La perdita di senso Contemporanea: la fortezza è vuota? Mandiamo il teatro in residenza!

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Massimiliano Civica|La presentazione di Nobiltà e Miseria (photo: Ilaria Costanzo)
Massimiliano Civica
Massimiliano Civica

Al termine di un fine settimana al festival Contemporanea di Prato, caratterizzato da due incontri pubblici, c’è di sicuro materiale su cui riflettere. Due appuntamenti che hanno posto la questione dello stato del teatro, o meglio del suo futuro prossimo. E se da un lato Massimiliano Civica e Attilio Scarpellini, con la loro testimonianza congiunta, hanno espresso apertamente critiche e paure nei confronti di una riforma ministeriale che prepara un futuro “aziendale” per il teatro – che invece come sanità e scuola dovrebbe continuare ad essere un bene pubblico -, l’incontro di presentazione del primo movimento di “Nobiltà e miseria” ha testimoniato di un clima di speranza (ci sbilanciamo?), un fervore e una spinta che sembrano vive e vitali, e che dimostrano che forse non tutto è perduto.

Se ne esce così dal festival nell’incertezza, chiedendoci quale futuro aspettarci, sperando che a prevalere sia la volontà di rimettere il teatro pubblico, quello dei Nazionali e dei Tric, quello che attualmente riceve cifre sempre meno sostanziose, ma pur sempre cifre, al centro di una politica a lungo respiro, progettuale. Parlando con Massimo Paganelli al telefono, per un confronto informale sulla problematica, illuminante è stata la sua battuta, quando ha detto che la questione in sostanza sia “su cosa in generale vogliamo fare di questo mondo”.
E in effetti il destino dei finanziamenti pubblici al teatro, per dirla banalmente, rientra in uno sguardo più ampio di scelte all’interno di una politica di riforme che sembra sempre più focalizzarsi su numeri e cifre, dimenticandosi che c’è ben altro.

Tornando alla due giorni di Prato, Attilio Scarpellini e Massimiliano Civica hanno reso pubblico, in un incontro al teatro Magnolfi, un documento contenente una riflessione sulla perdita di senso del teatro dal titolo “La fortezza vuota”, prendendo spunto dal titolo di un libro di Bruno Bettelheim. Il testo, molto elaborato, si concentra sulla funzione del teatro e sul suo diritto ad esistere nel mondo d’oggi, analizza la recente riforma ministeriale e cerca di proporre soluzioni e spunti che conducano a “riprendere il discorso tra le rovine”.

Ne “La fortezza vuota” emerge come il teatro pubblico sia stato trasformato in teatro pubblico commerciale, dove si assiste a una contraddizione evidente: in sintesi verrebbe richiesto ai teatri (Teatri Nazionali e Tric) di presentare progetti che abbiano un forte impatto commerciale, ma i finanziamenti sono concessi solo a chi dichiara a preventivo un passivo di bilancio. Tutto questo ha come scopo ultimo, sottolineano Civica e Scarpellini, quello di trasformare in breve tempo i Teatri Nazionali in future piccole aziende teatrali, dove il finanziamento pubblico sia solo un ricordo.

Nella seconda parte del documento tuttavia si mette in luce come in tempi recenti, in situazioni di forte disagio economico (Argentina, Spagna e Grecia), ci sia stato un proliferare di scene spesso spontanee ed improvvisate, fino a ritornare col pensiero al caso esemplare della Varsavia del dopoguerra, dove la municipalità decise di impiegare le prime risorse a disposizione per la ricostruzione del Teatro Comunale.
Civica e Scarpellini sottolineano come il teatro possa finire, “ma il bisogno degli uomini di riunirsi per riconoscersi in una rappresentazione della propria vita, non finisce mai”.
In breve, per riportare il teatro al centro della cultura, “occorre stabilire una nuova alleanza tra gli artisti, gli spettatori e la critica, basata sull’indipendenza e la non interscambiabilità delle loro funzioni all’interno di una stessa comunità di passioni”. E tutto questo tenendo ben presente il primato dell’arte e degli artisti.

La presentazione di Nobiltà e Miseria (photo: Ilaria Costanzo)
La presentazione di Nobiltà e Miseria (photo: Ilaria Costanzo)

La mattina successiva all’incontro, si è svolta nel foyer del teatro Metastasio la presentazione del volume “Nobiltà e miseria, presente e futuro delle residenze creative in Italia. 2013, primo movimento”, alla presenza dello stesso Scarpellini e di Gerardo Guccini, Franco D’Ippolito, Massimo Bressan, Edoardo Donatini, Fabio Biondi, Viviana Simonelli e Ilaria Fabbri.

Il volume è il resoconto della prima tappa (Prato, 2013) del progetto di ricerca e analisi degli scenari italiani legato al pensiero e alle pratiche sulle residenze creative, promosso e realizzato da Teatro Metastasio/Contemporanea Festival e L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino, ideato da Edoardo Donatini e Fabio Biondi, con la collaborazione di Gerardo Guccini e Il Tamburo di Kattrin; il sostegno delle Regioni Toscana e Emilia Romagna, e il patrocinio del MiBACT – Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.

Arduo riassumere o delineare il ben strutturato contenuto del testo, che viene descritto nell’introduzione come “un processo di approfondimento e ricerca sulla realtà e cultura delle residenze teatrali”. Dove col termine residenze si indicano due tipologie ben definite: quelle che nascono dall’incontro fra uno spazio teatrale e una compagnia o un gruppo di artisti che vi prende dimora, e quelle che invece sono gestite da curatori culturali il cui scopo è coinvolgere artisti di varia estrazione.
Nella ricerca, l’analisi delle residenze non è avvenuta attraverso un mero sguardo dall’esterno, bensì attraverso un incrocio di visioni, criteri, valori che “assistono e coadiuvano dall’interno il lavoro delle diverse realtà residenziali”.

Come si legge nella premessa a firma di Donatini e Biondi, “oggi si può affermare che il primo movimento di ‘Nobiltà e miseria’ è stato il risultato di un progetto necessario e condiviso, di cui si avvertivano l’urgenza e l’utilità; un progetto che ha contribuito a comporre un mosaico di realtà peculiari e mettere in luce […] molti temi importanti per conoscere la novità e la provenienza delle residenze”.

Quindi, al di fuori del perimetro “ministeriale”, ci sembra di poter affermare che un teatro ancora vivo c’è; e ci sono persone che ancora credono nel ruolo fondante che il teatro viene a rivestire all’interno della società. E’ quanto emerge leggendo molti degli interventi contenuti nella pubblicazione presentata sabato scorso, soprattutto da parte delle realtà minori (absit iniuria verbis) che nonostante tutto, tra esiguità di risorse e indifferenza, continuano a portare avanti il proprio progetto. Sembrano quei piccoli monasteri, nascosti dalle asperità della natura, che a seguito delle invasioni barbariche nell’Alto Medioevo ebbero il fondamentale compito di tener viva la fiammella della cultura occidentale.
Ma forse questa è solo una visione superficiale della storia, forse è quello che ci piace immaginare. E forse la scure “aziendale”, per usare un termine che rimanda al documento di Civica e Scarpellini, è già stata innalzata dalle braccia del boia.

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