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La prima della sera di Armando Pirozzi. Psicologia e politica tra Beckett e Pinter

La prima della sera
La prima della sera
Diego Sepe e Michelangelo Dalisi (photo: salauno.it)

Sotto la Scala Santa a Roma, nella piccola accogliente sala del Teatro Sala Uno è andato in scena la settimana scorsa “La prima della sera”, testo di Armando Pirozzi per l’interpretazione di Diego Sepe e Michelangelo Dalisi.
Un testo per due attori che parla di due operai specializzati, bloccati in un paese lontano per colpa di una falsa promessa di lavoro. Senza soldi in tasca, nemmeno per tornare a casa, si ritrovano in un appartamento. Uno impreca, l’altro si lamenta della febbre. Nell’escogitare trucchi per recuperare i cinquanta euro per il biglietto dell’autobus, sfioreranno l’inganno reciproco e conosceranno il valore dell’amicizia.

Lo spettacolo, che ha debuttato al Fringe dell’ultimo Napoli Teatro Festival Italia, fa affidamento sulle due leve “classiche” del teatro: un testo asciutto, ben scritto, che fa delle ripetizioni e della ciclicità uno stile proprio, e due ruoli interpretati con personalità.

I paragoni sono sempre scomodi, ma sono doverosi gli accostamenti con i grandi padri della drammaturgia contemporanea: il testo di Pirozzi riprende Beckett nell’asciuttezza e nel senso di svuotamento che lascia. Ma il minimalismo apparente dà spazio a un messaggio politico, velato ma potente, che lo accosta più a Pinter. Si presume infatti che i due personaggi siano vittime di qualche grossa società multinazionale che delocalizza, spostando i dipendenti nelle nuove sedi. Il sentimento di disperazione che pervade la pièce è solo accennato, ma la condanna di certe politiche economiche è netta.
È un teatro civile in forma tragicomica, dove i toni scendono grazie all’ottima interpretazione dei due attori. Sepe e Dalisi costruiscono due personaggi antitetici, il cattivo e il buono, il diavolo e l’angelo, il burbero e il sottomesso, il lupo e l’agnello. Il primo grottesco e gutturale, il secondo efebico, entrambi sopra le righe. Riescono a dare importanza a dettagli all’apparenza marginali (uno squillo di cellulare che non arriva, un presunto ‘affaire’ con la signora della porta accanto che passa loro un pasto caldo al giorno) ma che diventano ingredienti per la costruzione di un dramma farsesco e incisivo.

Politico e simbolico, lo spettacolo utilizza bene i pochi oggetti di scena (le rose donate dalla signora come simbolo di pietà, la piantina tra sogno e cospirazione) per creare segni di riconoscimento di un teatro giovane, con pochi mezzi, ma tanta voglia di farsi vedere. L’utilizzo dei colori, in tal senso (tutto è arancione e azzurro vivace) è esteticamente pregevole. L’espressione “la prima della sera” è riferita alla prima sigaretta della sera, dopo la cena a base di fegatelli, che uno dei due operai si fuma avidamente ogni giorno; apostrofandola con questa frase. Questo è il simbolo più netto, è un messaggio che inserisce speranza nella disperazione: concedersi il lusso di una sigaretta quando non si hanno nemmeno i soldi per mangiare. Un conto alla rovescia (prima o poi il tabacco finirà) per un teatro giovane che con dignità ce la farà, mentre nel finale il burbero scoprirà l’amicizia e farà partire l’agnellino che aveva diffidato di lui.
E perché no, viene in mente anche un gioco di parole antitetico al titolo del film di John Cassavetes con Gena Rowlands (“La sera della prima”), dove si parla di un teatro che non ha niente a che spartire, a livello di contesto, con i due nostri piccoli eroi, ma che ha in comune nella storia la trasformazione del dramma in commedia.

LA PRIMA DELLA SERA
testo e regia: Armando Pirozzi
aiuto regia: Luigi Sauro
con: Diego Sepe e Michelangelo Dalisi
durata:  1h 02’
applausi del pubblico: 2’ 16’’

Visto a Roma,
Teatro Sala Uno, il 15 aprile 2010

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