La tragedia di Schiller sul rapporto tra femminilità e potere diventa un gioco di ruoli che può cambiare ogni sera
E’ una prima teatrale sui generis quella che Davide Livermore costruisce per il debutto di “Maria Stuarda”, al teatro Ivo Chiesa di Genova, coprodotto dal Teatro Nazionale di Genova.
Lo spettacolo travalica il boccascena per iniziare all’ingresso della storica sala genovese, dove viene allestito un vero e proprio red carpet con fotografi pronti a immortalare il passaggio del pubblico, tra cui numerose autorità e diversi volti noti dello spettacolo, accanto ad un suonatore di cornamusa in kilt, luci colorate, grafiche della rappresentazione.
E’ come se si fosse all’ingresso del palazzo, o meglio dei palazzi, all’interno dei quali prende vita il dramma schilleriano scritto a fine ‘700.
Gli spettatori diventano le eleganti comparse che compongono quel contorno glamour che vedrà il suo “specchio” nel levarsi del rosso sipario di velluto. Il gioco, il rito del teatro, si compie in un unico abbraccio che rende collegate platea e palco.
Ad accompagnarci nel lungo racconto dello scontro fra le due regine per la corona britannica, messo in scena quasi integralmente e tradotto da Carlo Sciaccaluga, la voce di Giua.
E’ lei, armata di chitarra elettrica e truccata alla David Bowie, il cantastorie medievale, un narratore cantante che non ci abbandonerà mai, sempre in scena o ai margini del proscenio a eseguire la colonna sonora.
La trama – siamo nella seconda metà del Cinquecento – racconta degli ultimi giorni di vita della regina di Scozia, la cattolica Maria Stuarda. A lei è contestata infatti l’uccisione del consorte, Darnley, e per questo viene fatta prigioniera nell’Inghilterra protestante di Elisabetta I, sua cugina.
La reale motivazione di una carcerazione durata anni risiede però nelle mire al trono, che preoccupano la potente parente, molto esitante sul da farsi: condannarla a morte o graziarla?
L’allestimento scenico di Lorenzo Russo Rainaldi ci restituisce la cifra stilistica che Livermore ha abbracciato a partire da “Grounded” in poi e che connota i suoi lavori.
La scenografia intrappola gli interpreti in un contesto opprimente e definito. Un ambiente piuttosto spoglio delimitato da una imponente scalinata scura, di legno, a comporre un arco sul perimetro dello spazio. Una prigione che ricorda la gabbia di un piccolo roditore. I personaggi possono salire, scendere, sparire temporaneamente in quinta ma non possono uscirne in alcun modo se non dalla platea, cosa che fanno spesso, a sottolineare ancora una volta l’uguaglianza tra i due ambienti. I diversi livelli di altezza sui quali gli attori possono “abitare” amplificano il gioco del potere, che è l’ago della bilancia sullo sfondo di tutto lo spettacolo.
Ed è ancora con un gioco che si apre la rappresentazione. Un angelo bianco, sul punto più alto della scalinata, getta una piuma. Al di sotto, due letti sono posizionati simmetricamente. Sono i giacigli delle due regine che, calve e ancora prive di abito, attendono la loro sorte. A seconda di dove si poserà la piuma, saranno definiti i ruoli. Nulla di finto, è stato così anche durante le prove, ci raccontano gli addetti ai lavori. Le due protagoniste non sanno che ruolo andranno ad interpretare fino a quel fatidico momento. Così la sorte ha voluto che, per la Grande Première, toccasse a Laura Marinoni vestire i panni di Maria Stuarda, mentre ad Elisabetta Pozzi quelli di Elisabetta.
Due signore del teatro che danno sfoggio di tutta la loro straordinaria abilità. Un duello a colpi di parole che le rende insostituibili pilastri a sostegno di tutto, seppur i momenti di reale incontro sulla scena siano volutamente rari e intensi.
