Mutando riposa. Memorie di Roberto Bacci da un Eden in divenire

Mutando riposa
Mutando riposa
Savino Paparella e Tazio Torrini in ‘Mutando riposa’

Venti spettatori vengono introdotti in un giardino quadrato, coperto da un cielo stellato. E’ appena passata una tempesta e gli alberi antropomorfi sono feriti, rinsecchiti. I frutti sparsi a terra sono mele, rimando ad un Eden perduto. Gli alberi in scena il doppio dei personaggi: “Due alberi fratelli, superstiti e malconci, piantati, come si usava, e talvolta s’usa ancora, nel giorno della nascita, memoria della ‘storia naturale’ e del vociare della terra dei morti in cui si mettevano, una volta, radici” spiega Stefano Geraci, autore dello spettacolo che trae il titolo da un frammento di Eraclito, simbolo della contraddittorietà del divenire.

La pièce, diretta da Roberto Bacci, prende avvio dal contrasto tra il terrigno personaggio abitato da Savino Paparella e la candida ed eterea figura impersonata da Tazio Torrini, due attori della Compagnia Laboratorio di Pontedera. Ma i contrasti e i congiungimenti in realtà sembrano essere più di uno: sacro e infernale, femminile e maschile, onirico e reale, infanzia ed età adulta, luce e buio, vita e morte…

Sulla scena i due personaggi, forse fratelli, si incontrano all’interno di un giardino che, un tempo rigoglioso, ha subìto un’improvvisa devastazione. Il guardiano, che per anni vi ha vissuto e l’ha coltivato, condurrà così il padrone alla scoperta di quello spazio dimenticato, costringendolo ad ascoltarne i canti, le memorie, i piccoli e grandi segreti.

Il contadino-Paparella si avvale dell’uso di un dialetto meridionale, intonato con voce grave, a fronte del parlare pulito e altisonante del padrone.
I personaggi conservano schegge di personaggi di spettacoli passati: Lucky e Pozzo, l’Idiota. Ancora Geraci afferma: “E’ il piccolo recinto in cui abbiamo innestato l’artigianato teatrale […] con alcuni materiali e temi di lavoro che sono rimasti ai margini, esclusi, accennati nella penombra degli spettacoli precedenti”.
L’enorme lavoro tecnico di questa opera teatrale da camera conferisce alle azioni degli attori un carattere di estatica auto-contemplazione, tanto che il gioco virtuosistico avrebbe potuto spingersi fino a diventare danza ed escludere la parola.

Io voglio essere lontano da qui. Aspetta
E’ il cielo che chiama me.
Hai visto a guardare le stelle dove si finisce? In terra coi vermi.
Io son nato che ero già morto.
[…] fratelli fatti di una creta scura nelle carni.

L’anima non ha confini e la ricerca di senso si spinge fino a cercare di toccare le stelle. Ma la forza brutale del giardiniere riporta ostinatamente i sogni alla terra e ce li inchioda, attraverso un rito “tribale” che impasta il cielo al terreno, fino all’agnizione finale, al ricongiungimento delle due metà e all’inizio di un nuovo viaggio verso l’ignoto, oltre la morte, forse.
Tutto scorre, panta rei, e gli uomini e le situazioni mutano l’una nell’altra senza soluzione di continuità.

Questo “Mutando riposa” è un’opera filosofica irta di concetti, idee e rimandi che, nonostante goda della bella e suggestiva scenografia di Mercio Medina, purtroppo non trova la necessaria comunicazione con il pubblico, pur avendolo letteralmente introdotto all’interno dell’azione scenica.

A Pontedera fino a domenica 29 marzo e poi, a maggio, a Firenze nell’ambito del festival Fabbrica Europa.

MUTANDO RIPOSA
con: Savino Paparella e Tazio Torrini
regia: Roberto Bacci
drammaturgia: Stefano Geraci
musiche e composizione del suono: Ares Tavolazzi
durata: 57′
applausi del pubblico: 1′ 50″
Visto a Pontedera (PI), Teatro Era, il 19 marzo 2009
Prima assoluta

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  1. says: anna

    Dell’ Eden in divenire c’è solo la nudità integrale del protagonista,ostentata e imposta per più di mezz’ora,forse per compensare visivamente il vuoto di un testo inesistente?D’accordo con l’autore del post…”tanto che il gioco virtuosistico avrebbe potuto spingersi fino a diventare danza ed escludere la parola.”…sopratutto se la parola è un fiume di parole in dialetto meridionale stretto, incomprensibile,superfluo e quindi fastidioso.
    Si esce dallo spettacolo con la sensazione di non aver capito nulla…neanche dell’intenzione che ne stava alla base.Applausi solo per scenografia e luci,unici protagonisti.

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