Brillano di entusiasmo gli occhi di chi, con fatica e determinazione, è riuscito a dirottare il lanciatissimo viaggio di Anna Karenina, lo spettacolo del regista lituano Eimuntas Nekrošius, verso un teatro di provincia. Non solo grandi piazze teatrali o festival internazionali, dunque, ma ora anche una piccola cittadina dell’entroterra marchigiano conosciuta soprattutto per il verdicchio.
È l’entusiasmo emerso nella conferenza stampa di presentazione dello spettacolo che arriverà al Teatro Pergolesi di Jesi sabato 12 e domenica 13 aprile per un evento che sarà introdotto da una serie di incontri propedeutici destinati al pubblico.
Si partirà quindi oggi alle 18, nelle Sale Pergolesiane del teatro, con una lezione sul teatro di Nekrošius tenuta da Gilberto Santini, direttore dell’Amat e docente di Storia del Teatro e dello Spettacolo all’Università di Urbino.
Nekrošius non va capito. Semmai va compreso. La differenza è sottile ma fondamentale. Il pubblico non vaga nel buio, non è lasciato allo sbaraglio e non viene richiesta alcuna capriola intellettuale. Non sono proposte immagini ermetiche e indecifrabili. Piuttosto, il lavoro aspira alla semplicità e alla condivisione dell’esperienza, puntando dritto al cuore di chi guarda. Nekrošius rifugge la logica del regista autorizzato ad operare indiscriminatamente sul palco, forte del fatto che ogni spettacolo si spiega da solo. Tanto che, di solito, prima dei suoi allestimenti distribuisce dei mini-libretti con la descrizione di ciò che avverrà sulla scena, proprio per evitare momenti oscuri nel racconto.
Certo, il codice usato è lontano dal teatro naturalistico, tuttavia le immagini parlano al di là delle convenzioni di realtà. Attingono forse ad un immaginario simbolico, potente ed oscuro, capace di andare oltre la comprensione razionale per arrivare fino al sentire più puro. A conferma ci sono le numerose tournée nel nostro paese di spettacoli in lingua originale del maestro lituano, in cui i sopratitoli diventavano un apparato non indispensabile per la comprensione.
Per arrivare a questa summa visionaria di immagini, parole e azioni, Nekrošius impiega molti mesi di prove con attori che forse sarebbe meglio definire performers, date le vaste abilità non solo attoriali ma anche fisiche e vocali richieste, nel rispetto della migliore tradizione teatrale russa. Anche per questo motivo, ossia i lunghi tempi di prova, questa è solo la terza volta che il regista dirige una compagnia italiana. Dopo Il Gabbiano nel 2001 e l’Ivanov nel 2002, entrambi di Cechov, alcuni degli interpreti li ritroveremo anche in questo allestimento.
Gli incontri nelle Sale Pergolesiane proseguiranno venerdì 11 aprile alle 18 con Claudio Longhi, docente di Storia della Regia dell’Università di Bologna nonché collaboratore di Luca Ronconi per lungo tempo, che affronterà il delicato tema del passaggio dal romanzo alla scena e il necessario adattamento. Nekrošius infatti, dopo il lungo lavoro sui classici del teatro russo e su Shakespeare, si accosta ad un testo non teatrale, un romanzo epico ed imponente che narra le contraddizioni dell’aristocrazia russa dell’Ottocento, minata dalla disgregazione del microcosmo familiare.
Domenica 13 aprile, infine, le Sale Pergolesiane ospiteranno alle 12 un incontro con Mascia Musy e la compagnia, occasione per cogliere da vicino la testimonianza degli interpreti.
Al pubblico viene così offerta una proposta culturale interessante, “un’esperienza di quelle – per dirla con le parole di Gilberto Santini – capace, forse, di cambiare la vita delle persone”.