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Leviedelfool. Da Van Gogh a Pinocchio alla ricerca del ‘matto’

Made in China (photo: Simona Fossi)|Simone Perinelli in Requiem for Pinocchio (photo: leviedelfool.com)

Claudia Marsicano in Made in China (photo: Simona Fossi)|Simone Perinelli in Requiem for Pinocchio (photo: leviedelfool.com)

“I buffoni si divertono. Si divertono sempre ad imitare la vita degli uomini”.
E’ una lunga citazione di Jacques Lecoq quella scelta dalla compagnia Leviedelfool per il loro sito. Che ci ricorda la figura imprescindibile, carica di verità – libero di dirla fino in fondo, grazie alla liberatoria concessa dall’esser buffoni di corte – del fool, di quel matto così essenziale nelle carte dei tarocchi, narratore eccellente, a caccia di libertà, anche protagonista del film “Train de Vie”.

Il fool, il matto, è colui che anche nella visione cristiana dei santi era invaso dal divino, e per questo ancor più santo, ascoltato davvero forse solo dopo la morte, quel vero più del vero di difficile accettazione, se non preso col moto della risata, fino a darsi conto troppo tardi di tutta la sua trascendente verità.

È questa la parola che, assieme al verbo di Antonin Artaud, è a fondamento dell’ideale artistico e creativo del collettivo nato dall’incontro tra Simone Perinelli e Isabella Rotolo nel 2010. Sede d’eccellenza: Calcata, in provincia di Viterbo, borgo medioevale e luogo di sperimentazioni artistiche e artigianali sin dagli anni ’60, così lontano dalle logiche asfittiche della capitale romana.

Proprio per prendere una distanza ri-ossigenante, qui si è trasferito Simone Perinelli, attore, regista e drammaturgo romano, e qui si sono incontrati lui e Isabella Rotolo, attrice napoletana dalla formazione musicale e teatrale, un tratto di vita passato a Parigi, fino a ritrovarsi su Leviedelfool.

Attualmente al lavoro per “Heretico – dopo questo apparente nulla”, spettacolo su Giordano Bruno che debutterà il 28 luglio all’Orizzonti Festival di Chiusi, li abbiamo incontrati in Toscana per un doppio appuntamento.
La prima tappa è al Teatro Era di Pontedera per “Made in China, postcards from Van Gogh”.

Il buio si anima subito grazie alla musica, mentre le luci si concentrano su Claudia Marsicano.
In ginocchio davanti a noi, vestito scuro dal colletto bianco, i capelli raccolti trafitti da due bacchette, ha in mano un ombrellino giallo dai disegni rossi che, impugnato per il  manico, fa girare frenetico sopra di lei e verso il pubblico.
Guarda verso l’alto, verso la luce, in attesa di ciò che sembra non arrivare. Si alza, fa un paio di passi indietro, e mentre si gira arriva un’estatica pioggia di petali. Sorride per tutto il tempo, e da dolce e rassicurante, nella sua fissità senza termine, quel sorriso si distorce diventando maschera dolorosa per chi guarda.
La musica, composta appositamente da Massimiliano Setti di Carrozzerie Orfeo, prosegue, catapultando lo spettatore dentro allo spettacolo.
È un biglietto da visita sorprendente questo inizio, che non deluderà le aspettative create.

“Ogni cosa che fai è un autoritratto!”, ricorda Perinelli ora in scena. “Tutti vogliono spiegarsi, nessuno vuole essere dimenticato” dichiara da dietro il microfono, in piedi di fronte a noi, l’esatto disegno luci di Marco Bagnai che delinea gli spazi.
È un lungo monologo quello che ci dedicherà, reiterando i mille modi in cui si tenta di non essere dimenticati, lui al contermpo Vincent Van Gogh e commentatore/povero cristo/sarto dall’accento cinese: tra i suoi tanti momenti una lezione sul Feng Shui, l’arte di organizzare la casa nei colori e negli spazi, la Marsicano splendida hostess esplicativa; perché, come ammetterà Perinelli lontano dai riflettori dopo lo spettacolo, “si può anche impazzire se non si seguono correttamente quelle regole. Chissà se Van Gogh lo avesse fatto…”.

In scena, in coppia con Perinelli, la già citata Claudia Marsicano, candidata agli Ubu 2016 come Nuova Attrice Under 35. Formatasi a Milano con Quelli di Grock e bravissima, come del resto Perinelli, altro impareggiabile interprete, in questo dialogo di un’ora e dieci.

Lo spettacolo sarà questo: un continuo tentare ciò che non è potuto essere, un susseguirsi di frammenti in un dialogo ravvicinato e a distanza dei due, in una grande e generosa prova attoriale e dall’umanità così esatta (la Marsicano) e straripante (Perinelli); cercare di spiegare perché tutto questo è successo, i perché di Van Gogh ma non solo, divenendo una via per porci di fronte alla nostra necessità di spiegarci, per non scomparire.

