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Mangiami l’anima e poi sputala. Il Cristo di Fibre Parallele scende dalla croce

Fibre Parallele
Fibre Parallele
Licia Lanera e Riccardo Spagnulo (photo: fibreparallele.it)

“C’è una croce molto alta. Appoggiata alla croce, una scala, e Gesù che sale. Tutto questo sta a sottolineare la libertà con cui Gesù Cristo è salito sulla croce. Non è stato schiacciato dal destino, non è stata una triste fatalità, non è stato il potere delle tenebre che ha ordito la tragedia: è stata una scelta liberissima di Gesù Cristo”. Recita così il commento di un frate al dipinto “Cristo sale sulla croce” del 1325.

E se un giorno, tra un’Ave Maria e un Padre Nostro recitati davanti ad una delle tante icone che l’arte sacra impone sin dal IV secolo, quel Cristo scendesse dalla croce e avanzasse con tranquillità verso di noi?

Superato lo spavento iniziale, probabilmente saremmo spinti dalla curiosità di conoscerlo e porgli domande, un po’ come se incontrassimo un personaggio famoso del grande schermo. Spesso però il bel divo delude ogni nostra aspettativa, facendo dei propri “altarini” privati debolezze di cui andar fiero, e alla fine sarebbe meglio limitarsi a conoscerne solo l’aspetto.

Qualcosa di simile è ciò che accade alla fedelissima donnina ‘casa-e-chiesa’ protagonista della storia portata in scena dal giovane ma già affermato gruppo barese Fibre Parallele, selezionato al Premio Scenario 2007.
La differenza è che il personaggio famoso in questione non è uno qualsiasi, ma Gesù Cristo, a tutti noto per bontà e generosità.
“Mangiami l’anima e poi sputala” è così il grido disperato della devota davanti alla croce, durante uno dei suoi soliloqui di redenzione dai peccati (non) commessi. Ma forse mai si sarebbe aspettata che Lui l’avrebbe fatto per davvero.
Così il soliloquio diventa un inaspettato dialogo, rivelatore di un Cristo dall’accento slavo, “extracomunitario del sentimento”, carnale e maschilista, terreno, umano… forse troppo. E’ proprio questa troppa umanità a spiazzare la donna, che in un crescendo di ardore misto a rabbia, passerà dalla più umile sottomissione al più terribile istinto omicida.

Ispirato all’omonimo romanzo di Giovanna Furio, lo spettacolo offre un’intelligente riflessione sulle forme deviate e devianti della spiritualità, e riesce a trattare con tragica ironia un tema molto caro al nostro Bel Paese: la fragilità delle persone che, disperate, cercano conforto nella fede. Per averne prova basterebbe sintonizzarsi per pochi minuti su Radio Maria, le cui frequenze invadono anche la casa della donna che il Cristo-uomo ha scelto come “promessa sposa”.
Una parodia al limite del kitsch, tra un grande cuore al neon rosso, un sexy Cristo insegnante di aerobica amante dei ritmi da disco, ed un finale splatter degno di Tarantino.

Bella coppia e bravi attori,  a modo loro vogliono “parlarci d’amore”, come afferma lo stesso Spagnulo in un breve incontro post-spettacolo. Certo un amore malato, castrato, che finisce in tragedia. Ma, come Shakespeare insegna, amore e morte camminano spesso insieme. “Ad ognuno la sua croce”, insomma. E sostenerla con dignità è forse più saggio che provare a liberarsene per tutta la vita.

MANGIAMI L’ANIMA E POI SPUTALA
di e con Licia Lanera e Riccardo Spagnulo
assistente alla regia: Maria Elena Germinario
luci: Carlo Quartararo
scene: Gianluigi Carbonara
oggetti di scena: Nunzia Guacci
collaborazione tecnica: Frank Lamacchia
grafica: Alessandra di Ridolfo
si ringrazia per la collaborazione Fabrica#Famae e lo Spazio O.F.F. di Trani
durata: 65’
applausi del pubblico: 1’ 47’’

Visto a Venezia, Teatro Fondamenta Nuove, il 22 aprile 2010

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