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“Lo specchio della regina” di Chiocchini e Viganò: Biancaneve senza principe e nani

Lo specchio della regina (ph: Vasco Dell'Oro)

Lo specchio della regina (ph: Vasco Dell'Oro)

Teatro La Ribalta celebra il proprio decennale con uno spettacolo sull’autostima oltre i canoni estetici

«Un volto non è semplicemente l’ombra che ci rimanda lo specchio; è un senso di sé. Forse è la stessa cosa della coscienza di sé».
(Nadia Fusini, “I volti dell’amore”)

“Lo specchio della regina”, spettacolo di Eleonora Chiocchini e Antonio Viganò che celebra il decennale di Teatro La Ribalta – cooperativa professionale di attori in condizione di disagio psichico e fisico – è la storia di una donna in cerca di conferme sulla propria bellezza.

Questa pièce danzante con Jason Mattia De Majo, Maria Magdolna Johannes e Rocco Ventura è una sorta di spin-off della fiaba di “Biancaneve”. Al centro, una Regina con l’assillo della propria immagine. Davanti a lei, uno Specchio; ha il compito di riflettere chi ha davanti dando conferme, ma anche il vizio di dire la verità. Allo specchio non basta essere un replicante: cerca spazi di libertà, che ruba approfittando dei momenti di sonno della Regina.

Chiocchini e Viganò rivoltano la fiaba di Biancaneve: niente nani, prìncipi e cacciatori. E neppure principesse. Con lo Specchio e la Regina, solo un narratore onnisciente. È un rimbalzo tra gioco, ragione e fantasia. È un mix di desiderio e amore, gelosia e rivalità.
Il bisogno di esibirsi, di mettere in scena la perfezione, travalica i limiti fisici e capovolge ogni stereotipo omologante. “Lo specchio della regina” è antidoto alla catalogazione. I canoni estetici ripudiano l’uniformità e smentiscono ogni genere di cliché.
Lo spettacolo squarcia l’ipocrisia. Denuncia il culto della visibilità e delle apparenze, il narcisismo e la competizione che degenera nell’invidia. Invita a trovare il vero sé, indipendentemente da come gli altri ci vedono e ci vogliono.

Il teatro La Cucina di Milano, all’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini, ci accoglie con la sua atmosfera intima e ovattata. In scena, il fumo crea una quarta parete spessa e opalescente. Il pavimento lucido scuro è un altro specchio che riflette desideri e paure. La sala è un pulviscolo di punti luminosi. La musica è una partitura di soffi, gesti e battiti ritmati. E risate scroscianti, senza alcuna esasperazione.

Cecità e bellezza. Follia e potere. Ad avviare la drammaturgia di gesti e movimenti piccoli, sospesi, rarefatti, è un omone (Ventura) con occhialini, cilindro e in mano la custodia di un violino. Tira una fune, e pare trasportare sul palco l’intera macchina scenica, un carrozzone dalle molteplici zavorre. Di peso, egli catapulta sul palco anche gli altri due protagonisti, fantocci inerti capaci di rianimarsi con un tocco magico.
Regina (Johannes) e Specchio (De Majo) sono rivali e complici. Sono amici-nemici pronti a tenzonare agitandosi, in una dialettica d’accudimento e allontanamento.
Biancaneve è invece una statua immobile, una sorta di madonna di gesso troppo bella per essere vera. È il busto di una creatura celeste incoronata di luci, sormontata da un abito nuziale che levita verso l’alto.

Dal connubio tra i generosissimi attori nascono balli fiabeschi, danze sghembe e armoniche, morbide e agitate. Lo specchio e la Regina sono fagocitati da schermaglie capricciose, da una mimica di onirico naufragio scandita da luci da circo o da sagra paesana.
Regina e Specchio danzano sotto una pioggia di note, con movimenti ritmati, frenetici, tra cuscini e sgabelli, tra mazurche e rock, mentre il corpo narrante di Ventura produce con la voce una colonna sonora caleidoscopica e stordente.

Il pubblico è incantato. In fondo, “Lo specchio della regina” è un percorso nei meandri dell’adolescenza, un cammino che nasce nella fragilità. E nella consapevolezza del limite trova lo slancio per librarsi oltre paure e vulnerabilità. Per nutrirsi “di versi” e rinascere “diversi”. E assurgere all’assoluto, trovando rifugio negli inestricabili segreti della poesia e della danza.

LO SPECCHIO DELLA REGINA
nuova coproduzione Teatro la Ribalta – Accademia della diversità/Bolzano Danza
Testi e regia: Antonio Viganò
Coreografie: Eleonora Chiocchini
Con: Jason Mattia De Majo, Maria Magdolna Johannes e Rocco Ventura
Collaborazione alla creazione: Paola Guerra e Paolo Grossi
Scene Roberto Banci, Antonio Viganò
Costumi: Roberto Banci, Paola Guerra
Light design: Melissa Pircali
Una produzione: Teatro la Ribalta
In coproduzione con/Bolzano Danza Festival Con il sostegno di: L’arboreto – Teatro Dimora, Centro di Residenza Emilia-Romagna e degli Istituti Culturali della Repubblica di San Marino

durata: 50’
applausi del pubblico: 3’

Visto a Milano, Teatro La Cucina, il 22 gennaio 2024

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