L’incredibile interpretazione della Pozzi ci restituisce una figura che appartiene più al maschile che al femminile, un Nosferatu diabolico pieno di dubbi ed esitazioni, pronto a scaricare il barile della gravosa scelta sanguinaria (la decapitazione finale di Maria Stuarda) sui suoi collaboratori.
A lei si alterna l’assoluta femminilità con cui la Marinoni incarna Maria Stuarda. L’indiscutibile colpevolezza lascia spazio ad una donna che, a poco a poco, accetta il suo tragico destino e, nel farlo, viene scagionata da chi osserva.
Gli altri interpreti, cinque in totale, sono gli stessi attori che avevano già lavorato insieme a Livermore nell’”Orestea” e che diventano preziosi puntelli a sostegno delle protagoniste. Quasi tutti danno vita a più di un personaggio (che così dagli iniziali 25 diventano 7) e alle attrici, più convincenti, viene attribuito dalla regia il non facile e non sempre riuscito compito di incarnare i ruoli maschili.
La collaborazione con gli stilisti Dolce & Gabbana impreziosisce gli abiti delle due regine, che indossano capi pensati per l’opera, e contribuisce ad avvicinare i due generi teatrali, una delle finalità più importanti del lavoro del direttore artistico.
Entrambe sono vestite a manica lunga ma con differenze sostanziali. Per Maria Stuarda il gioco di drappeggi e tagli asimmetrici esalta e allunga la figura femminile, mentre Elisabetta indossa un capo caratterizzato da una linea leggermente svasata sul fondo, con un drammatico e profondo scollo sul retro. Su questo abito si aggiungono due diverse marsine con bottoni, gioielli e la gorgiera in pizzo che esalta il volto. Le parrucche, bianche per entrambe ma diverse nella forma, avvicinano invece i due personaggi caricandoli di maturità.
Le quasi tre ore di spettacolo passano veloci grazie ad una messa in scena molto fluida, a un linguaggio alto ma moderno, ad un plot datato secoli fa ma particolarmente attuale e per questo coinvolgente.
Lo spettacolo inizierà la sua tournée dall’11 al 15 gennaio al Teatro Sociale di Brescia, che lo coproduce.
MARIA STUARDA
di Friedrich Schiller
regia Davide Livermore
costumi regine Dolce & Gabbana
costumi Anna Missaglia
allestimento scenico Lorenzo Russo Rainaldi
musiche Mario Conte, Giua
direzione musicale Mario Conte
disegno luci Aldo Mantovani
regista assistente Mercedes Martini
traduzione Carlo Sciaccaluga
Laura Marinoni Elisabetta Pozzi
Maria Stuarda, Elisabetta Elisabetta, Maria Stuarda
in ordine alfabetico:
Gaia Aprea
Anna Kennedy nutrice di Maria / George Talbot conte di Shrewsbury / un ufficiale
Giancarlo Judica Cordiglia
William Cecil barone di Burleigh / Melvil, maggiordomo di Maria
Linda Gennari
Mortimer nipote di Paulet / Angelo del destino / il Paggio servitore di Elisabetta
Olivia Manescalchi
Cavaliere Paulet custode di Maria / Conte di Aubespine ambasciatore di Francia /
William Davison segretario di stato
Sax Nicosia
Robert Dudley conte di Leicester
Giua chitarra e voce
direttore di scena Michele Borghini | capo macchinista Marco Fieni
macchinista Mattia Galeazzi | elettricista Toni Martignetti | fonici Edoardo Ambrosio, Luca Nasciuti
attrezzista Desirée Tesoro | sarte Cristina Bandini, Viviana Bartolini
costumi realizzati da D’Inzillo Sweet Mode srl | ideazione trucco e parrucco Bruna Calvaresi parrucchiere e truccatrici Barbara Petrolati, Elena Greco
ufficio produzione Nadia Fauzia | ufficio allestimenti Bruno Brighetti
fotografie di scena Alberto Terrile
produzione Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, CTB Centro Teatrale Bresciano
Durata 2h 50′
Applausi del pubblico: 4′ 27”
Visto a Genova, Teatro Ivo Chiesa, il 18 ottobre 2022