La signorina Giulia: Leonardo Lidi incontra Strindberg

Giuliana Vigogna e Christian La Rosa (ph: Lorenzo Porrazzini)
Giuliana Vigogna e Christian La Rosa (ph: Lorenzo Porrazzini)

In scena al Teatro Vascello di Roma con protagonisti Giuliana Vigogna, Christian La Rosa ed Ilaria Falini

Due linee sono i confini visivi e mentali che caratterizzano la scenografia de “La signorina Giulia” di August Strindberg.
Lo spettacolo è andato in scena ad ottobre al teatro Vascello di Roma, con la regia e l’adattamento di Leonardo Lidi, interpretato da Giuliana Vigogna, Christian La Rosa e Ilaria Falini.
La presenza di una costruzione imponente, con la forma di una T adagiata su un lato, ricorda e, forse, vuole rappresentare la compresenza di due livelli sociali, l’orizzontale e il verticale, spesso richiamati dal testo. È una struttura scenografica prominente così come risulta essere alto, rigoroso e ruvido il capolavoro di Strindberg, una tragedia in un atto unico del 1888.

Nella notte della festa di San Giovanni, in un’estate di fine Ottocento di una città svedese, la figlia venticinquenne di un conte trascorre la serata alla festa della servitù, approfittando di un momentaneo allontanamento del padre. E’ quella l’occasione per intraprendere il suo gioco di seduzione nei confronti di Jean, servo della casa, nonché fidanzato della cuoca Kristin. I protagonisti sono tre giovani di differenti età: 25, 30 e 35 anni e una presenza/assenza inquietante, quella del conte, che viene percepito in modi e con sentimenti diversi, tra il rispetto e la paura.

“La signorina Giulia” del regista e autore Leonardo Lidi inizia e termina con il racconto di un sogno, una scalata difficile che, una volta compiuta, rivela l’insopportabilità dello stare su una colonna elevata, al punto di oltrepassare le nuvole, e che fa sentire irrimediabilmente sola la persona che si trova così in alto.
Lidi ricava spazio scavando dentro un classico fino a trovare un’urgenza, la necessità di porre domande anziché elaborare le risposte. Un’esigenza personale, che ambiziosamente diventa l’amplificatore di tante altre voci.

La signorina Giulia è instabile ed egocentrica, capricciosa e volitiva, allegra e depressa, in una parola sola è “strana”. Strana come per Dino Buzzati (ne “Il crollo della Baliverna”) lo era il mondo, i mobili della camera da letto, perché non c’è ombra più impenetrabile di quella che pervade le cose e le persone che crediamo di conoscere. La contessa è quindi strana perché balla con il guardiacaccia e gioca a sedurre il suo servo. Perché è straordinaria nel suo essere anche ordinaria, e così una banale festa notturna si trasforma in un’avventura che trasuda sensualità, violenza interiore, irriducibile crudezza, all’interno della grande storia che Giulia, momento dopo momento, costruisce.

Lidi mette in scena il cinico spettacolo che la vita offre, assumendosi la responsabilità di emozionare, di spostare le certezze degli spettatori. La sua è una tragedia sincrona, che affonda il bisturi nel teatro naturalistico di Strindberg, dove il dominante e il sottomesso si confondono e si scambiano continuamente il ruolo tra di loro.
In scena assistiamo al conflitto tra i sessi, quintessenza del rapporto padrona-servo, un’esplorazione all’interno di due personalità che si confrontano con i loro sogni, la loro irrazionalità, il loro istinto di morte.

Giulia è una donna indipendente che, nella versione di Lidi, sembra scegliere di attraversare la sottomissione, come in una sorta di role-play, di gioco consapevole sebbene al suo interno malato, rispetto alla matrice misogina di Strindberg, in cui la donna risultava assoggettata alle figure maschili, il padre prima e l’amante poi.

Jean è un uomo così precario e fragile che nella sua subordinazione ha una logorante paura di essere “sostituito e sostituibile”, di non essere all’altezza, di apparire licenziabile. Incarna la nostra perenne paura del fallimento, la nostra costante disfatta. Jean sente il rumore dei passi e degli stivali del conte, lo teme anche quando lui non c’è, così come noi temiamo minacce impercettibili e oscure, a volte esistenti solo nella nostra mente.

Quella tra i due è una relazione e una narrazione politica, genuina, moderna, e in questo senso Leonardo Lidi “ha rimesso la chiesa al centro del villaggio”, come recita un proverbio usato nel mondo dello sport francese: usa le giuste proporzioni per definire il concetto secondo il quale, dopo tante sconfitte e avversità, arriverà il momento in cui usciremo finalmente di casa a far festa, come nella notte di San Giovanni, quella in cui miseria e nobiltà potranno mescolarsi tra loro.
Per poche ore, forse per sempre, dipenderà da noi, da quanto sapremo resistere al richiamo di un campanello, quello del padrone, che suonerà una, due, tre volte.

La signorina Giulia
di August Strindberg
adattamento e regia Leonardo Lidi
con Giuliana Vigogna, Christian La Rosa, Ilaria Falini
scene e luci Nicolas Bovey
costumi Aurora Damanti
suono G.U.P. Alcaro
produzione Teatro Stabile dell’Umbria
in collaborazione con Spoleto Festival dei Due Mondi

durata: 1h 20’
applausi del pubblico: 3’

Visto a Roma, Teatro Vascello, il 16 ottobre 2022

 

 

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