Un continuo inizio, ritorno, rimando, nell’amore e nell’odio tra i due, nel soccorrersi e nell’ostacolarsi, per poter arrivare a quell’istante esatto in cui tutto è caduto nel non ritorno. Tentando di riprodurre l’arte, che si trova ora nel territorio dell’effimero, nei nostri tempi in cui tutto è riproducibile, dove “a Hong Kong esistono fabbriche a cielo aperto interamente dedicate alla riproduzione di opere d’arte”, come ci ricordano le note di regia, con “La Gioconda” di Leonardo e i “Dodici girasoli in un vaso” di Van Gogh fra le più gettonate.

All’improvviso cade dall’alto uno dei fari, quella struttura esatta di luci perde i suoi pezzi in questo riecheggiare i versi di Artaud; il microfono gracchia, non funziona… La struttura vacilla, il mondo implode su sé stesso per poi di nuovo risorgere, morendo e nascendo.

Van Gogh (anche lui un fool?) si ritrova in una stanza d’ospedale, e da lì ci vomita tutto quello che gli scorre dentro; lei, così lontana e così vicina, ostacola quel tentativo di spiegare, quel fiume in piena: indifferente dice altro. “Sta’ zitta!”, le urla a più riprese dalla sedia.

Non si esce indifferenti dalla sala. Lo dimostra il pubblico alla fine, adorando o prendendo le distanze. Ma è di questo che riteniamo si abbia bisogno oggi: grazie alla bellezza non restare indifferenti perché, come si afferma durante lo spettacolo, “esistono un’infinità di modi di suicidarsi senza morire”.

In un dialogo ideale e ipotetico, a distanza, pare rispondere a quest’affermazione Pinocchio: “Il vostro vivere si chiama sopravvivere”, ci ricorda il burattino nella carne – ancora una volta generosa – di Simone Perinelli, di nuovo in scena tre giorni dopo per “Requiem for Pinocchio”, stavolta ospite di Spam!, spazio della compagnia Aldes di Roberto Castello a Porcari.

“È uno spettacolo a cui siamo particolarmente legati; è stato il primo, nato dopo vari tentativi di mettere in scena Caligola: alla fine è nato lui” ci ha confidato Perinelli negli spazi molto accoglienti di Spam!
Prima tappa di una trilogia di cui fanno parte “Macaron” e “Luna Park, do you want a cracker?”, porta in nuce tutto quello che fino a qui abbiamo conosciuto de Leviedelfool: la parola – molta – pronunciata scavallati gli argini dell’esistere, per dar voce al nostro vivere quotidiano, e un corpo così reattivo, vitale, vibrante, quello di Perinelli, a incarnare questa parola e il nostro diritto ad esistere.

Lo stato di umanità ha perso i suoi connotati di verità cadendo nell’omogeneizzato: quello che Pinocchio poteva desiderare, per essere amato dal suo babbo e far parte del gioco di fare l’uomo, reclama ora a gran voce il suo diritto di tornare indietro (“Avrei anche una richiesta: vorrei giustappunto tornare burattino!”), ossia alla purezza d’essere bambino, al diritto di essere libero e sognare. “Immaginazione al potere” reclamava Herbert Mancuse, per poi essere sposato dai moti giovanili e rivoluzionari del ’68.

Come anche Perinelli, che lo fa correndo, sul posto, saltando la corda a mo’ di novello Rocky, buttandosi sdraiato su un tavolo facendo addominali per poi tornare a scalpitare in scena indossata la maschera d’asino. Mille tic lo attraversano, le mani non stanno mai ferme, cercando di strappar via la maglietta, quella pelle, quel “ruolo” che gli sta stretto addosso, ingabbiandolo.
Perinelli è una rock star naif che, nell’immediatezza di un Forrest Gump del XXI secolo, cattura con la sua spontanea umanità e sincerità.

Il pubblico, che si è scaldato strada facendo, risponde sempre più alle sue battute, tributandogli un lungo applauso finale, tutti un po’ più bambini e un po’ meno burattini.

Simone Perinelli in Requiem for Pinocchio (photo: Guido Mencari)

Made in China, postcards from Van Gogh
drammaturgia Simone Perinelli
con Claudia Marsicano e Simone Perinelli
regia Simone Perinelli
aiuto regia Isabella Rotolo
musiche Massimiliano Setti
luci Marco Bagnai
foto Nico Lopez Bruchi
grafica Giacomo Trivellini e Federico Bassi
organizzazione Isabella Rotolo
produzione Fondazione Teatro della Toscana/CSRT

Visto a Pontedera, Teatro Era, il 17 dicembre 2016

 

Requiem for Pinocchio
di e con Simone Perinelli
con un estratto di “Emporium” di Marco Onofrio
luci&suoni Isabella Rotolo
progetto grafico e foto Guido Mencari
regia Simone Perinelli

Visto a Porcari, Spam!, il 20 dicembre 2016

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