia battaglia (photo: Enrico De Luigi)
Elio Germano|Elio Germano in La mia battaglia (photo: Enrico De Luigi)

Basta poco: un grande pulpito circolare al centro, sul fondo. Dietro di esso un enorme schermo, davanti un leggio di plexiglass e dalla parte opposta, in proscenio, un cubo dello stesso materiale. Al fianco una bottiglia di vetro piena d’acqua.

Elio Germano entra da fondo sala, camicia bianca nascosta da un maglioncino, jeans e scarpe eleganti. Non raggiunge il palco ma resta in platea. La cornice attenta del suo monologo, scritto insieme a Chiara Lagani di Fanny & Alexander, è la splendida sala all’italiana del Teatro Modena di Genova, sold out come la quasi totalità dei teatri che lo vedono in scena in questi mesi.

“Dalla presentazione nel libretto non ci avete capito niente vero?”. Rassicura il pubblico, lo spettacolo non durerà molto e presto si potrà tornare a casa, sul divano, quella zona di comfort che l’attore ringrazia di aver lasciato per qualche ora.
Nel descrivere cosa succederà non ci si accorge che, in realtà, la “sua battaglia” è già iniziata e le armi utilizzate sono chiarissime. La capacità dialettica del protagonista è l’ingrediente principale di uno “scherzo” intelligente e provocatorio che viene sottilmente teso al pubblico. Un meccanismo che si mette in moto poco a poco e che necessita, prima di compiersi totalmente, della fiducia e del coinvolgimento emotivo delle persone.

Così Elio Germano incarna gradualmente tutta la classe politica italiana, cogliendo dai grandi leader contemporanei la postura, i tormentoni, i luoghi comuni. Una trasformazione camaleontica all’interno della quale torna spesso il “signori!” di renziana memoria, la postura decisa e controllata del Ministro dell’Interno, quei concetti intramontabili del “salviamoli tutti”, “prima gli italiani” che fanno scattare applausi sinceri e fragorosi in settori opposti di un teatro che diventa un piccolo Parlamento in cui viene chiesto ai “deputati” di intervenire, votare, partecipare.
Il dibattito si accende sempre di più, mentre lo spettacolo continua a non iniziare per diventare, ormai è evidente a tutti, la splendida arringa di un “signor qualcuno” non ben identificabile che esprime, a tratti, concetti condivisibili da chiunque o quasi. Non ci sono esitazioni o tentennamenti nella voce di Germano; la concentrazione collettiva è sempre più palpabile.

Lentamente l’attore si sposta dal suo vagare senza meta fino al palco. Raggiunge il pulpito, finge di leggere alcuni dati impressionanti, propone semplici soluzioni a problemi enormi, si sforza di essere ad ogni costo dalla nostra parte, e invece ci sta portando dalla sua in modo irreparabile.
Il comizio assume i toni decisamente più carichi di un manifesto sempre più chiaro, compaiono nel suo lessico parole come “partito”, “noi” contro “loro” e in platea, a questo punto, si smorzano gli entusiasmi, gli slanci accorati di sostegno lasciano posto a sguardi perplessi che il pubblico si scambia. In testa un campanello d’allarme confuso ci vuole mettere in guardia: ma da che cosa?

E’ in quell’istante preciso che torna in mente il titolo dello spettacolo, “La Mia Battaglia”, è in quel momento esatto che lo spettatore ricorda di essere a teatro e non davanti ad una tribuna elettorale. Ma è troppo tardi, ormai il rito è compiuto in tutto il suo convincente delirio; il leader ci ha catturati con maestria assoluta. Il suo furore procede come un fiume in piena fino a che, nel trionfo totale, si arriva a presentare il simbolo di una nuova forza politica.

Una grossa tela arrotolata entra sulle spalle di alcuni giovani adepti da fondo sala per raggiungere il palco in una sorta di processione laica. Al suo srotolarsi si resta increduli. E’ la definitiva conferma di quello che si pensava ma non si aveva il coraggio di ammettere.
“Mein Kampf ” o “La Mia Battaglia” è un trucco, un bluff che vuole dimostrare come un grande attore possa rendere credibile e attuale, apparentemente con poco sforzo, il saggio politico di Adolf Hitler.
Certo, forse un’operazione non così nuova, ma realizzata, questo sì, con grande maestria.

La Mia Battaglia
di Elio Germano e Chiara Lagani
Produzione INFINITO srl, con il sostegno di artisti 7607
Regia e interpretazione Elio Germano
Scene e costumi Katia Titolo
Video Giovanni Illuminati
Luci Alessandro Barbieri

Durata: 1h 10′
Applausi del pubblico: 3′ 57”

Visto a Genova, Teatro Modena, il 15 marzo 2019

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