L’Elektra di Robert Carsen all’Opéra di Parigi: il tempo di un lento crepuscolo

Elektra (photo: Emilie Brouchon)
Elektra (photo: Emilie Brouchon)

L’opera musicata da Strauss vede Christine Goerke nel ruolo della protagonista

Il rapporto tra luce e oscurità è l’elemento fondante della versione di “Elektra” di Robert Carsen.
Musicata per la prima volta da Richard Strauss nel 1909, l’opera (tragedia in un atto), nella versione del regista canadese aderisce perfettamente alle indicazioni date da Hofmannsthal per la versione di Max Reinhardt del 1903: “Una crescente oscurità. La durata precisa di un lento crepuscolo”.
Creato per il Maggio Musicale Fiorentino nel 2008, lo spettacolo viene messo in scena all’Opéra Bastille, edificio realizzato nel 1983 per il bicentenario della Rivoluzione Francese, per mano dell’architetto canadese-uruguaiano Carlos Ott. Costruita con uno stile moderno, la struttura si compone degli stessi materiali sia per l’interno che per l’esterno. La sala principale, una delle più ampie al mondo, è dotata di un’incredibile acustica e può accogliere fino a 2475 spettatori.

La scena si apre con Elektra (Christine Goerke) che giace accasciata a terra, illuminata da un debole filo di luce. Piange la sua solitudine e la morte di Agamennone, ucciso da parte di Klytämnestra (sua madre) e da Aegisth. Entrano il coro e i mimi, che insieme compongono una moltitudine di figure femminili, vestite con un semplice vestito di lino nero, che si sposa con l’oscurità della scena.
La struttura architettonica del palcoscenico è tetra e scarna e rimarrà tale – tranne che per la breve aggiunta del letto di Clitennestra – fino alla fine della messa in scena.
Il palco è ricoperto di terriccio e la scenografia di compone di quattro pareti dal colore arrugginito, che ricordano una prigione. Carsen mantiene dunque e, anzi, intensifica l’idea di “luogo chiuso, senza possibilità di fuga” (sono ancora le indicazioni di Hofmannsthal).
L’insieme della scena, del movimento delle figure femminili e dei costumi rimandano alla “Sagra della Primavera” coreografata da Pina Bausch, un piccolo omaggio al tema del sacrificio e della morte.

Il coro dell’Opéra national de Paris – diretto da Alessandro Di Stefano – fa emergere a questo punto il corpo nudo e pallido di Agamennone da una botola, che viene disteso al centro della scena per poi essere innalzato e portato via dal gruppo di figure femminili. La stessa scena si ripete poi per l’ingresso di Clitennestra (Angela Denoke), distesa sul letto, trasportato sempre dal coro. Si nota subito la contrapposizione cromatica tra i personaggi: mentre Elektra, Chrysothemis (Camilla Nylund) e la Schlepptragerin (Marianne Croux) sono vestite di nero, i due assassini indossano leggeri abiti bianchi, a sottolineare la lotta tra la luce e la tenebra ma a ruoli invertiti.

Il movimento coreografico realizzato da Philippe Giraudeau assume un ruolo centrale: i gesti della protagonista e del coro amplificano e danno corpo alle emozioni di Elektra.
L’opera si compone dunque di un brillante equilibrio tra musica e danza, ne sono esempio eclatante le battute dei passaggi finali, accompagnati dalla luminosità delle torce, utilizzate sempre dal coro: i movimenti del corpo di Elektra sono un tutt’uno con la musica, al punto che si direbbe che i suoni escano direttamente da lei. La danza prende il posto delle parole («taci e danza») a rappresentare l’impulso inconscio e inesprimibile che muove le azioni della protagonista.

L’opera è dunque la storia della psiche che vince sul conscio e sulle intenzioni, l’indole contro la ragione. Nella scena dell’uccisione di Clitennestra, il grande letto chiaro rimane posato vicinissimo alla botola, un elemento che assume significati e simbologie differenti: è sia l’ubicazione della sepoltura di Agamennone, sia il luogo dove viene occultato il letto di Clitennestra dopo la vendetta, sia un passaggio verso la porta del palazzo. Questa intelligente reinvenzione dello spazio aumenta il senso di disordine emotivo, ma anche il senso di profondità, rappresentazione concreta dell’abisso emotivo di dolore e rabbia di Elektra.
Nella scena finale la protagonista, dopo una danza convulsa che coinvolge l’intero coro, è accasciata per terra nella stessa posizione fetale dell’inizio, ma in questo caso l’abbandono del suo corpo a terra è liberazione dal senso di colpa e dal sentimento di vendetta.

Il cast, che vede (nella nostra replica) Case Scaglione alla direzione musicale, si distingue per una competenza vocale e recitativa fuori dal comune, e in questo senso spicca la performance di Christine Goerke (Elektra), che non accenna ad un singolo momento di difficoltà per tutta la durata dell’opera.

ELEKTRA
Richard Strauss
Tragedia in un atto
Musica: Richard Strauss – (1864-1949)
Opuscolo: Hugo Hofmannsthal (von)
Direzione musicale: Semyon Bychkov (10 > 22 maggio)
Case Scaglione (26 maggio > 1 giugno)
Messa in scena: Robert Carsen
Coreografia: Philippe Giraudeau
Decorazioni: Michel Levine
Abiti: Vazul Matusz
Luci: Robert Carsen / Peter Van Praet
Direttore del coro: Alessandro Di Stefano
Orchestra e Coro dell’Opéra national de Paris

PERSONAGGI
Elektra: Christine Goerke
Chrysothemis: Elza van den Heever 13, 16, 19, 22, 26, 29 maggio e 1 giugno Camilla Nylund 10 maggio Vida Miknevičiūtė
Klytämnestra: Angela Denoke
Aegisth: Gerhard Siegel
Orest: Tómas Tomasson
Le précepteur d’Oreste: Philippe Rouillon
La Confidente de Klytämnestra: Stéphanie Loris
La porteuse de traîne: Marianne Croux
Un jeune serviteur: Lucian Krasznec
Un vieux serviteur: Christian Tréguier
La surveillante: Madeleine Shaw

durata: 1h 45′ senza intervallo
In lingua tedesca – Sottotitoli: francese/inglese

Visto a Parigi, Opera Bastille, il 26 maggio 2022

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