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Museo Pasolini. Ascanio Celestini custode e guida della nostra Storia

Celestini in Museo Pasolini (photo: Musacchio Ianniello Pasqualini)

ASCANIO CELESTINI -

Nel centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, l’autore ed attore romano porta in scena il nuovo spettacolo

Siamo abituati ad andare a visitare un museo e osservare oggetti, vedere filmati, gironzolare per saloni, leggere date e informazioni.
“Museo Pasolini”, ultimo lavoro di Ascanio Celestini, inizia come una visita qualunque di un piccolo istituto culturale dove il bigliettaio è anche il custode e la guida.
Senza troppo entusiasmo, un po’ come il protagonista dei “Danni del Tabacco”, il narratore si presenta per introdurre il giro che, a breve, condurrà.

La messa in scena è estremamente semplice, molto simile ad altre performance come “Radio Clandestina”. Qualche lampadina penzola solitaria, mentre a lato incombe una vecchia porta di legno chiaro. Davanti a questa piccola scenografia (che sembra ancor più piccola sul palco del Gobetti di Torino) un ring rotondo di oggetti improbabili, illuminati internamente, fa da perimetro ad una sedia.

L’inizio ci spiazza. Raramente abbiamo visto Celestini interpretare un ruolo. La sua forza è quella di raccontarne tanti, magari abbozzandone la forma, ma qui è diverso.
Ci riassestiamo dopo pochi minuti, quando la narrazione entra nel vivo e l’attore si accomoda al centro del palco.
Ma “Museo Paolini” è pieno di trappole. Intanto perché Pasolini – di cui il 5 marzo ricorre il centenario dalla nascita – è un pretesto funzionale ed utilissimo per parlare anche d’altro. Di quella comunità intera a cui Celestini guarda sempre, come collettività di cui tutti facciamo parte. O meglio: delle relazioni tra Pasolini e l’Italia. E qui le cose si complicano per farsi estremamente interessanti. Il raffinato stile drammaturgico che caratterizza da sempre la parola di Celestini raggiunge, in questo caso, la massima espressione.

Celestini ci guida in un immaginario Museo Pasolini che si forma grazie alle testimonianze di uno scrittore, un criminologo, uno storico, uno psicanalista, un lettore e un testimone che l’ha conosciuto. Crea così una sorta di museo narrativo che si lega anche a luoghi specifici.
Siamo abituati ad un susseguirsi di elementi evocati e delineati non lineare ma, per così dire, “ad albero”. Dalla storia principale si ramificano una serie di altre microstorie collegate saldamente al tronco portante. Difficile ma non di certo nuovo.
Pasolini (o il Poeta, come viene chiamato nello spettacolo) è la foglia del ramo più alto. Il titolo del racconto non è più la colonna portante ma un pezzo fondamentale che l’impianto narrativo sorregge. Del Poeta non scopriamo molto di più di quello che già sappiamo; ma veniamo piuttosto a conoscenza di un mondo reale, gonfio di fantasia, che Pasolini ci aiuta a leggere, a vedere meglio. Un viaggio lungo che parte dalla fine. Dal cimitero di Casarsa della Delizia, dove Pasolini riposa, per passare da Bologna e finire a Roma. E’ qui che la storia si ramifica e stratifica.
Lo spettacolo vive dentro la capitale, nelle sue contraddizioni violente e soprattutto nelle sue strade più lontane dal centro. Laggiù, tra gli archi degli acquedotti che si rincorrono e le baracche fatte di espedienti, prendono vita, fellinianamente, una serie di personaggi tanto ipotetici quanto straordinariamente definiti e raccontati, plasmati con dovizia dall’artigiano della parola, che li rende così veri da farli toccare con mano al pubblico.
Così, d’un tratto, spunta Sandrone, che vive in una vecchia carovana del circo e vende qualsiasi cosa, oppure un prete di strada che si occupa davvero dell’uomo. L’infinitamente piccolo si amalgama con la Storia, la Politica, il Potere. Celestini incontra Pasolini alla fermata, quasi tutti i giorni, e insieme viaggiano e si confrontano. Poi il Poeta prosegue e l’attore scende, cambia mezzo, percorso, discorso.

L’autore romano, in un’intervista, ha ricordato ciò che già lo scrittore Vincenzo Cerami aveva sostenuto, ossia come, mettendo insieme tutte le opere di Pasolini in ordine cronologico, potremmo raccontare la storia del nostro Paese. Eppure, nonostante questo, le sue opere vengono lette ed approfondite poco; molto più spesso si preferisce riempirsi la bocca con qualche citazione.

In “Museo Pasolini” è la Storia recente che ci si snocciola davanti, con tutte le sue contraddizioni, con i buchi neri che restano tali. Si ride, ci si indigna, mentre l’affresco si compone e l’intento si chiarifica.
Poi il narratore torna guida del museo, e ci saluta amaramente.
Ripensando a mente fredda all’esperienza vissuta, ci sembra di aver visto un ottimo film. Invece era un uomo, solo, sulla scena.

Al Teatro Carcano di Milano fino al 6 febbraio.

Museo Pasolini
di e con Ascanio Celestini
voci Grazia Napoletano e Luigi Celidonio
musiche Gianluca Casadei
suono Andrea Pesce
Fabbrica Srl
con il contributo Regione Lazio e Fondo Unico 2021 sullo Spettacolo dal Vivo

durata: 2h 20′
applausi del pubblico: 4′ 10”

Visto a Torino, Teatro Gobetti, il 23 gennaio 2022

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