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La città ha fondamenta sopra un misfatto. Morale pubblica e privata nella Medea di Giuliana Musso

Giuliana Musso
Giuliana Musso

C’era una volta un tempo in cui la società era basata sulle donne, vigeva un sistema matrilineare (attenzione, non matriarcale!) e non esisteva la sottomissione dei sessi.
Non è una favola femminista, ma una realtà storica: prima del 4500 a.C. circa il mondo conosciuto non spargeva né riceveva violenza e venerava il culto della Grande Dea: un Dio donna, quasi un’eresia per i successivi tempi cristiani.

E’ in questo contesto, tra mito e realtà storica, che Giuliana Musso offre la sua rilettura di Medea, passando trasversalmente per lo sguardo di Christa Wolf, autrice di “Medea Voci”, che ripropone questa mitologica donna da un altro punto di vista, quello femminile.

La Medea che tutti conosciamo, violenta, irrazionale e figlicida arrivata a noi per mano di Euripide, è qui capovolta: forte e sapiente, figlia del “culto della madre”, auspica la parità dei generi e vede nel potere non un senso di dominio ma di responsabilità. E nel disperato bisogno di verità “che nessuno vuol sapere” scoprirà che “la città ha fondamenta sopra un misfatto”, e chi rivelerà questo segreto sarà perduto.
La verità del misfatto, cioè l’uccisione di Ifinoe per sacrificio allo Stato, diviene metafora di tutti i crimini compiuti e che ancora si compiono (e di cui rimaniamo all’oscuro) nelle città in cui oggi viviamo. Ecco quindi il mito assumere una valenza del tutto contemporanea.

Un’apertura determinata e degna di Medea, quella della nuova stagione del Teatro di Ca’ Foscari, piccolo spazio universitario di Venezia che “in una terra di vincitori e vinti” è uscito trionfante dalla sfida – lanciata da Carmelo Alberti, delegato del teatro e Donatella Ventimiglia, responsabile delle attività di spettacolo – di farlo diventare un luogo conosciuto e frequentato da vecchie e nuove generazioni.

Al suo primo studio, “La città ha fondamenta sopra un misfatto” è presentato sottoforma di lettura scenica a quattro voci (oltre alla Musso, Nicoletta Oscuro, Fabiano Fantini e Massimo Somaglino) accompagnate dalle suggestive percussioni di Hugo Samek.
Tranne la durata, un po’eccessiva per una forma di spettacolo comunque statica, basata su voci e suoni con copioni alla mano, il progetto della Musso è interessante e coraggioso: destabilizza infatti un pubblico addestrato, sin dalle scuole medie, a giudicare Medea una terribile megera che uccide i suoi figli per vendicarsi dell’infedele Giasone.

Le quattro voci, che interpretano sette personaggi, sono incisive – tra tutte trionfa quella di Nicoletta Oscuro – a tal punto che la scena, inesistente sul palco, si costruisce man mano nell’immaginario dello spettatore, mentre gli attori sono seduti su bassi sgabelli e, con gesti e canti, rafforzano le già dure parole del testo.
Alla domanda: “Cosa lasciamo ai nostri figli?”, nonostante i 4000 e più anni di distanza che ci separano da questa eroina, probabilmente ogni singola donna seduta in platea, madre o meno, avrà avvertito un senso di preoccupazione partire dallo stomaco ed espandersi. Assurdo pensare che la nostra società, che si decanta così evoluta, vanitosa di cultura e di moda, abbia in sé ancora tanta violenza e dolore da appiattire secoli e secoli di storia, mantenendo un antico racconto tristemente contemporaneo.

Se è vero che, come nota la Musso basandosi anche su ricerche di Riane Eisler e scoperte dell’archeologa Maria Gimbutas, la cultura patriarcale dominante e la manipolazione della verità per scopi politici hanno avuto origine quattro millenni anni prima della nostra era, non possiamo non ammettere che il mondo in cui oggi viviamo non ne sia diretto discendente e che l’evoluzione delle nostre leggi morali è stata così minima da risultare davvero impercettibile. E’ questo il dato sconfortante su cui lo spettacolo vuol far riflettere, mettendo in discussione chi governa e stabilisce i dettami della nostra “democratica” società.

L’artista continuerà ad affrontare l’argomento anche attraverso il nuovo progetto Teatro d’Indagine, un laboratorio di narrazione che rifletterà sulla base militare statunitense “Dal Molin”, conducendo i partecipanti a interrogarsi sui sistemi di relazione economici, politici e militari nello scenario mondiale. Il laboratorio partirà a novembre e durerà fino a maggio 2011, concludendosi con una traduzione in forma di scrittura teatrale dei materiali di ricerca emersi.

La città ha fondamenta sopra un misfatto. Primo studio
letture e riflessioni da Medea Voci di Christa Wolf, Il calice e la spada di Riane Eisler
un progetto di Giuliana Musso
con la collaborazione di Nicoletta Oscuro
con Giuliana Musso, Nicoletta Oscuro, Fabiano Fantini, Massimo Somaglino e Hugo Samek (percussioni)
durata: 2h
applausi del pubblico: 3’ 12’’

Visto a Venezia, Teatro di Ca’ Foscari, il 22 ottobre 2010

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