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La Scortecata. Emma Dante e la potenza della fiaba

La Scorticata di Emma Dante. Nella foto Salvatore D'Onofrio e Carmine Maringola (photo: M. L. Antonelli - AGF)

La Scorticata di Emma Dante. Nella foto Salvatore D'Onofrio e Carmine Maringola (photo: M. L. Antonelli - AGF)

Un gioco silenzioso all’essenziale, il rimbalzo degli opposti, la pulitura da tutti gli orpelli della fiaba di Giambattista Basile per questa “Scortecata” firmata da Emma Dante e arrivata a festeggiare quest’estate i 40 anni di AstiTeatro.
Siamo di nuovo, per la regista siciliana, a una fiaba della tradizione popolare. E non siamo ancora lontani dalle “Bestie di Scena“, vittime consapevoli di qualcosa di superiore, di quella spada di Damocle che non si vuole ma si deve subire.

Rusinella e Carolina, interpretate dagli splendidi Salvatore D’Onofrio e Carmine Maringola, sono tormentate da un destino analogo e beffardo, che mina pericolosamente il loro stato di vecchie zitelle imbruttite. I corpi maschili, anch’essi contrapposti, si caricano all’alzarsi delle luci di una femminilità inequivocabile e tangibile.
In scena non c’è quasi niente: due sedie di legno, una porta stesa in proscenio e un castello giocattolo su una scaletta centrale.
Il gioco però è talmente credibile da diventare vero, soprattutto negli spazi curati dell’immaginifico. Vive un rispetto, un’attenzione maniacale e continua per quella parentesi, spesso maltrattata, del sogno privato e personale rispetto alla visione di un racconto, concesso invece qui ad ogni singolo spettatore.

La bellissima bruttezza delle due sorelle, costrette dall’età avanzata e dalla miseria economica e sociale, abita tutta la prima parte dello spettacolo, una danza di microazioni tragicomiche che ci avvicinano poco a poco a queste mostruose creature, dove l’unico fronzolo sopravvissuto alle intemperie dello scorrere del tempo è la lingua, un dialetto napoletano arcaico zeppo di rimandi e inciampi comici.
Ci affezioniamo ai continui battibecchi delle protagoniste e l’atmosfera che si crea è simile a quella di un mercato medievale dove, ad un tratto, due saltimbanchi si fanno largo tra la folla, ed iniziano ad interpretare una fiaba.

Lo stile apparentemente ruvido, abbozzato, a tratti goliardico, nasconde una preparazione rara e uno sforzo interpretativo totalmente ancorato sui due attori che, con il procedere della vicenda, incarnano anche gli altri personaggi, con cambi vocali e di posizione che, ancora una volta, lasciano ampio spazio alla proiezione del pubblico.

L’intento della strana coppia, nel rispetto di Basile, è di lisciare il più possibile e nei modi più strampalati il mignolo della mano di una delle due per soddisfare il re, follemente infatuato della voce di Rusinella e impaziente di toccare, attraverso il buco della serratura, almeno un dito di quella che lui crede essere una bellissima giovane.
Mentre il disperato tentativo preannuncia un finale meno spensierato, lentamente lo spettacolo si carica di poesia crescente e tocca il suo culmine nella scena in cui la convintissima protagonista si prepara all’inevitabile incontro con il re, sfoggiando i suoi abiti migliori, spalle al pubblico, in una danza rituale che annienta definitivamente quel barlume di mascolinità e ci fa apparire in scena, per magia, una figura nuova.
Purtroppo il mondo reale torna a disturbare la speranza con tutta la sua spiazzante concretezza e l’incontro sotto un enorme lenzuolo con il re, scandito dalle note di “Mambo Italiano” e dalle grasse risate della platea che assiste al più comico e surreale dei rapporti sessuali, diventa sentenza finale di secco ripudio.

Lo scorticamento arriva inatteso sul finale e sul fondo della scena, in una disperata richiesta alla sorella. E’ la liberazione dalla schiavitù della vecchiaia, l’annullo degli effetti del tempo, il simbolo di un’arresa alla quale non si vuole cedere neppure davanti all’evidenza.
Quello su cui Emma Dante vuole porre l’accento non è l’impressionante atto fisico che, infatti, non viene mostrato, ma l’eroica tensione dell’essere umano che combatte ad ogni costo, la folle, disperata, capricciosa voglia di superare la realtà.
Una luce sul grosso coltello brandito nervosamente dalla coprotagonista chiude lo spettacolo prima che il gesto vada a compimento; il buio arriva con lo scendere del braccio sul corpo pronto al massacro della trepidante Rusinella.

La Scortecata
Liberamente tratto da Lo cunto de li cunti
Di Giambattista Basile
Testo e regia Emma Dante
Con Salvatore D’Onofrio, Carmine Maringola
produzione Festival di Spoleto 60, Teatro Biondo di Palermo
in collaborazione con Atto Unico / Compagnia Sud Costa Occidentale
coordinamento e distribuzione Aldo Miguel Grompone, Roma

durata: 1h 10′
applausi del pubblico: 4′ 06”

Visto ad Asti, Spazio Kor, il 25 giugno 2018
AstiTeatro40

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