Il menu della poesia. All’Elfo per un… panino alla cultura

I protagonisti dei Menu della poesia
I protagonisti dei Menu della poesia

“Non di solo pane vive l’uomo”, affermava la Bibbia. “Con la cultura non si mangia”, replicava millenni dopo un ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.
Guidati da Marco Bonadei, dieci attori teatrali provano a conciliare il diavolo e l’acqua santa, abbinando cibo e cultura con cene a tema a base di versi.
Il menu della poesia”, fino al prossimo 15 luglio al Bistrōlinda del Teatro Elfo Puccini di Milano, nutre stomaco e cervello, provando ad armonizzare gusti e orari di amici che intendono passare una serata diversa, senza doversi piegare all’alternativa secca “cena o teatro”.

Marco Bonadei, come sono impostate le vostre serate?
Siamo dieci attori professionisti vestiti da eleganti camerieri che, durante una cena in un posto che può essere un bar o un ristorante, presentano agli ospiti una selezione di poesie. I commensali possono ordinarle da un menu come fossero vivande. I versi vengono recitati sul momento. È un servizio esclusivo che può avere sapore intimo, ironico, romantico, persino provocatorio, secondo l’estro del narratore e dell’avventore, e la complicità che ne scaturisce.

Chi siete, precisamente, e come vi è venuta l’idea?
Io mi sono diplomato nel 2009 alla Scuola per attori del Teatro Stabile di Torino. Ho lavorato per lo più all’Elfo, con Elio De Capitani e Ferdinando Bruni, ma anche con Daniele Salvo, Mauro Avogadro, Marcela Serli. Ho partecipato in tv a produzioni di Rai Cinema e Rai Fiction. I miei compagni d’avventura sono per lo più altri attori diplomati allo Stabile di Torino. Una sera del 2010 stavamo scherzando a proposito dei tagli alla cultura decisi dall’allora ministro Tremonti, che disse testualmente che di cultura non si vive, e che andava alla buvette a farsi «un panino alla cultura, cominciando dalla Divina Commedia».

Galeotto quindi fu Tremonti…
Ci venne così l’idea di creare un menu al tempo stesso culinario e poetico. Ignoravamo che già negli anni Settanta in città come Milano o Roma si erano verificate iniziative simili. Due anni dopo, nel 2012, partimmo con la nostra prima fortunata tournée di 15 giorni attraverso la Puglia.

Fortunata?
Fu un successo. Ci mettevamo d’accordo con i gestori, mentre i clienti ne erano all’oscuro. Ci chiamavamo “i Mangiatori”. Poi siamo cresciuti, abbiamo modificato il tiro. Partiamo alla conquista del pubblico delle periferie, persino delle stazioni, come avviene a Melzo.

I nomi degli altri mangiatori?
Adesso ci chiamiamo “Il menu della poesia”. Con me ci sono Anna Charlotte Barbera, Mauro Bernardi, Matteo De Mojana, Angelo Di Genio, Marco Di Giorgio, Roberta Lanave, Valeria Perdonò, Alba Porto, Camilla Sandri e Vincenzo Zampa.

Ci sono altre esperienze simili: dal “Pranzo d’artista” di Alkaest, dove gli attori catapultano il pubblico in una cena quasi a sorpresa, mentre narrano “Il pranzo di Babette”, alle Ariette, che durante lo spettacolo preparano la polenta che serviranno al pubblico dopo l’epilogo. Davide Lorenzo Palla racconta Shakespeare nelle sue “Tournée da bar” in posti affollati ed entusiasti, e anche a Torino il connubio cibo e teatro è vincente. Qual è la vostra peculiarità?
Noi non facciamo con il pubblico un patto a priori. Offriamo una sorta di servizio, creiamo sul momento con ogni spettatore un’intesa che si può sciogliere in qualunque momento. Lo spettatore, o meglio l’avventore, può chiederci una, nessuna, dieci poesie. È liberissimo anche di non considerarci.

Siete una sorta di juke-box dei versi.
Tentiamo di rompere in maniera meno “canonica” la quarta parete. La nostra sfida è di conquistare chi magari durante i pasti guarda la tv passivamente, abituato a quel rumorio di sottofondo. La scelta è varia, prova a soddisfare i gusti di tutti i clienti: da Dante e Shakespeare a Sanguineti e Fosco Maraini, passando per Brecht e Bukowski, fino alla poesia dialettale di Totò, De Filippo e Trilussa.

Avete velleità educative?
Intendiamo far notare allo spettatore che ha davanti a sé una persona viva, non una presenza virtuale: l’attore per recitare bene ha bisogno della sua attenzione e collaborazione. Operiamo in maniera rispettosa, differenziando il nostro intervento in base all’occasione, alla tipologia del cliente e del luogo.

Al bistrot dell’Elfo, però, trovate un pubblico preparato.
Ma c’è lo stesso un ribaltamento rispetto alle consuetudini: il menu culinario è già impostato, mentre l’avventore sceglie quali poesie farsi recitare. Il progetto ha varie declinazioni a seconda dei luoghi dove il cibo è protagonista. Ristoranti, bistrot eleganti, ma anche chioschi, bar e buffet. Gli attori/camerieri provano a cogliere il clima della serata, e operano una scelta tematica ad hoc. Una cena romantica, una pizza tra amici, una convention aziendale, una cerimonia privata o semplicemente una pausa caffè: qualsiasi evento in cui la cultura diventi un’esperienza conviviale.

Qual è il vostro spettatore ideale?
Il curioso, che si pone in attesa che qualcosa accada. Abbiamo per lo più riscontri positivi. Nove spettatori su dieci reagiscono con entusiasmo, indipendentemente da livello socio-economico, abitudini culturali o età.

Cosa vi insegna questa’esperienza?
La consapevolezza che l’attenzione e l’apprezzamento del pubblico non sono un a priori, ma vanno conquistati attimo per attimo. L’interazione con lo spettatore e il monitoraggio delle reazioni devono essere costanti. Avere davanti una coppia che ha appena litigato è diverso che confrontarsi con un quartetto di simpaticoni.

I prossimi appuntamenti?
Il 18 settembre saremo al Festival del Franciacorta in Cantina. Il 19 e 20 novembre a BookCity. Ma anche durante l’estate il “Menu della poesia” sarà presente in oltre una ventina di eventi privati, tra feste, matrimoni e ristoranti.

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