Sono passati quasi 2500 anni da quando Eschilo, tragediografo dell’epoca aurea della letteratura greca, scrisse “Le supplici”. L’opera narra delle cinquanta figlie di Danao che chiedono asilo ad Argo. Esse fuggono dalla violenza misogina dei cinquanta cugini, figli di Egitto, che pretendono di sposarle. Pelasgo, re degli Argivi, si trova nel dilemma se rispettare le leggi dell’ospitalità, concedendo alle Danaidi la propria protezione, oppure andare incontro alla probabile rappresaglia dei cugini.
L’opera sembra scritta oggi: non solo per il tema dei migranti e dei respingimenti, dei naufragi e dei morti in mare, ma anche per il risvolto femminista ante litteram di donne che si ribellano al matrimonio forzato e alla supremazia maschile.
In Eschilo è protagonista non più l’uomo mortale o l’eroe titanico in balia di forze misteriose e sfuggenti, ma l’individuo consapevole, sottoposto da un lato al dominio della necessità, dall’altro artefice delle proprie scelte e quindi, in caso di caduta, pienamente responsabile.
Che cosa succede se la tragedia di Eschilo arriva nelle mani di Gianluigi Gherzi e del suo Teatro degli Incontri? La poetica di questa compagnia “di strada” che unisce con una metodologia laboratoriale teatranti, cittadini e amanti dell’arte dai percorsi eterogenei, l’avevamo già apprezzata un anno fa in “Canto clandestino”.
Con “Le supplici” ci troviamo nel giardino dello spazio Arteducazione di Milano nei pressi di via Padova, luogo simbolico della città multietnica. Siamo una sessantina di spettatori (il numero massimo consentito), divisi in due gruppi, con 20 performer oltre a Gherzi.
Varchiamo i cancelli di una scuola dell’infanzia. Entriamo in un parco dove i bambini fanno ricreazione. Incontriamo due nugoli di attori: quelli vestiti di nero, che danno più spazio alla parola, e quelli in vesti candide, che danno più importanza al gesto.
Entrambi i gruppi prefigurano un teatro immersivo – affine alla poetica del Lemming – che assorbe lo spettatore negli ingranaggi dallo spettacolo. Un insieme di installazioni traduce i nodi salienti dell’opera di Eschilo rivestendoli di simboli. C’è una tela con una cartina storica dell’Egeo. I performer la ripuliscono; sotto la patina affiora un barcone gremito di derelitti.
La storia è filigrana del presente. Teatro degli Incontri assembra figure ed epoche lontanissime, parole della letteratura classica e slogan xenofobi urlati dai politici contemporanei, cui fanno da megafono i titoli sui media.
Queste “Supplici” sono una storia di anfore e sale, di vesti bianche e bende, di lenzuola e vele strappate, di ritagli di giornale e vaschette colorate, di cartigli scritti in varie lingue e vari alfabeti, di colombe di stracci bianchi confezionate dagli stessi spettatori, di mense e valori conviviali, di bandiere e fotografie. È una storia di maschere, perché gli attori greci recitavano mascherati. Ma qui le maschere si trasformano in immagini di naufraghi, migranti, richiedenti asilo, con le loro facce cariche di pietà e speranza, sorrisi e lacrime.
“Le supplici” costruite da Gherzi sono un rito iniziatico fatto di liturgie. Non solo migranti. Teatro degli Incontri dà voce alle periferie esistenziali. Combatte la cultura dello scarto. Muove il cuore anestetizzato di fronte alla miseria. Invita a piangere, ma soprattutto a reagire. Chiama a considerare le frontiere non come barriere per chiudersi o segregare, ma come porte per lo scambio e il contatto umano ed emozionale, superando le reciproche diffidenze.
LE SUPPLICI
di Eschilo
Rielaborazione drammaturgica, progettazione e regia di TEATRO DEGLI INCONTRI
con i performer Barbara Apuzzo, Silvia Baldini, Elisabetta Bernardi, Giuseppe Buonofiglio, Diego Cantore, Carla Cipolla, Giusy Gargano, Gianluigi Gherzi, Paola Manfredini, Antonietta Menna, Andrea Maggio, Andrea Molteni, Antonella Piccolo, Barbara Piovella, Rossella Raimondi, Giovanna Ranieri, Lorenzo Sartori, Laura Notaro, Laura Sferch, Tommaso Turolla, Roberta Villa
durata: 1h e 20’
Visto a Milano, Spazio Arteducazione, il 28 settembre 2019