Le corps de Jeanne. Silvia Battaglio insegue il corpo e l’anima di Giovanna d’Arco

Silvia Battaglio
Silvia Battaglio
Silvia Battaglio (photo: Stefano Mazzotta)

Quale tentazione irresistibile affrontare personaggi come Giovanna d’Arco. E infatti si riesce ad incappare, nello stesso periodo, in più lavori con tematiche affini.
Femmina dall’iconografia maschile, Jeanne d’Arc. Forte, tanto da affrontare un mondo esclusivamente maschile, e fragile di fronte alle paure che inevitabili arrivano. Decisa verso la morte per Cristo e decisa nel suo amore per la vita.

Da questo dualismo parte la sfida di Silvia Battaglio, giovane attrice-danzatrice torinese, nel suo “Le corps de Jeanne”, spettacolo inserito nella rassegna Elogio alla Follia curata dal 2000 dalla compagnia torinese Tangram Teatro, e quest’anno incentrato sul tema sulla fragilità dell’eroe.

La Battaglio da tempo conduce una personale ricerca su personaggi femminili dalla connotazione universale (Ofelia, Maria di Nazarteh, Elettra, Helen Keller) che ci costringono, oggi come ieri, a domande su noi stessi. Il suo lavoro cerca di unire insieme vari linguaggi teatrali: prosa, danza, musica.

“Le corps de Jeanne” non narra la vicenda dell’eroina francese attraverso le sue gesta, ma ripercorrendone i dubbi, le domande, le paure che, come esseri umani (non solo come donne), ci poniamo ogni giorno. Cos’è quell’amore e quella passione che ci portiamo dentro? Cosa rappresentano quei sogni che rincorriamo, anche disposti a perderci o ad affrontare atti estremi?
Jeanne, eroina del passato e del presente, ha smarrito le risposte.
O, forse, proprio quelle risposte che sembravano così chiare e lucide nel momento della forza sono diventate nebulose e intrise di paura quando sola si ritrova nella sua stanza.

Sul telo, che copre la scena come un drappo, scorrono le immagini de “La passione di Giovanna D’Arco” di Dreyer: Jeanne ha appena firmato l’atto di abiura, forzata e impaurita da quel mondo inquisitore che ben si legge negli sguardi dei monaci. Ritrovare se stessa (e insieme l’amore, ascoltando ancora le voci che l’hanno accompagnata) ora è lungo e doloroso.
Punto di partenza per questo viaggio a ritroso diventa la preghiera, che si fa rito nei gesti ripetuti, continui e ossessionanti. Gesti che a tratti ricordano il linguaggio dei sordomuti. Come un mantra. Come il dondolio del corpo capace di calmarci quando non sappiamo che direzione prendere. Lo stesso che, in contemporanea sul video e sul palco, Jeanne, seduta, segue per affrontare quell’ansia che non riesce a contenere.

Jeanne si sveglierà donna di oggi. Sarà più semplice capire quale è la sua missione? Ma occorre poi sempre averla questa missione, perennemente alla ricerca del consenso e dell’amore altrui?

Al classico telefono grigio della Sip anni ’80 Jeanne affida le sue domande.
Il suo amore, conosciuto per caso ad una festa, non c’è più. Quell’uomo che ha scelto proprio lei, così diversa, è sparito, quell’uomo a cui solo ora sarebbe disposta a donarsi, forse per non morire.
A risponderle solo voci di vecchi film americani fatti di buoni sentimenti e parole vuote.
Ma è sicura Jeanne di volere risposte fuori da se stessa?

Margherita, Caterina, Michele: amici immaginari o sognati vengono invocati, chiamati a gran voce, eppure la solitudine, quando arriva, lascia sgomenti e preda di noi stessi.

Jeanne di nuovo pronta a morire, pronta ad essere ricordata, perché forse solo la morte farà questo regalo.
Essere eroi oggi chiede ancora il rogo? Forse sì. Forse, se non ci facciamo distrarre, sapremo bruciare ancora per la nostra vita, per quello che siamo davvero.

Il lavoro di Silvia Battaglio prova a dare voce a tutti questi interrogativi.
La scena ci porta nella sobria stanza immaginaria della protagonista: un inginocchiatoio e, appesi a dei fili, un telefono, un rosario, specchio e forbici, un vestito bianco, l’immagine di Cristo a cui rivolgersi spesso. Qui, fra questi pochi oggetti, incontriamo la donna  smarrita che si sta cercando.
L’uso dei video e della musica regala suggestioni nell’intento di condurci dentro quell’anima in cui convivono strettamente sogni e paure, mondo reale e desiderio di fuga da sé.

Molta la ricerca sul movimento fisico della Battaglio, forse un po’ troppo artificioso, tanto da non riuscire ad essere realmente espressione del disagio che vuole esprimere. A tratti Jeanne scompare e rimane solo l’attrice. Ma certo trasmettere lo stravolgimento dell’anima è impresa ardua.

LE CORPS DE JEANNE
ideazione e regia: Silvia Battaglio
riferimenti letterari: Jean Anouilh, Bertold Brecht, Alda Merini, Christa Wolf, Pier Paolo Pasolini, Giuliano Scabia, Maurizio Cucchi
suggestioni cinematografiche: La passione di Giovanna D’Arco  (Carl Theodor Dreyer), Giovanna D’Arco al rogo (Roberto Rossellini), Il processo di Giovanna D’Arco  (Robert Bresson)
suggestioni musicali: Giuseppe Verdi, Dalida
con: Silvia Battaglio
luci, scene, supervisione ai video: Lucio Diana
musiche rielaborate e originali composte da GUP Alcaro
contributo alla drammaturgia: Laura Bevione
montaggio video: Elena Maria Olivero
foto di scena: Stefano Mazzotta
coordinamento tecnico: Massimiliano Bressan
organizzazione: Roberta Savian
un ringraziamento a Emanuele Sciannamea
produzione: Tangram Teatro Torino con il sostegno di Sistema Teatro Torino
durata: 1h
applausi del pubblico: 1′ 50”

Visto a Torino, Cavallerizza Reale, il 7 aprile 2011

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