Liz Aggiss e le parole sporche. Slap & Tickle al Napoli Teatro Festival

Liz Aggiss (photo: Sabrina Cirillo)
Liz Aggiss (photo: Sabrina Cirillo)

Liz Aggiss è un’artista. Lo dice e lo ripete, convinta, in un’intervista che si trova in rete: “Un’artista – insiste – anche se ci ha messo parecchi anni ad accettarlo”.
Regista, coreografa, attrice, autrice dei testi che recita, professore emerito dell’Università di Brighton, in tournée viaggia leggera, e arriva al Napoli Teatro Festival con una sola collaboratrice e un mucchio di oggetti e abiti di scena. Guardiamoli: un’accetta, ragni e serpenti di gomma, un bambolotto-feto legato a un elastico tipo cordone ombelicale, due cerchi da ginnastica infantile belle-époque, una sorta di campanella da monatto, palloncini lunghi, bandierine e fazzoletti ricamati con falli stilizzati, e tanti pacchetti regalo per il pubblico, dai quali, scartati, emergeranno assorbenti, cetrioli… E poi costumi: un abito lungo, gonna a ruota, cangiante, espressionista, due lunghissimi guanti che fatica a togliersi in uno scombinato striptease, cuffie, miniabiti dorati, una sola scarpa col tacco ecc.

Liz Aggiss starà sempre sola in mezzo alla scena: entra, il volto coperto da un copricapo rivoltato, sembra un manichino di De Chirico; parla col pubblico, parte, canta, balla, ha il volto pesantemente truccato come una diva espressionista del muto. La luce strobo richiama proprio i fotogrammi di un vecchio film, così le musichette da accompagnamento, e lo sguardo sempre al pubblico. «Are you sitting confortably?», chiede. Ora è una bambina, canticchia canzoncine infantili storpiate e graffiate, sarà poi una donna adulta, infine una di mezza età, e attraverso le tre fasi, a ciascuna delle quasi è dedicato un “atto” di “Slap & Tickle”, azzanna e fa a pezzi la figura accomodante della donna che le attraversa.

Ecco quindi la bimbetta che aspira a un domani roseo, la bimbetta che, suggerisce la mamma attraverso una riscrittura di “Que sera sera” chiameranno poi zoccola, che verrà picchiata, insultata, magari stuprata; c’è la donna adulta usata e l’anziana, messa da parte con disgusto, ostaggio della decadenza fisica.
Liz Aggiss, la femminista che introduce il suo lavoro sul programma di sala con una pagina di fonti, da Angela Carter ad Hannah Hoch, premiata con il Total Theatre Award a Edimburgo 2017, squarcia il velo dell’immagine prodotta da qualcun altro, ed emerge intrisa d’orrore per combatterlo o venirci faticosamente a patti.
Lo strumento usato è, come nella tradizione, soprattutto la lingua, ancor più e ancor prima del corpo: volgendo in dark canzoncine infantili o automatismi drammaturgici polite («Look John, look! See John, see. Janet found her cock eventually!»), sporcandosi la bocca con le parole non dette, offese esecrabili, facendo emergere dal silenzio i pensieri in tutto il loro scandalo, riprendendo appunto possesso di ciò di cui si era stati privati.

Liz Aggiss sa colpire con ferocia: si parla di mamme morte («Are there any dead mothers in the house?», domanda candidamente) o golosamente eccitanti («yummy mummy»), di sporcaccione («unclean women») di vecchie incontinenti con tanto di pannolone («Non fatemi tossire, o mi piscio addosso!»), di tette piene di latte, o altrimenti di «cavità cancerose» nei seni. È un pugno a volte sconvolgente e un abbraccio insieme, che il pubblico di Napoli ha la serenità intellettuale di incassare e comprendere, perché si pronuncia ciò di cui è umano provare orrore ma senza arrivare al punto di giustificarne perciò la censura, poiché è il normale osceno che circola nelle nostre vite, in tutte le vite, e che finisce col produrre quei bozzi disgustosi dei tappeti quando ci si nasconde la sporcizia sotto. In questo senso Liz rivendica il suo essere “unclean”, appunto.
E così viene stracciata persino l’immagine dell’erotismo tradizionale, che in questo panorama sarebbe addirittura rassicurante, esteticamente accettabile, e l’immaginario burlesque fa la sua comparsa. Persino della pornografia si ribaltano i canoni perché è lei, una donna non giovane a esporre un seno e a palparlo, a sfilarsi le mutande in faccia al pubblico («Let’s play master and servant!» propone), a schiaffeggiarsi le natiche, a dimenare una coda di cavalla legata al fondoschiena, a camminare carponi e a trascinare il bambolotto-feto con i denti, come un aborto ferino.
«Are you sitting confortably?», ripete in conclusione, col fiatone.
Insomma…

Slap and Tickle
ideazione e interpretazione Liz Aggiss
ph Sabrina Cirillo – Cubo Creativity Design
Lo spettacolo è sconsigliato a un pubblico di minori di 14 anni

durata: 60′
applausi del pubblico: 3′

Visto a Napoli, Sala Assoli, il 28 giugno 2019

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