Mara Baronti ci racconta la sua India: uno spettacolo al femminile

Mara Baronti

Abbiamo incontrato Mara Baronti a Milano, nel periodo delle repliche di “India” al teatro Leonardo

Mara Baronti
Mara Baronti (photo: teatrodiroma.net)

Teogonia del pantheon indiano e semi di riflessione per il mondo occidentale: l’India del duo Baronti-Santagata si sviluppa fra storie di divinità e metamorfosi, su un tappeto di suoni e luci dal vivo.

Alfonso Santagata, regista della compagnia Katzenmacher, accetta il richiamo delle suggestioni asiatiche di Mara Baronti, affiancandola perché “la riporti con i piedi per terra”, come dichiara lei stessa nell’intervista che proponiamo oggi. Autrice del testo e protagonista della narrazione, lo ha voluto perché intrecciasse la fabula al raffinato lavoro simbolico cui danno vita Cristina Alioto e Patrizia Belardi, musiciste e ricercatrici attive nel campo della semantica gestuale e ritmica che arriva da quell’importante parte del mondo.

Come fa da inizio anni ’80 (e di recente con “Labirinti” per la regia di Valerio Binasco, altro spettacolo ispirato alla leggenda di Minosse, Arianna e Teseo), da quando ha lasciato il teatro tradizionale, la Baronti si lega ai risvolti più significativi della tradizione orale, a miti e favole: mondi da raccontare con la voce, e solo in apparenza riservati ai bambini. Nella poetica dell’artista, infatti, la mitologia suggerisce, racconta fatti che interessano intimamente l’uomo e la sua essenza. Probabilmente, migliaia di anni fa, Occidente ed Oriente erano molto più vicini di ora nel sentimento verso l’assoluto. Un’involuzione, quella umana, che la Baronti spiega in parte con l’arrivo dei monoteismi.
Legata personalmente alle mille declinazioni, nelle diverse culture, della figura della donna-madre, la sua ricerca da decenni si va concentrando sul culto della dea femminile, sul legame filiale verso la madre e sulla condivisione assoluta che in esso può trovarsi: la tendenza a ridurre l’ego, a fondersi col tutto, a sentirsi una minima parte dell’universo.

Anche “India” è uno spettacolo al femminile: tre donne in scena e un uomo fuori scena. Sul palcoscenico si muovono, giostrate dalle musiciste-performer, le accattivanti riflessioni di Beatrice Meoni, artista visiva e scenografa che ha ideato i pannelli mobili e riflettenti, che propagano luci e messaggi all’esterno. Alfonso Santagata si è occupato di legare tutte le parti: un fuori campo, quello del regista, strappato dalla Baronti in nome del vecchio legame dei tempi in cui entrambi lavoravano con Carlo Cecchi a fine anni ’70 (“Il borghese gentiluomo” e “Don Giovanni”).

Abbiamo incontrato Mara Baronti a Milano, nel periodo delle repliche al teatro Leonardo, rimanendo colpiti dall’affabilità e dalla serenità umana. Vi lasciamo al suo racconto sulla genesi della creazione artistica, che assai simile dev’essere stata a quella con cui gli dei (anche quelli indiani, probabilmente) decisero di creare la vita sulla terra.

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