Tra le proposte di Teatro delle Moire per la 24^ edizione del festival milanese sempre ampio spazio alla danza e alla performing art
«Alla fin fine non amo la saggezza. Imita troppo la morte. Preferisco la follia – non quella che si subisce, ma quella con cui si danza».
Le parole dello scrittore francese Christian Bobin si adattano all’impronta eccentricamente metafisica di Danae, il festival milanese diretto da Alessandra De Santis e Attilio Nicoli Cristiani (Teatro delle Moire) la cui XXIV edizione si chiuderà il 6 novembre.
È una sorta di esorcismo contro il tempo fuggente “Loïe Fuller: Research”, prima esibizione da solista di Ola Maciejewska, che riprende le famose danze serpentine inventate dalla ballerina americana. Già lo scorso anno avevamo apprezzato il tributo alla storia come atto fondativo della performing art contemporanea in “Alcune coreografie” di Jacopo Jenna, sorta di enciclopedia tascabile della danza attinta da uno spazio-tempo dilatato.
Al teatro Out Off, Maciejewska inaugura Danae combinando la danza con il perimetro bianco su cui si muove, con scarpe sportive che introducono un senso di bizzarria, con gli effetti speciali dei tessuti, con luci e suoni che sono parte essenziale della creazione. L’abbrivo di questo dancing dress è una lentezza che ha più delle profondità meditative che della spettacolarità. Un drappo nero e un drappo giallo rotondi riempiono lo spazio vuoto. Maciejewska vi entra segretamente. Inaspettatamente, i drappi prendono il volo, creando volute come fiamme, come mare agitato, come turbine, oppure un’orchidea che si schiude rivelando una bellezza astratta. La danzatrice è bruco, crisalide, farfalla. La coreografia è scultura, visual art, traspirazione e fragore. Lunghi bastoni nascosti nei tessuti rendono monumentale una coreografia labirintica e sinestetica, che restituisce ai nostri anni un’icona leggendaria, nel perpetuo inattingibile avvicendarsi di vita, morte e rinascita.
Il focus sulla casa di Danae 2022 trova espressione in “Ashes”, affascinate rimbalzo di voci casalinghe ed esotiche curato da Muta Imago.
Riccardo Fazi crea e dirige una drammaturgia acustica che parte dalla preistoria e oltrepassa il presente arpionando un’era futura e arcana, in cui anche gli uomini si sono estinti. Voci, suoni, respiri. Dialoghi e solipsismi. Guaiti, soffi, ansimi, spasmi, che giungono da una natura domestica, oppure selvaggia e ancestrale. Animali estinti da milioni di anni, animali da casa e animali da cortile o da giardino. Strepiti fiondati da mille direzioni, e pare di avere davanti la tavolozza cromatica e sonora di un audiodramma. A modularlo, in una gamma infinita di sfumature, un cast prestigioso, con Marco Cavalcoli, Monica Piseddu, Ivan Graziano e Arianna Pozzoli.
Le musiche eseguite dal vivo da Lorenzo Tomio armonizzano o fanno stridere suoni, rumori ed elettronica, sfruttando le risorse offerte da microfoni e artifici vari, campionamenti e suoni ambientali. Sfogliare l’album dei ricordi di un metaverso magmatico e misterioso. Gli attori sgranano pezzi di storie alla rinfusa: feste, nascite, compleanni, capricci, malattie, morti, progetti, tenerezze. Memorie e dimenticanze. Sono i fotogrammi effimeri ed eterni di un pianeta-casa che si imprime nei recessi dello spettatore, stordito da un mix di sensazioni eterogenee. Ashes. Le ceneri dell’infinito sono percezione estetica multisensoriale. Il suono è ritmo. Le voci imprimono continui passaggi di immagini, che fatalmente incocciano momenti ed esperienze della nostra vita.
La bellezza del rapporto umano, e di una comunanza d’intenti che cambia aspetto senza cambiare natura, è il nucleo di “Forme dell’amicizia”, di e con Virgilio Sieni e Alessandro Certini. L’amicizia è territorio da abitare, superando diffidenze e barriere, per abbandonarsi a una gioiosa condivisione. «La molecola dell’amicizia è l’incontro, e l’amicizia è una filigrana di incontri con la stessa persona» argomentava Francesco Alberoni.
Consegnarsi alla relazione. Oltrepassare il primo sguardo. Indagare aspetti di un reale imperscrutabile. Trovarsi, perdersi, riprendersi. Mutare nella forma, per scoprirsi inalterati nella sostanza.
L’incontro tra Sieni e Certini avviene sul duplice binario concreto/astratto. Vediamo i due danzatori ora nella dimensione del qui e adesso, ora in uno spazio immaginato, popolato da molteplici controfigure aliene, tutte alter ego dei protagonisti.
Lo spazio del possibile si dispiega attraverso un video proiettato sullo sfondo (magistralmente curato da Federico Bucalossi) in cui le sagome degli attori in scena si duplicano come in uno specchio, perdendo la terza dimensione ma incrociando ulteriori versioni di sé. La dimensione teatrale e quella filmica si intersecano e confondono in un territorio onirico, contiguo con una poetica tra Pirandello e Michelangelo Antonioni, capace di rendere le molteplici sfaccettature della psicologia umana.
“Forme dell’amicizia” è una danza morbida, giocata sulla rotondità degli arti e delle mani aperte in volute buffe e armoniose, goffe e giocose. C’è la cura, e un sostegno reciproco che non è mai dipendenza. Affiora un senso di libertà, dove imitarsi o riconoscersi nella separazione sono volti della stessa euritmia.
L’amicizia si costruisce anche nella distanza e nell’individuazione. E anche noi spettatori ritorniamo al dialogo interiore, permeabili a nuovi equilibri e ridefinizioni.
Loïe Fuller: Research
ideazione e performance Ola Maciejewska
design dance construction Jolanta Maciejewska
organizzazione e amministrazione Caroline Redy
produzione So we might as well dance
commissionato da TENT Rotterdam/ NL
con il supporto di Zeebelt Theatre/ NL
grazie a Judith Schoneveld
Ashes
drammaturgia e regia Riccardo Fazi
con Marco Cavalcoli, Ivan Graziano, Monica Piseddu, Arianna Pozzoli
musiche originali eseguite dal vivo Lorenzo Tomio
occhio esterno Claudia Sorace
luci Maria Elena Fusacchia
amministrazione, organizzazione e produzione Grazia Sgueglia, Silvia Parlani, Valentina Bertolino
produzione esecutiva Index Muta Imago
con il supporto di MiC – Ministero della Cultura e il sostegno di Azienda Speciale Palaexpo Mattatoio Progetto Prender-si cura
Forme dell’amicizia
di e con Virgilio Sieni e Alessandro Certini
video di scena a cura di Federico Bucalossi
luci Vincenzo Alterini
sonorità Spartaco Cortesi
coproduzione Compagnia Virgilio Sieni – Company Blu
con il sostegno di MiC – Ministero della Cultura, Regione Toscana, Comune di Sesto Fiorentino