
Il volume vuole essere una riflessione sulla “parola a teatro”, sulla necessità di descrivere il proprio tempo attraverso un confronto aperto sulla drammaturgia degli ultimi anni. E infatti “La parola e la scena” è una breve ricognizione sulla situazione della drammaturgia del nostro Paese dai primi anni Ottanta – quando la critica inizia a parlare di “nuova drammaturgia” o “giovani autori” per indicare quegli scrittori che, al di là della loro età anagrafica, fanno ricorso a modalità espressive diverse dai canoni linguistici utilizzati nella scrittura teatrale tradizionale – fino agli esiti più recenti.
Il volume ripercorre alcuni passaggi importanti attraverso le conversazioni con dieci drammaturghi: Manlio Santanelli, Franco Scaldati, Ugo Chiti, Enzo Moscato, Giuseppe Manfridi, Edoardo Erba, Antonio Tarantino, Spiro Scimone, Emma Dante, Letizia Russo, tutti protagonisti e artefici di una scrittura teatrale che ha saputo fondere in maniera inestricabile testo e messa in scena, riuscendo a rinnovarsi costantemente sia per quel che concerne le scelte linguistiche sia per la differenziazione degli argomenti trattati.
La testimonianza di Toni Servillo – che da anni dedica parte della sua attenzione a testi che affondano le loro radici nella tradizione teatrale partenopea, intento a farne affiorare la modernità – vuole essere, infine, un ulteriore contributo alla comprensione di scelte che hanno portato all’affermazione di un teatro rigoroso e necessario, materico e polisemico.
Completa il volume la prefazione di Antonio Audino, coordinatore della presentazione romana, che così scrive: “A scorrere rapidamente la storia della drammaturgia italiana dal secondo dopoguerra a oggi la prima cosa che appare evidente è che la parola, per come si è manifestata e si manifesta a teatro, è stata il testimone più certo di tutti cambiamenti e i rivolgimenti che il nostro Paese ha attraversato. Proprio perché il teatro, va detto, ha costituito la migliore cassa di risonanza delle tensioni sociali e politiche italiane, è stato luogo di elaborazione e di confronto di idee, di analisi dei processi in atto, ha davvero costituito l’agorà viva e palpitante della nazione. E proprio la dinamica verbale e drammaturgica che scorreva e scorre sui palcoscenici della penisola e delle sue isole, può essere presa in considerazione come una attenta spettrografia di tutte le mutazioni individuali e collettive derivate dai passaggi storici che dal ‘45 ad oggi hanno segnato la nostra vita civile, l’evoluzione delle nostre coscienze, le trasformazioni più profonde del tessuto comune”.