In ordine sparso: Roma, Palermo, Milano, Napoli, Venezia, Catania e ora (ancora) Milano.
Lo spazio occupato è sporco, senza pavimento, con i cavi che corrono scoperti, cunicoli senza luce, acqua che piove dalle giunture del soffitto. La gente passa a fatica da un posto all’altro facendosi strada attraverso altra gente, ci guardiamo con la sensazione di stare in un posto che è di tutti, si parla sopra la musica, gli amici li trovi all’improvviso accanto a te, erano a due passi tra la folla.
Questa è la prima serata Macao, la Torre Galfa (un palazzo di 102,5 metri costituito da una torre di 33 piani, ad oggi completamente vuoto e in stato di abbandono – QUI per chi volesse maggiori notizie) è stata occupata sabato e riportata in vita con un nome che parafrasa gli acronimi dei vari centri d’arte istituzionali.
Tutto è partito da I lavoratori dell’Arte: “Artisti, curatori, grafici, cineasti, guardia sala, attori, musicisti, scrittori, giornalisti, insegnanti d’arte, studenti, performer. La volontà di creare una realtà diversa ci ha fatto incontrare perché accomunati dal rifiuto della precarietà come condizione di lavoro e di vita”.
Domenica, dopo la notte di festa, la prima assemblea collettiva: dalle 15 alle 18.30, più di trecento persone ad ascoltare, parlarsi, intervenire. La sensazione è quella di scrutare un orizzonte di possibilità appena aperto, i progetti a cui dar vita stanno appena formandosi, a cominciare dal recupero fisico del luogo. Qui si vuole condividere conoscenza facendo interagire le competenze delle diverse appartenenze professionali (teatro, video, design, comunicazione, ricerca universitaria, operatori del sociale e del no profit). Per questo si parla subito di mettere in comune i saperi e darli alla città, agli abitanti del quartiere, offrendo formazione, laboratori per i bambini, libera biblioteca, orto urbano, corsi di lingua… C’è anche un bando, aperto a tutti, senza data di scadenza, per proporre progetti, reso pubblico dal 1° aprile attraverso la rete nazionale di cui i Lavoratori dell’Arte fanno parte (il Teatro Valle Occupato di Roma, l’ex-Cinema Palazzo di Roma, il S.a.L.E di Venezia, l’Asilo della Conoscenza e della Creatività di Napoli, il Teatro Coppola di Catania, l’Arsenale e il Teatro Garibaldi Aperto di Palermo).
Si pensa ad agire cultura come occasione per ripensare le pratiche del vivere sociale: occupare un simbolo del fallimentare progetto edilizio del Centro Direzionale è un gesto che punta il dito sulla gestione degli spazi e degli investimenti pubblici, e lega le scelte in fatto di politiche culturali anche a quelle urbanistiche.
Qui accanto costruiscono ancora, gli affitti milanesi sono insostenibili, eppure questo non è l’unico edificio abbandonato al degrado. E’ urgente riallacciare i capitoli di spesa per progetti edilizi alle necessità reali del tessuto sociale, e la Torre Macao lo dimostra.
Per i lavoratori dell’arte e della conoscenza, la privazione dei luoghi d’azione equivale alla negazione del diritto di esserci, che fa il pari con la negazione del valore economico del proprio lavoro. Allora ‘cultura bene comune’ è, anche a Milano, entrare in un luogo chiuso dalle logiche della speculazione e del verticismo dirigenziale per aprirlo alla vita reale della città. Offrire la possibilità di immaginare quello che non c’è, altri modi dell’esistenza: è su questo piano che il lavoro del teatro può incontrarsi con chi progetta comunicazione, grafica, architettura, formazione, innovazione tecnologica e energie alternative, fino all’ambito giurisprudenziale del diritto del lavoro. Soprattutto, è il contributo più grande che gli artisti possono dare a chi non ha altri strumenti, oggi, per ripensare la vita mentre tiene duro per andare avanti nelle necessità quotidiane.
Anche oggi qualcuno si è ucciso, ho pensato sabato, all’improvviso, mentre guardavo chi come me aveva scelto di essere lì.
Siamo poi tornati anche ieri, domenica, con videocamera alla mano.
MACAO – Sabato 5 maggio 2012
MACAO – Domenica 6 maggio 2012