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Oltre il reading: lo show dei sogni di Tiziano Scarpa, Fabrizio Arcuri e Marlene Kuntz

Lo Show dei tuoi sogni
Lo Show dei tuoi sogni
Lo Show dei tuoi sogni

Un letterato e recente premio Strega, due elementi di una delle rockband più autorevoli della scena italiana, e uno dei registi più attivi e creativi del nostro teatro. Se dovessimo ordinare gli ingredienti fondamentali per “cucinare” questo spettacolo sarebbero questi.
Il palco ospita da un lato una batteria, dall’altro quello che sembra il parco giochi per un musicista fantasioso: una chitarra, un violino e un bel set di tastiere. Nel mezzo, un microfono e un leggio si fanno ambasciatori della forma reading.

A luci di sala ancora accese, dal fondo nero del palco sbucano, quasi casualmente, Davide Arneodo e Luca Bergia, rispettivamente polistrumentista e batterista del celebre gruppo rock Marlene Kuntz. Si avvicinano alle postazioni, toccano questo o quello strumento, aggiustano qua e là l’accordatura, gettano sguardi distratti al pubblico, quasi fossero solo tecnici di palco, a show non ancora iniziato.
Compare poi Tiziano Scarpa, avanza, siede su uno dei monitor e parla al pubblico, dicendo che tutto sommato quello che serve è solo un po’ di immaginazione.

La triste sorte di un signor nessuno che, cercando di compiere un’azione che rimanga nel tempo, si mette a pubblicare bislacchi annunci economici si compie nel momento in cui, dettato un falso necrologio citando il fantomatico Gaudenzio Perfetti, s’imbatte nel vero proprietario di quel nome, non esattamente entusiasta dell’idea. Questi diviene il secondo protagonista di una storia leggera e malinconica che gira attorno ai raggi di una doppia solitudine e ha come centro l’imprevedibile impalpabilità dell’identità individuale. Una favola sulla timidezza e sull’esigenza di mostrarsi, su una cultura di massa in cui l’apparire è necessario e, spesso, contrario all’essere.

Il passaggio dalla chiacchierata informale alla narrazione di uno scrittore di chiara fama riesce fluido, in questo “Show dei tuoi sogni”, come spesso accade nelle regie di Fabrizio Arcuri, la cui poetica poggia ormai piedi ben saldi su quel limbo tra concetto e relativa visualizzazione, tra realtà dei fatti e relativa declinazione immaginaria.
A salvare lo spettacolo dalle sorti, forse un po’ sterili, di un reading accompagnato dalla musica è senza dubbio il disinvolto ordine formale che regna in scena. Quello che a dirlo sembra un ossimoro è invece la caratteristica vincente: l’equilibrio tra l’agio dimostrato dagli artisti in scena e il rigore della visione che li contiene.
Di per sé le musiche eseguite dal vivo da Arneodo (chitarra, violino, piano elettrico e loop station) e Bergia (batteria, loopstation e kaoss pad) non si limitano a fare da commento, ma tentano per quanto possibile di interagire con la narrazione, riservandosi anche gli spazi per un vero e proprio ambiente sonoro indipendente, che dal brano strumentale sconfina nel “noise”, tecnica che va a cercare nella distorsione e nell’elaborazione del suono la sua stessa essenza. Ma a costruire una dimensione narrativa della musica e una musicale della narrazione è ancora di più l’atteggiamento di chi abita la scena. Nei brevi cenni, commenti, sorrisi, freddure, suggerimenti scambiati tra Arneodo, Bergia e Scarpa, in cui si intravede lo zampino di Arcuri (intervenuto a dare un tocco teatrale e a co-produrre il lavoro a uno stadio già avanzato), si attua lo scarto che trasforma il semplice reading in narrazione complessa.

A guarnire lo spazio, catalizzando bene l’attenzione del pubblico, sono semplici ma efficaci tocchi visivi come il fumo artificiale (ormai immancabile in ogni situazione performativa), un recinto di neon e – particolare insolito nell’essenzialità delle regie di Arcuri – la suggestione di una schiera di controluce colorati, le cui tonalità rosso, verde e blu richiamano i cavi di connessione tv.

La leggerezza del racconto riesce ad essere un pregio; la performance di Scarpa narratore (peraltro non alla prima esperienza) è ben sostenuta, se la si considera come un esperimento e non come un esercizio di stile. Alcuni passaggi potrebbero essere forse snelliti nelle durate, e lo sconfinamento che la lettura interpretata si concede nella forma canzone (evitando la melodia in funzione di uno stile tra rap e crossover) rischia di far perdere la somma dell’efficacia, se non sorretta da una maggior precisione. In altre parole, potrebbe bastare la performance dei musicisti a rendere “rock” l’intero spettacolo, mentre sarebbe più affascinante lasciare alla voce narrante il solo compito di aprire e chiudere asole sonore al dialogo con gli elementi in scena.

Di questo spettacolo resta soprattutto la bella intenzione, espressa fin dal titolo, di lasciare all’immaginazione dello spettatore il compito di dar forma a volti e corpi, ché le descrizioni fisiche sono ridotte al minimo. Un po’ come accade in quella forma in parte dimenticata che è il radiodramma, alla ricerca di un’epica del particolare.

LO SHOW DEI TUOI SOGNI
parole: Tiziano Scarpa
musiche: Luca Bergia e Davide Arneodo (Marlene Kuntz)
regia: Fabrizio Arcuri
produzione: accademia degli artefatti 2010 in collaborazione con DNA concerti

Visto a Roma, Teatro Palladium, il 6 maggio 2011

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