“C’è una croce molto alta. Appoggiata alla croce, una scala, e Gesù che sale. Tutto questo sta a sottolineare la libertà con cui Gesù Cristo è salito sulla croce. Non è stato schiacciato dal destino, non è stata una triste fatalità, non è stato il potere delle tenebre che ha ordito la tragedia: è stata una scelta liberissima di Gesù Cristo”. Recita così il commento di un frate al dipinto “Cristo sale sulla croce” del 1325.
E se un giorno, tra un’Ave Maria e un Padre Nostro recitati davanti ad una delle tante icone che l’arte sacra impone sin dal IV secolo, quel Cristo scendesse dalla croce e avanzasse con tranquillità verso di noi?
Superato lo spavento iniziale, probabilmente saremmo spinti dalla curiosità di conoscerlo e porgli domande, un po’ come se incontrassimo un personaggio famoso del grande schermo. Spesso però il bel divo delude ogni nostra aspettativa, facendo dei propri “altarini” privati debolezze di cui andar fiero, e alla fine sarebbe meglio limitarsi a conoscerne solo l’aspetto.
Qualcosa di simile è ciò che accade alla fedelissima donnina ‘casa-e-chiesa’ protagonista della storia portata in scena dal giovane ma già affermato gruppo barese Fibre Parallele, selezionato al Premio Scenario 2007.
La differenza è che il personaggio famoso in questione non è uno qualsiasi, ma Gesù Cristo, a tutti noto per bontà e generosità.
“Mangiami l’anima e poi sputala” è così il grido disperato della devota davanti alla croce, durante uno dei suoi soliloqui di redenzione dai peccati (non) commessi. Ma forse mai si sarebbe aspettata che Lui l’avrebbe fatto per davvero.
Così il soliloquio diventa un inaspettato dialogo, rivelatore di un Cristo dall’accento slavo, “extracomunitario del sentimento”, carnale e maschilista, terreno, umano… forse troppo. E’ proprio questa troppa umanità a spiazzare la donna, che in un crescendo di ardore misto a rabbia, passerà dalla più umile sottomissione al più terribile istinto omicida.
Ispirato all’omonimo romanzo di Giovanna Furio, lo spettacolo offre un’intelligente riflessione sulle forme deviate e devianti della spiritualità, e riesce a trattare con tragica ironia un tema molto caro al nostro Bel Paese: la fragilità delle persone che, disperate, cercano conforto nella fede. Per averne prova basterebbe sintonizzarsi per pochi minuti su Radio Maria, le cui frequenze invadono anche la casa della donna che il Cristo-uomo ha scelto come “promessa sposa”.
Una parodia al limite del kitsch, tra un grande cuore al neon rosso, un sexy Cristo insegnante di aerobica amante dei ritmi da disco, ed un finale splatter degno di Tarantino.
Bella coppia e bravi attori, a modo loro vogliono “parlarci d’amore”, come afferma lo stesso Spagnulo in un breve incontro post-spettacolo. Certo un amore malato, castrato, che finisce in tragedia. Ma, come Shakespeare insegna, amore e morte camminano spesso insieme. “Ad ognuno la sua croce”, insomma. E sostenerla con dignità è forse più saggio che provare a liberarsene per tutta la vita.
MANGIAMI L’ANIMA E POI SPUTALA
di e con Licia Lanera e Riccardo Spagnulo
assistente alla regia: Maria Elena Germinario
luci: Carlo Quartararo
scene: Gianluigi Carbonara
oggetti di scena: Nunzia Guacci
collaborazione tecnica: Frank Lamacchia
grafica: Alessandra di Ridolfo
si ringrazia per la collaborazione Fabrica#Famae e lo Spazio O.F.F. di Trani
durata: 65’
applausi del pubblico: 1’ 47’’
Visto a Venezia, Teatro Fondamenta Nuove, il 22 aprile 2010
lo sapevo che avresti risposto.
commozione doppia.
ric
Scrive Licia: “Se io la mattina non mi attaccassi al telefono a fare distribuzione (come quasi tutti i nostri colleghi fanno) e non mi facessi un culo in ufficio, non andremmo molto lontano).”
Sono uno di quei colleghi! Mi ci ritrovo! Che commozione!
