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Le tragedie umoristiche. Pasolini fra teatro e corpo in un libro di Stefano Casi

Stefano Casi

Stefano Casi

Terzo libro, per il direttore di Teatri di Vita, sul rapporto fra PPP e il teatro

È un Pasolini in bilico tra cinema e teatro quello presentato da Stefano Casi in “Le tragedie umoristiche di Pasolini e altre eresie” (Edizioni ETS, Pisa 2022, pp. 160, euro 16).
Si avvicina il Sessantotto, e nel giro di un biennio, tra il 1966 e il 1967, PPP infila nell’ordine “Orgia”, “Pilade”, “Affabulazione”, “Bestia da Stile”, “Porcile”, “Calderon”.
L’eresia di queste tragedie sta nell’inafferrabilità che le permea e nella loro sottocutanea filigrana umoristica. In tutta l’opera di Pasolini – e Casi non smette di evidenziarlo – si mescolano generi e linguaggi differenti, dentro una dialettica che è innanzitutto sussidiarietà.

È il terzo libro di Casi (giornalista, sceneggiatore, direttore artistico di Teatri di Vita) sul rapporto tra Pasolini e il teatro. Qui ne sviscera la contaminazione instancabile con poesia e cinema, nutrita dell’impegno politico e sociale di cui l’autore di “Ragazzi di vita”, fustigatore del capitalismo e dei vizi vecchi e nuovi della borghesia, era portatore.

A leggere il libro di Casi, una certezza si consolida nel lettore: Pasolini costruisce il suo linguaggio in maniera febbrile. Procede con ordine e metodo rigorosi, quasi ingegneristici. Approccia in primis il testo – attraverso le modalità del dialogo e del monologo, ma quest’ultimo in funzione del primo – poi l’interazione con il corpo, strumento fondamentale di asserzione e di lotta, luogo dell’essenzialità fisica e simbolica.
Pasolini si nutre di letture e traduzioni, facendone il laboratorio per la propria produzione. È uno sperimentatore indefesso, disposto anche agli insuccessi, pur di misurarsi con nuove possibilità. Ragiona costantemente su ciò che funziona e ciò che non lo soddisfa della propria azione artistica. Cerca nuovi punti di ripartenza e canali per convogliare la propria tormentata creatività.

Affiora nelle sei tragedie un teatro viscerale, a volte urlato, più spesso leggero e trasognato: un’arte come indagine e riflessione, come confessione privata in luogo pubblico, portatrice di densità di senso e significati. Pasolini indaga l’uomo, la sua integralità; poi vira inesorabilmente verso le sue scissioni stranianti.

Casi indugia sul linguaggio cinematografico come ausilio che permette al poeta di smascherare l’ipocrisia (e la tragicità) dei personaggi borghesi. Più i dialoghi sono insistiti, maggiore è la loro inefficacia. Il risultato è l’incomunicabilità tra i personaggi, di cui sono sviscerate le molteplici e contraddittorie dinamiche interiori. Il risultato è un’arte vitale intrisa di popolarità e fisicità, tuttavia venata di lirismo.
Casi si sofferma sul mix dirompente di tensione psicologica, autobiografismo, vocazione poetica e impegno politico che permea la poetica di Pasolini. Ecco, allora, l’importanza di una nuova dialettica, stavolta con gli interpreti, ad esempio Laura Betti, Totò, Ninetto Davoli, Anna Magnani o Adriana Asti, portatori di esperienze variegate, dall’avanspettacolo al cabaret, al cinema d’autore.
Il risultato è il disinnesco di ogni velleità naturalistica, e la scelta di un registro catalogabile di volta in volta come comico, satirico, farsesco, visionario, grottesco.
Pur cogliendone la freschezza popolare, è evidente che Pasolini dirige il suo sguardo alla borghesia, usa un linguaggio borghese, e della borghesia sferza i vizi, senza peraltro cercare e sortire alcun effetto catartico.

L’ultima parte del saggio è rivolta alle fascinazioni africane di Pasolini, proiettato verso un teatro non più eurocentrico. La conclusione su “Pasolini e i suoi doppi” accenna ai legami con Francis Bacon, Fassbinder, Copi, Mario Mieli, fino a Scaldati e Mishima.
La lettura del saggio si addentra in un dedalo di dettagli, rimandi, sincronismi e diacronie assai minuzioso per il lettore mediamente attratto dal teatro, di fatto ineludibile per chi conosce già in partenza Pasolini e ne è affascinato, e non può rinunciare a un’opportunità di approfondimento.


Le tragedie umoristiche di Pasolini ed altre eresie

di Stefano Casi
Edizioni ETS
2022
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