“…è sempre dal corpo che si inizia. Il punto di partenza fondamentale è una domanda: che cos’è che ci salva e cos’è che si perde? È la vita”.
L’incontro con Ermanna Montanari del Teatro delle Albe, ospite a Vicenza per l’incontro di apertura del Laboratorio Olimpico intitolato quest’anno “Le Albe del Teatro”, è un continuo emergere di ricordi e di esperienze che accompagnano il lungo percorso di quest’artista tanto singolare quanto affascinante.
La camaleontica attrice ripercorre la propria vita spiegando il valore della parola, tanto significativa nel suo percorso artistico, e le relative sfaccettature, nella possibilità di usarla o meno, che hanno costruito il suo lavoro. E così racconta anche della sua infanzia nelle campagne emiliane, cresciuta in una famiglia patriarcale dove il nonno decideva cosa dire e quando parlare, dove ridere a tavola era considerato un errore, e dove una parola in più era superflua e inutile.
E’ quest’incontro l’occasione per dare quindi il via al Laboratorio Olimpico, progetto ideato dall’Accademia Olimpica in collaborazione con il Comune di Vicenza e con il supporto organizzativo de “La piccionaia”. La Montanari lo fa presentando lo spettacolo “Rosvita” (ma le Albe apriranno anche la stagione del Teatro Astra il 12 novembre con “Rumore di acque”).
Laboratorio Olimpico è un progetto triennale, a cura di Roberto Cuppone, che vuole affidare ad alcuni maestri della scena contemporanea (oltre alla Montanari, Pippo Delbono – che condurrà anche un workshop per attori -, Claudia Castellucci, Alfonso Santagata, Patricia Zanco, Paolo Puppa, Davide Susanetti) il compito di una ricerca sui possibili utilizzi dello straordinario spazio palladiano, con una elaborazione drammaturgica di inediti frammenti di tragedie greche mai giunti a compimento e quindi mai rappresentati. La tragedia intesa come “magazzino del nuovo”: serbatoio di invenzioni, vicende, personaggi ancora capaci di parlare al pubblico contemporaneo. A partire da Alfonso Santagata, fondatore con Claudio Morganti della compagnia Katzenmacher, con “Tragedia a mmare”, uno spettacolo che negli anni Santagata ha modellato e creato sui testi di Eschilo in luoghi già segnati dalla storia, come le rovine di Gibellina o gli antichi bastioni della città di Padova.
Non si rifa propriamente, invece, alla tragedia classica il documentario “Suburbia-Dakar” presentato il 22 ottobre, che ripercorre le ‘messe in vita’ (così è stato scelto di definirle) di “Ubu re” nelle periferie del mondo affrontate dal Teatro delle Albe, e che Marco Martinelli ed Ermanna Montanari hanno raccontato nella suggestiva sala dell’Odeo del teatro Olimpico di Vicenza.
L’elemento protagonista è ancora una volta la parola. Quella stessa parola che la “Rosvita” portata in scena dalla Montanari ha usato per narrare le sue vite: racconti scritti da una monaca medioevale che si racconta, che ci racconta.
Il concetto di dialogo è costante. E anche Martinelli parla del documentario girato in Senegal come di un incontro, un appuntamento in cui la vita è fondamentale, così come lo è il dialogo: “Siamo tutti figli della madre terra”. Nel documentario la Montanari incarna la figura di una madre regina ambigua e bianchissima, quasi aliena nel contesto in cui si muove, e colpisce molto il contrasto fra quel bianco e il nero totale che emerge sul palco dell’Olimpico quando, in serata, va in scena proprio “Rosvita”. Storie di donne punite, di donne che pagano un amaro prezzo per peccati, commessi o presunti. Ermanna Montanari racconta di come Rosvita voglia offrire voce a chi non ne ha, a donne sottomesse alla forza del comando, ieri come oggi.
Infine arriva il silenzio. Perché il legame fra le parole è proprio il silenzio; e le parole migliori forse nascono proprio da lì.