Marthaler, quel Leone d’oro che alla Biennale racconta la decadenza

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Christoph Marthaler riceverà domani il Leone d'Oro alla Carriera|Das Weisse vom Ei / Une île flottante
Christoph Marthaler riceverà domani il Leone d'Oro alla Carriera
Christoph Marthaler riceverà domani il Leone d’Oro alla Carriera

Grandi “Maestri d’artificio” per la 43^ edizione della Biennale Teatro, che ha preso il via a Venezia giovedì e proseguirà fino al 9 agosto: Ostermeier, Marthaler, Agrupación Señor Serrano, Murgia, Castellucci, Latella, Jatahy, Koršunovas, Lauwers, Pasqual, Rau, La Zaranda, Richter, Ravenhill, Reza, Rambert, Faura &Glaenzel.
Ma anche Collettivo Cinetico, Helen Cerina, Anagoor, Babilonia Teatri, in scena all’ora di pranzo al Teatro Fondamenta Nuove per la sezione Young Italian Brunch.

Il direttore artistico Àlex Rigola chiude così il suo ultimo mandato, fondendo insieme, negli 11 giorni di programmazione, Festival e College, identità performativa e laboratoriale della Biennale.
Unica e bella occasione per il Veneto e per coloro che difficilmente riescono a raggiungere i tanti festival estivi che si avvicendano lungo la penisola.
I biglietti, infatti, in particolare per gli spettacoli serali, sono andati a ruba e i ritardatari potevano contare solo su qualche defezione dell’ultimo momento.

Grande attesa e cuoriosità si è destata fin da subito per l’ouverture di questa edizione, affidata al regista svizzero Christoph Marthaler, che domani, lunedì 3 agosto, riceverà il Leone d’Oro alla carriera per il suo linguaggio personale, il lavoro musicale ma anche il senso dell’umorismo, la creazione di spazi scenici unici, la capacità di porre davanti ad uno specchio i dolori della società europea.

E sono le miserie, le pochezze, l’apatia di quella borghesia oggi allargata, ad essere ritratte in “Das Weisse vom Ei / Une île flottante” (letteralmente “Il bianco dell’uovo” e “Un’isola galleggiante”, ma dove il riferimento va certo anche al tipico e invitante dolce francese a base di morbida meringa), sottile lettura che trae ispirazione dalle commedie di fine ottocento di Eugéne Marin Labiche.
Non è un caso che il titolo metaforico sia duplice e in doppia lingua: le due famiglie protagoniste della mise en scène sono l’una tedesca e l’altra francese. Le loro lingue e il loro linguaggio, come le rispettive differenti vite, si con-fondono in un unico specchio sociale.
La trama è piuttosto semplice: due giovani innamorati, Emmeline e Frédéric, vogliono sposarsi, e le rispettive famiglie, i Ratinois e i Malingear, si conoscono in vista delle nozze. Niente di nuovo, insomma, per una vicenda quasi banale e assai sfruttata dai commediografi nel corso dei secoli.

La personale lettura di Marthaler si apre con il sipario chiuso e un serratissimo prologo di qualche minuto, in cui i protagonisti svelano subito sé stessi.
All’apertura del sipario il tempo e il ritmo rallentano e si dilatano in modo spasmodico. I dialoghi centellinano parole e minuti. Frasi e nomi vengono ripetuti in loop o restano irrisolti.

L’ambientazione è fatalmente predisposta dalla geniale Anna Viebrock. In prospettiva centrale, ecco l’interno di un “salotto” – casa di entrambe le famiglie – dalle sembianze lussuose, apparentemente raffinato e dettagliato; il suono di una campana accompagna la sequenza delle scene, che si svolgono senza soluzione di continuità. Tra sedie, poltroncine, scrivanie, animaletti impagliati, quadri/ritratto e un’arpa si apre una grande finestra/pertugio: ma non sono i protagonisti di questa pièce a guardare fuori. Di lato un’altra stanza, ricca di porcellane ormai buone solo per la polvere.

Marthaler è riconosciuto come un maestro del ‘coup de théâtre’ ma, almeno in questo lavoro, le svolte non sono “spettacolari”, enfatizzate in modo tale da sbalordire, piuttosto sono sorde e sottili, o tramano fra i diversi e svianti momenti comico-farseschi. Non sono da ricercare nella caratterizzazione del personaggio o nello sviluppo della trama, che procedono entrambi in modo lineare.
Dopo la prima mezz’ora il gioco è dichiarato, scoperto, niente di nuovo accade.
La svolta è in quel che c’è e non si “muove”, è nel tessuto drammaturgico, sonoro e visivo. Una cucitura doppia, che unisce i tessuti prima sul dritto del lavoro e poi sul rovescio, lasciando un risultato esteticamente netto da entrambi i lati.

Das Weisse vom Ei / Une île flottante
Das Weisse vom Ei / Une île flottante

Le lingue dei Malingear e dei Ratinois sono diverse, forse le due famiglie non si comprendono neppure tra loro, ma le pre-occupazioni sono le medesime: restar seduti sulle proprie poltroncine ormai usurate (che infatti i futuri sposi sfonderanno all’improvviso), esibire false ambizioni artistiche (un’arpa che nessuno sa veramente suonare, un dipinto che nessuno sa disegnare), decantare sentimenti romantici od occultare una inesorabile decadenza. La campana rintocca e tutto decade, come un rubinetto che spande acqua insistentemente.
Tra il dire e il fare regna una noia abituale che mangia tutto ciò che trova, e può trarre in inganno anche lo stesso spettatore. Ma è la noia della permanenza, del sostare, del buffone di corte.

“Das Weisse vom Ei / Une île flottante” è un’abile satira dalla genialità sottile, l’eco del grande Io, lo specchio della società civile e politica della nostra bella Europa: eccolo davanti ai nostri occhi il bianco dell’uovo con cui si può preparare una bella meringa, di gran effetto ma di poco sapore. L’isola galleggiante destinata, prima o poi, alla deriva…

Das Weisse vom Ei / Une île flottante
regia: Christoph Marthaler
scene e costumi: Anna Viebrock
drammaturgia: Malte Ubenauf
assistente alla regia: Gerhard Alt
con: Marc Bodnar, Carina Braunschmidt, Charlotte Clamens, Raphael Clamer, Catriona Guggenbühl, Ueli Jäggi, Graham F. Valentine, Nikola Weisse

durata: 2h 15′
applausi del pubblico: 3′ 10”

Visto a Venezia, Arsenale, Teatro alle Tese, il 30 luglio 2015
Prima nazionale

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