Carmelo Rifici e Tindaro Granata firmano l’adattamento che ha debuttato al LAC di Lugano ed è ora in scena al Piccolo Teatro in prima nazionale
Ci siamo spesso chiesti come mai le commedie di Georges Feydeau siano così poco rappresentate nel nostro Paese. Ce lo siamo chiesti poiché l’estro scenico e drammaturgico del maestro francese (che non curava solo i testi ma anche scene, luci e costumi), nelle poche volte che lo abbiamo visto messo in scena, ci ha sempre conquistato per la sua pirotecnica capacità di mescolare i piani del racconto nell’intento conclusivo di mostrarci tutta la vacuità del mondo borghese, ma non solo.
Abbiamo dunque colto appieno l’occasione di poter assistere a Lugano ad uno dei suoi capolavori: “La pulce nell’orecchio” (La puce à l’oreille) con la regia di Carmelo Rifici, che fu rappresentata per la prima volta a Parigi nel 1907.
Rifici, che cura l’adattamento e la traduzione di questo vaudeville con Tindaro Granata, prende su di sé la commedia per trasportarla ai nostri tempi, facendola diventare una specie di cartone animato, un campo gioco per attori e spettatori, dove i dodici artisti in scena giocano veramente a divertirsi e a farci divertire. Lo fanno attraverso una costruzione calibratissima di situazioni, inserite in un continuo turbinio di avvenimenti, in cui quello che ci appare non è mai vero, intriso com’è di inganni che alla fine risultano, anche loro, falsi.
Per far questo italianizza i personaggi catapultandoli nella contemporaneità.
Tutto l’inghippo nasce con il personaggio di Raimonda che, allarmata dal comportamento freddo e distratto da parte del marito Vittorio Emanuele, in crisi di impotenza, lo crede fedifrago, complice un paio di bretelle. Per scoprire la cruda verità, chiede alla sua migliore amica, Luciana, di scrivere di suo pugno un’anonima lettera d’amore al marito, nella quale gli dà appuntamento in un albergo equivoco della città, chiamato per l’occasione non “Minet Galant”, come nell’originale, ma “Feydeau”. In questo modo Raimonda, recandosi anch’ella in quell’albergo, potrà constatate con i suoi stessi occhi il tradimento.
Solo che Vittorio Emanuele vi manda il più consono amico Tornello che, ovviamente, sta da tempo corteggiando Raimonda. Infine il marito di Luciana, riconosciuta la calligrafia della moglie, la vorrà uccidere con il suo presunto amante, recandosi anche lui in quell’albergo.
Da questa vera e propria “Pulce nell’orecchio” che tormenta la donna, nasceranno una serie di equivoci, che vedranno molti dei protagonisti precipitarsi, in incognito, al medesimo hotel, i cui proprietari Olimpia e Carcassa, tra l’altro, fabbricano saponette con i cadaveri dei clienti.
Dell’intrico faranno parte anche Buco, un inserviente dell’albergo sosia di Vittorio Emanuele, un parente dello stesso con un grave difetto del linguaggio, un fanatico sportivo americano in cerca di avventure e una vecchia che, per l’occasione, appare per districare situazioni imbarazzanti solo premendo un pulsante. Il tutto è condito da improvvisi mutamenti di senso, travestimenti con cambio di ruolo, arrivi di personaggi imprevedibili che escono ed entrano da un armadio delle meraviglie.
Feydeau dà un lieto fine alla commedia: tutti gli equivoci alla fine vengono in qualche modo spiegati, mentre Rifici e Granata, approfondendo anche gli intenti di Feydeau, la ammantano di melanconia, avendo anche il coraggio di mostrarci, in un vero e proprio “Girotondo”, la vacuità di una società tutta intenta a conservare solo un perbenismo di facciata, e dove i personaggi più umili o vengono gettati dalla finestra, come l’inserviente Buco, il sosia di Vittorio Emanuele, o costrette ad andarsene, come la servetta Elide o come Maria Antonietta che, dimenticata da tutti, è riuscita per un attimo solo a diventare regina come la sua omonima.
La musica e il suono, curati da Zeno Gabaglio, composti in maggioranza con strumenti quotidiani (a volte persino giocattoli), nello spettacolo assumono un ruolo importante, accompagnando le azioni in scena. A volte sono gli stessi attori che eseguono dal vivo le musiche, suggerendo le atmosfere più consone.
Così avviene anche per le scenografie di Guido Buganza, che assecondano benissimo il vero e proprio gioco di Rifici/Granata, costruendo ambienti formati da pareti coloratissime e “morbidose”, da dove gli attori possono facilmente catapultarsi e nascondersi per poi all’improvviso riapparire.
Ma tutto ciò non sarebbe possibile senza il coinvolgimento generoso di Fausto Cabra, Alfonso De Vreese, Giulia Heathfield Di Renzi, Ugo Fiore, dello stesso Granata, di Christian La Rosa, Marta Malvestiti, Marco Mavaracchio, Francesca Osso, Alberto Pirazzini, Emilia Tiburzi e Carlotta Viscovo, che divertendosi e facendoci divertire si immergono senza risparmio di energie nel gioco tumultuoso del teatro di Feydeau.
In scena fino al 26 novembre al Piccolo di Milano.
La pulce nell’orecchio
di Georges Feydeau
traduzione, adattamento e drammaturgia Carmelo Rifici, Tindaro Granata
regia Carmelo Rifici
scene Guido Buganza
costumi Margherita Baldoni
luci Alessandro Verazzi
musiche Zeno Gabaglio
assistente alla regia Giacomo Toccaceli
con (in ordine alfabetico) Fausto Cabra, Alfonso De Vreese, Giulia Heathfield Di Renzi, Ugo Fiore, Tindaro Granata, Christian La Rosa, Marta Malvestiti, Marco Mavaracchio, Francesca Osso, Alberto Pirazzini, Emilia Tiburzi, Carlotta Viscovo
produzione LAC Lugano Arte e Cultura, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Immagine © LAC Lugano Arte e Cultura – Foto Luca Del Pia
Durata: 3h incluso intervallo
Visto a Lugano, LAC, l’8 novembre 2023