La nascita di un nuovo festival è sempre un evento coraggioso a cui guardare con speranza e positività. È il caso di Matrioska Festival, ideato e diretto da Mammut Teatro, realizzato con il sostegno della Regione Calabria e con il patrocinio del Comune di Lamezia Terme, dedicato al teatro contemporaneo. Per quattro giorni, dal 7 al 10 luglio, il festival ha coinvolto un pubblico eterogeneo fra spettacoli, incontri ed eventi collaterali per stimolare il tessuto culturale e civico della cittadina calabrese e ripartire dal teatro.
Una ripartenza legata ai luoghi, primo fra tutti il teatro Constabile di Sambiase – una delle tre anime che compongono la città di Lamezia Terme – chiuso da otto anni e riaperto proprio per Matrioska festival, grazie alla tenacia degli organizzatori. Un angolo di territorio tornato a colorarsi di vita e di parole.
«Il festival è un evento che parte dai luoghi – ci raccontano il direttore artistico Gianluca Vetromilo e il direttore organizzativo Armando Canzonieri – Un’avventura che abbiamo voluto fortemente per dare un segnale e per riportare il teatro fra la gente. Archiviata questa prima edizione, siamo consapevoli di aver piantato il primo seme, contribuendo a rendere questo territorio più fertile. Abbiamo cercato di portare spettacoli diversi tra loro per mostrare al pubblico la diversità del teatro, in cui ogni lavoro e ogni artista si distingue per codici narrativi, argomenti, linguaggi. Il nostro festival ambulante ha toccato diversi luoghi: partendo dal centro di Nicastro ci siamo spostati al mare, e dal mare siamo tornati a Nicastro, al Civico Trame, concludendo il viaggio al teatro Costabile, nel cuore del centro storico di Sambiase, un gioiello chiuso da troppi anni a cui abbiamo cercato di ridare un senso. A viaggiare insieme a noi c’è stata la mostra “Pick and Mix” di Valeria Weerasinghe, illustratrice italo-srilankese, che ha anche colorato il festival disegnando per noi la locandina. Insomma è stato un bel viaggio, e come ad ogni conclusione ci si sente sempre un po’ malinconici, stanchi ma fieri. Perché le persone hanno partecipato ed era questo il senso del nostro festival: accogliere nuovo pubblico, piantare un piccolo seme per migliorare la nostra città».
Così, per riannodare le fila fra narrazione e territorio, il Lido La Marinella ha accolto “Patres” di Saverio Tavano, con Dario Natale e Gianluca Vetromilo, prodotto da Scenari Visibili, nuova partecipata tappa per uno spettacolo che ha toccato molti luoghi e che, per la prima volta, è stato messo in scena su quel tratto di costa del lametino che lo ha ispirato.
Nel lavoro di Tavano l’orizzonte del mare diventa luogo e metafora di un’attesa, quella di un figlio cieco che attende in Calabria il ritorno del padre. La storia si interseca con una vicenda di cronaca che riguarda proprio il mar Tirreno: quella della Jolly Rosso, una delle navi dei veleni che agli inizi degli anni ‘90 si arenò lungo le spiagge adiacenti ad Amantea.
Il Civico Trame, luogo simbolo di cultura e legalità, ha accolto invece il debutto di “Pizzo, canti di denuncia”, progetto/spettacolo dell’attore, autore e regista Riccardo Lanzarone, un progetto artistico che si lega all’omonimo libro di Lanzarone, edito da Caracò Editore e in uscita nelle prossime settimane.
Accompagnato dalle sonorizzazioni dal vivo di Fabio Gesmondo, Lanzarone, partendo dalle parole di Libero Grassi, che per primo denunciò in Sicilia il racket, giunge fino alle centinaia di commercianti, imprenditori e lavoratori che dopo di lui hanno deciso di opporsi al malaffare e di denunciare i propri estorsori chiudendo le porte al business del racket.
Il teatro Constabile ha invece accolto “Il rasoio di Occam”. Arriva dallo Stretto il lavoro portato in scena dalla compagnia Clan degli Attori, un testo di Giusi Arimatea e Giovanni Maria Currò, anche regista, con Mauro Failla, Tino Calabrò e Alessio Bonaffini. Una “piccola” storia di tre uomini di provincia, tra isolamento e spaesamento, che si interseca con quella più grande del 9 maggio del 1978, giorno del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro. E la teoria del rasoio di Occam, principio metodologico enunciato dal monaco inglese Guglielmo di Occam, sembra essere la spiegazione più semplice a ciò che capita ai tre protagonisti di questa storia ai margini.
Sempre il palco del Costabile ha accolto, in chiusura di festival, Roberto Latini, che ha portato in scena per la prima volta in Calabria il suo “Amleto + Die Fortinbrasmaschine”. La riscrittura di una riscrittura: “Amleto + Die Fortinbrasmaschine” parte dal lavoro composto da Heiner Müller e liberamente ispirata all’Amleto di Shakespeare per costruire un caleidoscopio di immagini e suoni straordinario.
Sulla scena un susseguirsi di immagini iconiche, maschere amletiche che si confrontano col corpo e la voce dell’attore: immagini enfatizzate, avvolte e accompagnate dalle musiche di Gianluca Misiti e dalle luci di Max Mugnai.