Penultimo appuntamento di Inside-off Work in Progress di Danza nello spazio performativo di Mosaico Danza, l’associazione diretta da Natalia Casorati.
Sulle colline torinesi da quattro anni questo spazio si è aperto ad ospitare residenze creative per giovani artisti di cui l’associazione supporta i progetti sia in termini economici, sia in termini di mobilità e visibilità extraregionali e internazionali.
La scorsa settimana due giovani coreografi hanno presentato il loro studio, nato dalla settimana di residenza nell’ambito dello scambio tra Mosaico Danza e il Trois C-L (Centro di Creazione Coreografica del Lussemburgo). Daniele Ninarello e Gianfranco Celestino hanno entrambi lavorato con artisti internazionali (da Virgilio Sieni a Carolyn Carson) ma da anni portano avanti una personale ricerca coreografica e di movimento.
La presentazione dello studio si divide in tre quadri. Nel primo i due danzatori giocano con i movimenti delle sole mani, uno di fronte all’altro, riflettendosi come in uno specchio che restituisce l’immagine che ha di fronte. Poi le mani prendono autonomia e l’incontro diventa momentaneo e sfuggente. Toccarsi, guardarsi, seguire il proprio ritmo, e riprendersi.
Il secondo quadro lo presentano come il primo risultato di questa settimana di lavoro, il primo momento di comunicazione, il capire chi guida chi, il ritrovarsi nello spazio. E’ affascinante, dolce e intenso allo stesso momento, anche se Ninarello mi dirà più tardi che di questo pezzo butterebbe via quasi tutto… Chi guarda rimane invece incantato da questi corpi che nello spazio si cercano, come singoli e come parte di un insieme, esplorando i propri limiti, studiandosi.
Il terzo pezzo nasce dal loro parlare di questi giorni. Poco prima della residenza Ninarello racconta di aver disegnato delle barche. E le barche sono diventate la metafora del loro migrare.
Celestino, torinese, vive da anni in Lussemburgo, Ninarello lavora spesso all’estero. Si raccontano partenze e ritorni, la difficoltà di andarsene e quella di tornare, l’amore/odio verso Torino, la difficoltà di rimanere in equilibrio in un’altra terra. Ed è proprio l’equilibrio il tema di questo ultimo quadro: piccole barche di carta bianca usano il corpo come onda nel tentativo di rimanere a galla. A volte trovano un porto sicuro, a volte naufragano del mare in tempesta.
Tanti gli applausi.
Gli appuntamenti di Inside-off spesso terminano in un dibattito, ma stasera tutto sembra rallentato, allora cerco un momento di dialogo con i due artisti.
Daniele e Gianfranco prima di questo lavoro non si conoscevano, non solo come persone, ma nemmeno come artisti. Non si sono scelti e, come dicono loro stessi, sono stati “costretti” prima a trovarsi e dopo a scegliersi.
Raccontano che all’inizio non è stato facile lavorare insieme: la diversità non è solo nella poetica coreografica, ma anche nel carattere. Daniele è persona che si “butta”, Gianfranco prima fiuta la situazione con circospezione.
Il primo quadro che hanno presentato, “le mani”, prevede uno stretto rapporto di sguardi e Gianfranco – racconta Daniele – inizialmente non riusciva a non ridere.
Nella settimana di residenza hanno iniziato piano piano a conoscersi ed apprezzarsi l’un l’altro.
Daniele ha imparato la pazienza e l’umiltà da Gianfranco.
Gianfranco, da Daniele, la capacità di sperimentare senza paure, di andare oltre nella ricerca costante della resistenza.
L’evoluzione dello studio proseguirà in Lussemburgo, dove prenderà la forma di uno spettacolo che verrà presentato a maggio nell’ambito di DanzFestival Letzebuerg.
Infine uno sguardo alla situazione italiana. Per Daniele, che negli ultimi anni ha lavorato spesso all’estero, tornare è stato un trauma. Arrivano solo i “nomi” qui, dice, e non esiste un vero scambio culturale, gli artisti sono spesso lasciati soli, sono isolati.
Gianfranco, che da anni lavora e vive in Lussemburgo, racconta di esperienza di mobilità, di residenze, quasi tutte all’estero però, l’ultima a Parigi.
Poi un’ultima domanda: cosa mettete nella danza? Cosa è per voi?
“Tutto quello che vorrei fosse reale ma non si può” risponde Daniele, senza pensarci.
Gianfranco invece ci ragiona, e poi mi spiega che, nell’attimo della creazione, quando la percezione di tempo e spazio viene stravolta, tutto il mondo è con lui, non ha bisogno di niente altro. La sua casa è lì.
Inside/off ospiterà ancora a giugno la residenza dell’artista australiana Gabrielle Rose, dal 6 al 13, per presentare poi il 14 lo studio di “How do my feet know how to step”. Residente a Melbourne‚ i lavori di Rose scaturiscono da un vivo interesse per il genere umano‚ il movimento e il design.
Di recente ha collaborato con la direttrice Samara Hersch nella creazione di “Permanente”‚ un nuovo lavoro concepito con un gruppo di giovani adulti disabili‚ in occasione del Melbourne Fringe Festival 2010.