Al Teatro Sociale di Como l’allestimento del Festival della Valle d’Itria della celebre commedia di Eduardo De Filippo
È sempre con grande curiosità e slancio culturale che ci approcciamo ad un’opera contemporanea, anche per sfatare il fatto che questo genere musicale debba essere confinato nel solo Ottocento, come nell’immaginario di molti melomani.
Per questo ci siamo recati con entusiasmo al Teatro Sociale di Como per assistere a “Napoli Milionaria!” di Nino Rota, opera meritoriamente ripresa dal Festival della Valle D’Itria di Martina Franca e inserita nel circuito lirico lombardo.
Nino Rota, conosciuto alla maggior parte del pubblico per le musiche che accompagnano i film di Fellini (ma non solo), è autore anche di un altro capolavoro operistico come “Il Cappello di paglia di Firenze” del 1945, che amiamo davvero molto.
“Napoli Milionaria!” è tratta della celebre pièce teatrale di Eduardo De Filippo del ’45, che ne firmò anche il libretto, ultima di ben undici opere liriche composte da Rota nell’arco di circa cinquant’anni. Fu presentata per la prima volta al Festival di Spoleto il 22 giugno 1977 con esiti contrastanti. Fu infatti percepita, nel complesso, come anomala, con quella sua scrittura musicale che subisce influssi dal mondo del jazz e del musical, per poi inserirli in una partitura ricca di altri rimandi, creando veramente un unicum, in cui ogni riverbero musicale antico e moderno si fonde in modo perfetto.
La trama dell’opera, che segue nel complesso fedelmente il capolavoro eduardiano, ha il suo inizio nel 1942, sul finire della seconda guerra mondiale, e ha come protagonisti due povere esistenze dei bassi napoletani: il tranviere disoccupato Gennaro Jovine e la moglie Amalia, che ha intrapreso, in collaborazione con il suo spasimante Errico “Settebellizze”, commerci nel mercato nero del caffè e di altri generi alimentari.
Attraverso una soffiata della “concorrente” in affari, giunge a casa di Gennaro e Amalia il brigadiere della Squadra Mobile, che si trova davanti alla finta messa in scena della veglia funebre di Gennaro (molto simile a quella di “Filumena Marturano” ma anche ovviamente di “Gianni Schicchi”), alla quale il brigadiere non crede minimamente, invitando il “morto” a resuscitare, promettendogli l’impunità: e Gennaro, ovviamente, all’istante risorge.
Nel secondo atto lo scenario cambia radicalmente. Finita la guerra con l’arrivo degli americani, si è creata un po’ di ricchezza, e mentre Gennaro è disperso, Amalia e Settebellizze si frequentano, anche se la donna ha diverse remore e sensi di colpa, avendo il forte timore che il marito possa tornare a casa da un momento all’altro, come preannunciato da una lettera.
I soldati americani vivono intanto a Napoli, tra musiche e baldorie. Maria Rosaria, la figlia di Amalia e Gennaro, passa il tempo con uno di loro, Jhonny, che si esprime solo in inglese, e la chiama “Butterfly” citando Puccini, senza che la ragazza ne comprenda il significato. Ma Jhonny, in un drammatico addio, le annuncia la sua prossima partenza per l’America, dove l’attendono una moglie e tre figli. Maria Rosaria, ciononostante, gli dichiara il suo amore e gli parla del bambino che aspetta da lui.
Intanto Amalia sta preparando la festa di compleanno di Errico “Settebellizze”, con cui sogna un futuro radioso, quando all’improvviso torna Gennaro, segnato profondamente dalla guerra, che abbraccia la moglie e i figli. L’uomo non capisce i cambiamenti avvenuti nella sua casa, ancora immerso in un mondo fatto di bombe e morte.
Pochi si felicitano del suo arrivo, immersi in una nuova fuggevole felicità, in cui gli raccontano che ora tutto è cambiato perché la guerra è finita e si andrà incontro ad un futuro migliore. Ma Gennaro non accetta tutto ciò, e ribadisce che nulla è cambiato, e che la guerra esiste ancora.
Ad un certo punto quattro agenti di Pubblica Sicurezza, armati, vengono per arrestare “Settebellizze” e con lui anche Amedeo Jovine, figlio di Gennaro, per i loro loschi traffici, che sono continuati. Nel tentativo di fuga, Amedeo viene però raggiunto da un proiettile. Amalia si dispera, come madre, con una nenia implorante, anche lei disillusa verso una realtà che non potrà mai cambiare perché, pur finita la guerra, il male è insito dentro la città: ‘A nuttata non è ancora passata.
La trama è nel complesso omogenea a quella della commedia omonima dove, come accade nel migliore immaginario di Eduardo, tragedia e commedia si impastano insieme: la finta veglia funebre sotto le bombe che uccideranno la moglie di uno degli astanti, Maria Costanza, con il suo Jhonny che deve lasciarlo e che non tornerà mai; “Settebellizze” ed Amalia che sognano di fuggire nel sole di Villanova sopra Napoli, da dove non potranno più tornare; Gennaro che immerge il suo delirio nella festa di compleanno del rivale, festa che si tramuta in tragedia con la morte di Amedeo.
Tutto ciò è imbevuto dalla musica sempre consona di Rota, che varia ogni volta, riconsegnandoci atmosfere cangianti, e perfino il rumore delle bombe. Merito anche dell’ottima direzione di James Feddeck, alla guida dell’Orchestra dei Pomeriggi musicali, che riesce a restituire tutta la complessità della partitura.
Insomma, davvero due ore e mezza di pura gioia per le orecchie, ma non solo. Nell’opera infatti riusciamo a cogliere insieme, in modo perfetto, echi veristi, l’humus della canzone napoletana, l’ariosità delle colonne sonore cinematografiche e del musical americano, in un intreccio di linguaggi teatrali (melodramma, prosa, cinema, danza) veramente congruo e significante.
La regia di Arturo Cirillo, coadiuvato dallo scenografo Dario Gessati, delimita lo spazio dell’azione in una sola stanza in cui, nell’ingresso principale, campeggia un enorme busto della Madonna addolorata. Fuori dalla stanza vive il coro dei popolani, che ci restituisce l’essenza della città senza mai cadere nel folcloristico, pur facendo affidamento alla tipica gestualità partenopea. Tutto è espresso con grazia e gusto, rendendo semplice e godibile lo svolgersi degli avvenimenti.
Ben affiatato il cast: dalla passionale Amalia di Clarissa Costanzo, al Gennaro Jovine di Mariano Buccino, sconfitto dalla vita, a cui fa da contraltare la smargiassa baldanza di Riccardo Della Sciucca (Errico “Settebellizze”). Da segnalare anche il soprano Maria Rita Combattelli (Maria Rosaria), Marco Miglietta (Amedeo) e Assunta, interpretata da Sabrina Sanza.
Buona anche la prova del coro, preparato da Diego Maccagnola.
Napoli Milionaria!
Dramma lirico in tre atti di Nino Rota
Libretto di Eduardo De Filippo, tratto dalla sua omonima commedia
Direttore James Feddeck
Regia Arturo Cirillo
Coro OperaLombardia
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Allestimento del Festival della Valle d’Itria di Martina Franca ripreso dai teatri di OperaLombardia
Durata: 2h 25′ circa
Visto a Como, Teatro Sociale, il 13 gennaio 2023