8 luglio
Non molto lontano da noi sta succedendo un gran casino. Siamo coscienti di questo, e ogni mattina qualcuno compra il giornale. Guardiamo le foto e leggiamo gli articoli, io integro le informazioni con quello che trovo su Global: questi sono gli unici momenti in cui siamo tutti d’accordo, d’accordo nel sentire, nella preoccupazione e nell’ansia.
Per il resto siamo in preda alla frenesia. Ci troviamo dentro un grande esperimento di partecipazione artistica. Qualcuno sceglie che la sua individualità di artista è più importante di questo esperimento, qualcun altro invece decide di rischiare e contaminarsi. E così usciamo fuori da tre giorni di plenarie, esperimenti estenuanti di dialoghi, a volte impossibili, snervanti, a volte quasi tragici, ma il risultato, personalmente, mi soddisfa in quanto attivista della partecipazione. Ci siamo divisi in una maggioranza e una minoranza. Ci siamo dichiarati, ci siamo scazzati, forse non ci siamo nemmeno del tutto capiti, fatto sta che abbiamo preso una posizione, ognuno la sua. E da ora in poi potrò, davvero, parlare solo per me. Siamo in un grande cervello, il flusso creativo asciuga la nostra capacità relazionale. Quando arriviamo a cena siamo così stanchi che ci sentiamo tutti grandi amici e ci dedichiamo a conversazioni spensierate e forse pure un po’ scurrili. Ma dobbiamo staccare. La totale mancanza di riservatezza, la condivisione ventiquattr’ore su ventiquattro, ci mettono davanti all’esigenza di trovare singolari modi e tempi di isolamento. Andare a comprare un sapone diventa un’avventura irripetibile.
13 luglio 2009
Tutte le mie attività quotidiane sono sospese. Scrivo pochissimo, il mio sito è praticamente morto, e faccio financo fatica ad aggiornare questo diario. La realtà, il nostro mondo, come dice Alfonso Amendola*, è in ogni microrelazione, in ogni dialogo, in ogni sguardo. Ogni giornata è infinita, e così non riesco più a capire se abbia valore parlare ancora delle singole delusioni, delle singole vittorie, delle singole decisioni, poi puntualmente smentite nell’assemblea successiva. So di aver passato diverse giornate spiaccicata in una puzzolente impasse creativa. Non ne venivo fuori, non ne venivo fuori, non ne venivo fuori. E tutto era sempre più pesante, anche il clima durante le riunioni, gli sguardi di alcuni erano sospettosi, quelli di altri sconfortati. E intanto la vita fuori da noi continua a fare i suoi giri e i suoi giretti. C’è stato un momento in cui ho provato un irreparabile senso di vertigine. Che come tutto qui m’è apparso definitivo. E invece è stato un attimo. Dopo di che forse sono arrivata a costruire parte della fisionomia del mio nuovo personaggio. Ma la strada fino al 28 è ancora lunga.
I commenti alla passata puntata del mio diario inibiscono un pochino il mio parlare del committente. Di cui pure non direi solo rose e fiori, come si usa dire qui, ma del quale mi astengo dal parlare completamente, perché non voglio che il mio diario sia strumentalizzato. Sono un’attrice in mezzo ad artisti. Da tempo ho abbandonato le scaramucce pseudopolitiche e i discorsi populisti sul noi e sul voi. Per me la politica è un’altra cosa, e se la pratico è soltanto attraverso i miei personaggi. Già queste righe mi suonano come una giustificazione che io non percepisco come dovuta, ma che mi è richiesta, imposta. Dunque taccio, per ora.
tieni duro cara Lucilla.
mi impasto nelle tue parole per assaporare sensazioni e confusioni che, a qualche livello, mi appartengono, per godere e temere di quello strano smarrimento che precede ogni… atto creativo, che fa interrogare circa la sua necessità o la sua inutilità.
come se bisogna meritarsela, l’ispirazione.
per fortuna, in residenza manca sempre qualcosa: sapone, salviette, una mela che diventa indispensabile.
attimi di decompressione per ingoiare e digerire la scorpacciata di sensazioni ed interrogativi.
non so, scusa, forse c’ho messo del mio in questa elucubrazione.
un saluto
Alessia R.