Naufraghi senza volto. Renato Sarti e i morti del Mediterraneo

Sarti e Curino in scena (ph: LorenzoBenelli)
Sarti e Curino in scena (ph: LorenzoBenelli)

Con Laura Curino, al Piccolo Teatro di Milano una lettura scenica tratta dall’omonimo saggio di Cristina Cattaneo

C’è un momento preciso in cui i morti dei naufragi smettono di essere dei numeri: quando le loro storie incontrano le nostre, e le loro facce riflettono la nostra fragilità. Quando riconosciamo, nei loro vissuti, la radice profonda del nostro essere.

Il corpo di un ragazzino eritreo con in tasca un sacchetto di sabbia del suo Paese; la tessera della biblioteca custodita da un ragazzo ghanese; la pagella scolastica, in arabo e francese, di un piccolo nordafricano: sono i simboli di un’umanità che ci riguarda. Sono solo alcuni frammenti di “Naufraghi senza volto”, lettura scenica di Renato Sarti sul palco del Piccolo Teatro Grassi di Milano.
Una riflessione politica introspettiva. L’ennesimo esempio di teatro civile proposto dal fondatore del Teatro della Cooperativa, qui di nuovo in coppia con Laura Curino dopo il fortunato “Il rumore del silenzio”, proposto nel cinquantennale di piazza Fontana.

Il recupero della memoria storica incontra il tema delle tragedie del mare e della multiculturalità. Siamo sulla scia dello spettacolo “La nave fantasma”, che Sarti scrisse con il giornalista Giovanni Maria Bellu nel 2005, in memoria dei 283 migranti che colarono a picco con il battello F-174 la notte di Natale del 1996, davanti a Portopalo, in Sicilia.
All’epoca, quella fu ricordata come la più grande tragedia nel Mediterraneo del dopoguerra. Adesso i naufragi non fanno più notizia, e con essi i mancati soccorsi. Il Mare Nostrum è diventato Mare Monstrum: un cimitero subacqueo con oltre 26mila morti nell’ultimo decennio.

“Naufraghi senza volto” parte dal libro omonimo pubblicato da Cristina Cattaneo nel 2018 per Raffaello Cortina Editore. Al centro, due terribili stragi, quella del 3 ottobre 2013 con 368 morti, e quella del 18 aprile 2015 con 900 morti.
Cristina Cattaneo rivendica per tutte le persone decedute il diritto a un’identità. Docente ordinaria del Dipartimento di Scienze biomediche per la salute dell’Università degli Studi di Milano, la studiosa dirige il Labanof, Laboratorio di antropologia e odontologia forense dell’Università degli Studi di Milano. È celebre per i rilievi e le autopsie sui cadaveri di Lea Garofalo e di Yara Gambirasio. Si è occupata del disastro aereo di Linate, nel 2001, e persino di Sant’Ambrogio, patrono di Milano.
Non stupisce che la sensibilità di Cattaneo incontri quella di Renato Sarti, una vita artistica spesa per la difesa degli indifesi, contro l’indifferenza e i razzismi di ogni tipo.

Sul palco pochi oggetti scenici, delle lampade da scialuppa di salvataggio e due grosse lampare da coperta. Sullo sfondo, video e immagini a cura di Mattia Colombo, Jacopo Loiodice, Valentina Cicogna, tratte in primo luogo dal Labanof: ciò che resta di vite spezzate; ricordi; frammenti di storie da ricomporre, per consentire l’elaborazione del lutto e la creazione di punti di ripartenza per le famiglie.
Una narrazione essenziale. Parole senza fronzoli. Qualche dettaglio macabro, annacquato da tocchi d’umanissima ironia, finalizzata a rendere sopportabile il dolore, a creare crepe da cui filtra luce su una narrazione ardua.

Con sensibilità civile e garbo, “Naufraghi senza volto” svela i retroscena della professione di medico legale. Riflette sull’ambiguous loss, la chiusura emotiva che interessa i parenti delle persone scomparse senza un corpo su cui piangere. Un dramma psicologico ma anche giuridico, dato che una morte non certificata lascia in sospeso una miriade di questioni burocratiche, dal ricongiungimento familiare all’eredità, alla possibilità di contrarre un nuovo matrimonio.
“Naufraghi senza volto” è un diario di viaggio lontanissimo dalla retorica. È uno squarcio sulla disperazione del nostro tempo. È un lavoro che si immedesima nelle angustie di chi fugge dal dolore e dalla guerra, e si ritrova faccia a faccia con la morte.

Anche il Piccolo si era già occupato del tema. Ad esempio con “Fraternité, conte fantastique”, andato in scena allo Strehler lo scorso gennaio. Caroline Guiela Nguyen in quel lavoro smorzava l’arduità del tema attraverso la fantascienza.
Invece Sarti resetta ogni finzione. Rinuncia alle metafore, per rendere più vibrante la propria denuncia. Conferisce tuttavia delicatezza e poesia alla narrazione, sia aggiungendo alla propria la voce appassionata di Laura Curino, sia dosando e valorizzando le musiche subliminali di Carlo Boccadoro.
Storia di affondamenti sempre attuali. Come il peschereccio strapieno naufragato due settimane fa al largo del Peloponneso, con centinaia di pakistani a bordo. Storia di recuperi di imbarcazioni dal fondo del mare, ben diversi da quello del sommergibile Titan, imploso a cinquecento metri dal relitto del Titanic.
Anche con pochi mezzi rudimentali, il teatro di Sarti è sempre dentro l’attualità e davanti alla cronaca, a ribadire i diritti civili e a richiamare i nostri doveri di uomini.

NAUFRAGHI SENZA VOLTO
lettura teatrale di Renato Sarti
tratta dal libro Naufraghi senza volto (Raffaello Cortina Editore)
di Cristina Cattaneo (responsabile Labanof, Università degli Studi di Milano)
con Laura Curino e Renato Sarti
video e immagini Mattia Colombo, Jacopo Loiodice, Valentina Cicogna
musiche Carlo Boccadoro
produzione Teatro della Cooperativa

durata: 1h
applausi del pubblico: 3’

Visto a Milano, Piccolo Teatro, il 22 giugno 2023

0 replies on “Naufraghi senza volto. Renato Sarti e i morti del Mediterraneo”
Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *