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Claire Cunningham, Benedetto Sicca, Compagnia Teatrale Europea. Videoreportage dal Napoli Teatro Festival 2010

Claire Cunningham
Claire Cunningham
Claire Cunningham (photo: clairecunningham.co.uk)

Siamo ancora a Napoli. Giugno è il mese dei grandi festival e, inutile dirlo, Napoli sta diventando il cuore della scena nazionale e internazionale in Italia. Innanzitutto perché, come tutti i grandi veri festival, ha la vera arma del teatro, la possibilità di produrre. Quella stessa arma che ormai, scaricata dal Ministero con le ultime novità normative – attraverso il taglio dell’Eti e dei finanziamenti – guarda a questa come a una delle poche realtà rimaste. E attorno a questa oasi, edifici monumentali, quartieri, chiese, gallerie d’arte e musei, zone industriali dismesse diventano scena per un mese intero. Dalla ex birreria di Miano al maestoso Albergo dei Poveri, dai teatri del capoluogo campano alle banchine del molo e alle fermate del bus. Tutto è teatro. Anche quando finisce il festival, ma quella è un’altra storia.

Il Napoli Teatro Festival Italia ha ormai tre anni: nasce nell’agosto del 2007, dopo che il Ministero per i Beni e le Attività Culturali aveva indetto un bando di concorso per la realizzazione di un festival teatrale internazionale, che ogni tre anni avrebbe trovato sede in una diversa città italiana e modello nei più grandi festival europei. Al termine delle selezioni, Napoli viene scelta come prima sede dell’iniziativa, per poi diventare quella definitiva (come confermò l’anno scorso il ministro Bondi, anche se ormai è chiaro che del diman non v’è più certezza). Dopo la creazione della Fondazione, presieduta da Rachele Furfaro, la direzione della rassegna è affidata a Renato Quaglia.
Fin dalla prima edizione, il festival si distingue per il carattere internazionale del programma, con partnership in Francia, Germania e Spagna: la maggior parte degli spettacoli è coprodotta con i maggiori teatri d’Europa e del mondo o commissionata specificatamente dal festival, per performance site-specific che hanno come sfondo la città di Napoli.

Come tutti i festival ha cose più riuscite e altre meno, tentativi, produzioni più o meno ardite, ma resta comunque un’occasione per vedere cose che spesso passano in Italia slo per la via del festival napoletano.
E’ ad esempio il caso di una serie di performance di sapore internazionale fra teatro e danza che hanno aperto l’edizione 2010.
Parliamo innanzitutto di “Oper Opis”, di Zimmermann & De Perrot, una bellissima coproduzione fra Schauspielhaus Zürich, Théâtre Vidy – Lausanne, Théâtre de la Ville – Paris, Grand Théâtre de Luxembourg, Migros Culture Percentage, La Filature/Scène Nationale – Mulhouse, Le Merlan/Scène Nationale à Marseille, Le-Maillon/Théâtre de Strasbourg – Scène Européenne, La Ferme du Buisson Scène Nationale de Marne – La-Vallée, Equinoxe/ Scène Nationale de Chateâuroux, Opéra Dijon, Theater Chur, London International Mime Festival. Li nominiamo tutti per fare una riflessione: portare in scena qualcosa con una decina di interpreti e altrettanti tecnici è ormai impresa che necessita del sostegno di 5-10 partner internazionali. E questa è una soluzione, forse l’unica ormai rimasta.
I due grandissimi scenografi, da sempre al bordo fra teatro, arte circense e danza, paiono raccogliere l’eredità di Pina Bausch e la aggiornano a ritmo e con sonorità del tempo digitale Zimmermann & De Perrot propongono un lavoro fra i più belli (se non il più bello) fra quelli visti.

Interessante anche il contributo di Claire Cunningham in collaborazione con Scottish Arts Council, Jess Curtis/Gravity e con il sostegno del British Council, per un lavoro fra i più applauditi nei festival di Dublino ed Edimburgo negli ultimi anni.
L’artista usa le stampelle a seguito di un incidente adolescenziale. E’ questo il pretesto di uno spettacolo dolcissimo, dove il corpo si affanna alla ricerca di un equilibrio calderiano, fra danza, movimento e parola. Il primo dei due atti è il più interessante, pulito, che sposta il focus dalla privazione alla possibilità. La Cunningham ci racconta i suoi perché e la paura che il pubblico possa spostare l’attenzione dal momento artistico ad un inutile e vacuo sentimento compassionevole.

Sulla prosa, interessanti i tentativi di alcuni giovani registi, come Alexander Zeldin e il suo “Romeo e Giulietta” interetnico, di conflitto, all’interno di un microcosmo in cui realtà islamica e  Occidente sono fusi in una convivenza difficile. Un lavoro che nasce nell’ambito del progetto Le Città del Mediterraneo, realizzato in coproduzione con Teatro Stabile di Napoli in collaborazione con Young Vic Theatre e con il supporto allo sviluppo del National Theatre Studio e di Algeria, Egitto, Francia, Inghilterra, Italia, Russia e Tunisia.

Tradizionale nel suo impianto di prosa, ma gradevole è l’adattamento de “L’Avaro” di Molière proposto da Jorge Lavelli e José Ramón Fernández. Lavelli ha sempre lavorato sui classici del teatro, e positivo è l’incontro con l’attore Juan Luis Galiardo.

Contraltare di questo tentativo tutto impostato sul tradizionale, sia dal punto di vista scenico che da quello drammaturgico, è “Les adieux”, diretto dal coraggioso Benedetto Sicca, andato in scena al San Ferdinando. Una drammaturgia, quella di Arianna Giorgia Bonazzi, che ricorda la scrittura di J.G. Ballard: un flusso di coscienza drogato, affidato alla poderosissima prova d’attrice della fresca di Ubu Francesca Ciocchetti. Brava lei e convincente l’esito. Strano, distonico, innovatore, insomma non la solita minestra. Abbiamo intervistato Sicca poco prima del debutto, in una colazione in galleria, nel cuore di Napoli. Il suo merito è aver fatto entrare Il digitale 3d a teatro, ma con misura. Certo, tutto è perfettibile, ma questo tentativo resta un episodio d’interesse per la storia del teatro nazionale, e un plauso va al coraggio sia della produzione friulana, sia del festival, che hanno creduto nel progetto. Il CSS di Udine ha infatti sostenuto un lavoro difficile, e il risultato deve incoraggiare nuove possibilità di commistione, per portarci all’interno di una multimedialità – nuova rivoluzione di linguaggio – che necessariamente riguarderà anche il teatro.

Con il primo video proponiamo un focus su “Romeo and Juliet”, con le voci del protagonista Enzo Curcurù, del regista Alexander Zeldin e del drammaturgo Hussein Omar.

Romeo and Juliet

Les Adieux

Claire Cunningham

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