Loretta Strong: l’estetica dei Marcido per l’allucinato monologo di Copi

Lorettab Strong
Lorettab Strong
Paolo Oricco in ‘Loretta Strong’ (photo: Daniela Dal Cin)

Essenziale ed eccessiva allo stesso tempo. Appare così la messa in scena offerta da Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa per il debutto nazionale di “Loretta Strong”, opera del 1974 scritta dal celebre artista franco-argentino Copi. Una nuova versione di un testo arrivato già nel 2005 a Torino, nell’ambito del Festival delle Colline, affrontato però in quell’occasione da Egumteatro.
Stavolta la pièce, diretta da Marco Isidori, si regge sostanzialmente su due elementi: il protagonista, Paolo Oricco, e l’astronave creata dalla brava scenografa Daniela dal Cin, un po’ il marchio dei Marcido negli anni.

Partiamo dalla navicella spaziale: un grande disco cui, mani e piedi, è legato il/la protagonista. Un elemento che, come di consueto per la compagnia, non si limita ad essere una trovata scenografica. La navicella, così rappresentata, diventa infatti il fulcro del significato dell’opera. Sintesi del caos spaziale, del disordine cosmico e del vortice mentale di Loretta Strong.

“La tentazione di mettere in scena qualche lavoro del poeta franco-argentino non è recente dalle parti della Marcido – svela Isidori –  ma soltanto quando una folgorazione scenografica, alla quale non si poteva disubbidire, ci ha fatto ritener possibile la “costruzione” di un'”Astronave” (parto di Daniela Dal Cin) veramente e potentemente adeguata alla folle parabola del “discorso” che Copi ha inventato per esprimere il personaggio della Strong, soltanto allora abbiamo sciolto gli ormeggi e ci siamo imbarcati per far diventar teatro il testo in questione”.

E torniamo al secondo elemento che contribuisce alla piena riuscita dello spettacolo: il protagonista, Paolo (“Pablito”) Oricco. La sua interpretazione esaltata e le espressioni affettate assumono grande valore in contrasto con la posizione di costrizione cui è sottoposto. L’attore diventa un corpo unico con la macchina: ne determina l’oscillazione e allo stesso tempo subisce la sua limitazione.
Loretta, sola in orbita, ha una missione: portare l’oro su un altro pianeta per coltivarlo. Durante il viaggio le continue telefonate interspaziali con l’amica Linda raccontano l’andamento dello sconclusionato viaggio. La donna si accoppia con pipistrelli e partorisce frigoriferi, trova uova d’oro e incontra uomini scimmia.
Le battute vengono pronunciate a ritmo serrato, i temi ritornano, si ripetono. Le frasi stesse si riciclano diventando ritornello: e anche “Pronto Linda”, ad esempio, a un certo punto si trasformerà in un intercalare. Loretta pare crocefissa all’assurdo, al mondo surreale in cui cerca rifugio per allontanarsi dalla respingente realtà. “Loretta è Clitennestra, Fedra, Lady Macbeth, Solange, Winnie, Maria Maddalena de’ Pazzi – spiega sempre Isidori – Loretta Strong è il nostro reiterato (com)pianto sulla miseria intrinseca alla concezione individuale di soggetto”.

Per sessanta minuti Oricco rimane inchiodato al disco volante, ondeggiando continuamente il corpo in atteggiamenti sensuali, provocanti, sconvolti. E per tutto il tempo parla. Le parole via via perdono di significato, diventando mantra psichedelico, un leitmotiv cui lo spettatore finisce per abbandonarsi.

“Paolo Oricco ‘è’ Loretta” sostiene il regista. E durante lo spettacolo, effettivamente, emana una carica così coinvolgente e trascinante che incarna perfettamente l’aggettivo Strong.
Alla fine, quando l’attore abbandona la postazione per ricevere gli applausi del pubblico, la sua figura, esile e sottile, abbarbicata sugli stivaletti rossi, evidenzia la trasformazione avvenuta in scena. E di quella Loretta che pareva davvero maestosa rimane solo il ricordo.

Dopo il debutto torinese, “Loretta Strong” sarà dall’1 al 6 marzo all’Out Off di Milano e dal 28 marzo al 2 aprile al Teatro Arvalia di Roma.

LORETTA STRONG
di Copi
con: Paolo Oricco
e con: Maria Luisa Abate, Valentina Battistone, Alessandra Deffacis, Stefano Re
tecniche: Sabina Abate
“Astronave” di Daniela Dal Cin
regia: Marco Isidori
produzione: Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa con il sostegno del Sistema Teatro Torino
durata: 60′
applausi del pubblico: 4′ 35”

Visto a Torino, Cavallerizza Reale, il 13 febbraio 2011

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1 Comments

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  1. says: domenico

    Si…………dall’inizio della performance a parecchi giorni dopo, si ha la sensazione di essere sospeso in un lisergico viaggio nello spazio, le ricche immagini (immateriali) offerte dalla Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa, appaiono allo spettatore una dopo l’altra, attraverso la “parola energizzata” sia dall’attore sia dalla scenografia “macchina” , rendendo ogni gesto immenso ma allo stesso tempo claustrofobico.
    La parola invade lo spazio, lo spazio invade la parola, una giostra mantrica che non si ferma nei 60′ minuti di spettacolo. Le Allucinazioni “materiche” di Loretta, sono invadenti nei confronti di chi guarda, si ripetono all’infinito, unica rottura con questo vortice psichedelico la frase “VOGLIO SCENDERE”, scarnificata da ogni rappresentazione, ed è in questo momento che la cruda e reale voce dell’Attore irrompe nell’intimo di ogni singolo spettatore riportando tutto all’ordine e/o nel disordine.
    Dopo lo spettacolo si esce da teatro ma non dall’astronave che ancora gira negli occhi e nella testa di chi c’è “salito”.