Caro Marco Rotondi (bluff di un nome ben noto), rispetto il tuo giudizio sul nostro spettacolo. Mangiami l’anima è stato il nostro primo lavoro e lo guardiamo con affetto e con la consapevolezza di chi ha fatto un lavoro travolgente, ma anche pieno di ingenuità. e se non ci fosse stato questo primo passaggio sulla lingua alla Vanzina, come lo chiami tu, non saremmo arrivati dopo tre anni a fare il faticoso e rigoroso lavoro linguistico di furie de sanghe. Cmq questo importa poco.
Permettimi però di dire due parole sulle tue insinuazioni che non centrano con l’arte.
Se tu seguissi il nostro curriculum da vicino, vedresti che gli spettacoli, a parte l’ultimo, ce li siamo prodotti sempre da soli, che nessuna struttura ci ha mai sostenuto, nè distribuito se non noi stessi. (Se io la mattina non mi attaccassi al telefono a fare distribuzione (come quasi tutti i nostri colleghi fanno)e non mi facessi un culo in ufficio, non andremmo molto lontano).
Che a Scenario non siamo arrivati manco in finale e che non abbiamo mai vinto nessun premio, a parte il sostegno di nuove creatività.
Inoltre non abbiamo la protezione di nessun critico o potente.
In più viviamo in una terra disgraziata, dove non esiste rete e dove si è fuori dal mondo teatrale, che si svolge per l’80% al nord.
Se giriamo tanto e perchè sul campo abbiamo conquistato operatori e critici.
Ti esorto ad informarti su quante date facciamo in Puglia per capire che tutto sto pompamento di cui parli esiste solo nella tua testa.
Io e Ric abbiamo fatto tre spettacoli in questi tre anni, tutti e tre diversi tra loro e, al di là della loro bellezza o meno, portano di sicuro i segni di una crescita, di un’evoluzione e di un lavoro costante.
E questo investimento quotidiano ci porta lavoro e riconoscenza da parte di chi ci viene a vedere o di chi ci invita nei loro teatri.
Nessuno ci reputa fenomeni,purtroppo, forse solo tu ci appelli a questa maniera. Ben altri sono i fenomeni.
Altri ne arriveranno dopo di noi, ne sono certa, e forse pure meglio di noi, ma non credo che noi spariremo, perchè stiamo lavorando con lentezza e costanza. Abbiamo deciso anche di stare fuori da questo terribile giro di iper produttività che molti giovani sono costretti a fare per campare, a nostro rischio e pericolo.
Dici il vero, il criterio primario deve farlo la scena, e a noi lo ha fatto: ed eccoci qua.
Ti lascio dicendoti che credo che citando Pasolini in cattività non si arriva molto lontano…
Buona fortuna.
Licia
assolutamente sopravvalutati! un bel pourporì di luoghi comuni sul sud che fanno un baffo a Emma dante. un uso del dialetto che mi ricorda i Vanzina. bravi si ma sai quanti ce ne stanno in giro per l’Italia. questa è la dimostrazione che spesso il successo di determinati gruppi è relativo non alla qualità ma dal sostegno che questi ricevono che spesso va al di la della meritocrazia della scena. La Puglia poi fa un ottimo lavoro in tal senso e su questo non posso che fare chapeau. io li ho visti al Palladium: mi sono divertito ma di qua a presentarli ( come vengono) come i nuovi fenomeni del sud ce ne passa. questa cosa mi fa incazzare. Non sbugiardo i loro meriti perchè ne hanno e parecchi, sbugiardo il sistema che ancora una volta tende a far passare quello o quell’altro gruppo come nuovo fenomeno. Bestie da stile direbbe Pasolini. il tempo dirà il resto: perchè questi gruppi come altri dovrebbero pensare a consolidarsi negli anni e non vivere di goliardiche presentazioni che li fanno giovani per i prossimi 10\15 anni: arriveranno altri pugliesi, calabresi, siciliani, sardi e campani e questi diventeranno i nuovi giovani mentre gli altri saranno troppo giovani per essere vecchi o troppi vecchi per restare giovani. KLP fa un buon lavoro nel monitorare ad ampio raggio e potrebbe essere determinante in certe considerazioni. ma il criterio primario deve farlo la scena.