M8. Animanera nei meandri della Milano futura

Photo: Gianluca Rona|Photo: Gianluca Rona
Photo: Gianluca Rona|Photo: Gianluca Rona

«D’una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda». La pensava così il viaggiatore Marco Polo ne “Le Città invisibili” di Italo Calvino.
In “M8 – Prossima fermata Milano”, Animanera propone all’Elfo Puccini di Milano un ritratto polimorfo del capoluogo lombardo, con poche risposte e molti interrogativi.

L’idea è di Aldo Cassano, che è anche regista del progetto. Quattro i giovani drammaturghi coinvolti, coordinati da Greta Cappelletti, per altrettante agili pièce inedite, a tracciare una linea metropolitana immaginaria, futurista, che attraversa e indaga Milano.

Ne affiorano, come dall’acqua livida, il passato glorioso, il presente dilatato, il futuro incerto. Si tratteggia la città frenetica e alienante, venata di snobismo e povera di spirito. Un luogo in cui tutto è meccanizzato. L’edonismo seda il desiderio e inibisce la fantasia. I cittadini sono automi confusi e infelici, inchiodati a una prosa grigia con rari barlumi di colore.

Da questo magma emerge tuttavia in controbalzo quel che resta dell’anima tradizionale di Milano: energica, vitale, rivoluzionaria. Il racconto si snoda lungo scenari asettici, come la banchina di una stazione sotterranea, l’ufficio di una catena della gig economy, lo scalcinato set di un film hard, lo spazio bianco che fa da scenario alla creatività di un giovane artista.

Una scenografia con impalcatura metallica, valorizzata da giochi di luce, evoca la città febbrile, la sensazione che ci sia sempre qualcosa da costruire o da puntellare. Fumo, suoni di clacson, lo sferragliare del tram, proiettano in una dimensione multicaotica. Spazi metafisici incrociano cenni di scenari reali come il Duomo o piazza San Babila, la “Milano da bere” tramontata, i suoi rigurgiti artefatti come il Bosco verticale. È la rievocazione di un’identità in parte svenduta alla globalizzazione.

Abita questo macrocosmo una schiera di personaggi ben caratterizzati. Alla prima “fermata”, di Camilla Mattiuzzo, incontriamo due donne (Giorgia Coco e Natascia Curci) che fanno i conti con l’alienazione. Ipocondria, depressione, solitudine, in una beckettiana attesa nel metrò. Sguardi sfuggenti, occhiate di sbieco. Rimbombi, echi snervanti. È una dimensione ansiogena. È vana la speranza che accada qualcosa o che arrivi qualcuno.

Seconda fermata curata da Carlo Guasconi e Pablo Solari. Siamo nel cuore dell’economia digitale, nella stanza dei bottoni dei lavoretti on demand. Un manager in cravatta (Fabrizio Lombardo) impegnato nella costruzione di bisogni e desideri fantomatici, si scontra con un fattorino idealista (Francesco Aricò) che consegna pizze a domicilio e sogna di rivoluzionare il sistema.

La terza fermata è un tuffo nella Milano a luci rosse. Magdalena Barile mette al centro un attore hard (Giorgio Rosa) cadente da tutti i punti di vista. La sua virilità dismessa è simbolo della città in disarmo. Davanti a lui un giovane autore (Francesco Aricò) sogna di rivitalizzare il porno, forse con l’aiuto di un’assistente alla regia (Giorgia Coco) capace di cogliere, con la macchina fotografica, la poesia di corpi che diventano paesaggio.
L’ultima fermata è opera di Davide Carnevali. È la pièce più fantasiosa, che conduce al cuore della città grazie a un giovane (Fabrizio Lombardo) che propone in modo allucinato nuove idee per un restyling della città.

Photo: Gianluca Rona
Photo: Gianluca Rona

Tanti personaggi, le quotidianità di una metropoli con le sue mille contraddizioni. Si accenna a grandi eventi come Expo 2015 e le Olimpiadi invernali del 2026.
Un’operazione complessa. Un’indagine sociale che ha il merito di evitare stereotipi e schematismi ideologici. Il registro è pop, la recitazione realistica. Si coglie la solidità della regia, la forza d’urto degli attori che si presentano in maniera credibile, icastica, tenendo la scena senza la minima sbavatura. La scrittura è coesa, se ne coglie la freschezza. Ma un’operazione di questo calibro resta parziale. Ottanta minuti di scena svegliano il languore senza calmare l’appetito.

Qualche incertezza affiora nel dipanarsi dei vari quadri: il primo episodio ricalca in modo troppo plateale, pedissequo, “Aspettando Godot”, con una virata grottesca nella seconda parte di non immediata interpretazione. Eclatante, forse sproporzionato, l’esito del secondo brano. Senza guizzi particolari l’intreccio del terzo, su un registro scollacciato a volte scontato. Più d’impatto, ironico, brillante, il quarto episodio, altra prova del talento in evoluzione di Davide Carnevali.

M8 – PROSSIMA FERMATA MILANO
di Camilla Mattiuzzo, Carlo Guasconi & Pablo Solari, Magdalena Barile, Davide Carnevali
ideazione e regia Aldo Cassano
scene Nani Waltz
costumi Lucia Lapolla
suoni Antonio Spitaleri
luci Isadora Giuntini
con Francesco Aricò, Giorgia Coco, Natascia Curci, Fabrizio Lombardo, Giorgio Rosa
Coordinamento autori: Greta Cappelletti
produzione Animanera

durata: 1h 30’
applausi del pubblico: 3’

Visto a Milano, Teatro Elfo Puccini, il 20 ottobre 2018

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