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Nemirovic-Dancenko: “La mia vita nel teatro russo”. Autobiografia di un gigante in ombra

Nemirovič-Dančenko||Il Teatro d'arte di Mosca a inizio '900

|Il Teatro d'Arte di Mosca a inizio '900|Nemirovič-Dančenko

E’ stato dato alle stampe da poco, per opera di Dino Audino Editore, un testo inedito in Italia, “La mia vita nel teatro russo” di Vladimir Ivanovic Nemirovič-Dančenko.
Non si tratta di un libro di memorie qualsiasi, badate bene.
“L’Italia s’è desta” afferma Fausto Malcovati all’inizio della sua prefazione. Sì, esatto. Perché – e certo non c’è di che vantarsi – sembra che ci accorgiamo solo ora, e grazie a questa preziosa autobiografia, che i fondatori del mitico Teatro d’Arte di Mosca sono due.

Oltre al celebratissimo quanto osannato Stanislavkij c’è un altro gigante in questa storia, un’altra figura fondamentale, quella di Vladimir Ivanovic Nemirovič-Dančenko. Il nome è impegnativo e ci si perdonerà quindi se, in questa sede, lo abbrevieremo con la sigla “N-D”, molto più snella.

“La mia vita nel teatro russo” oltre ad essere un testo interessante e fondamentale da molti punti di vista, ha il merito di essere anche una piacevole lettura, caratteristica che non sempre accompagna testi di tal genere, soprattutto se vergati nel 1936. Ed è testimonianza di un periodo destinato a segnare per sempre la storia teatrale del Novecento.

Da sottolineare l’interessante prefazione di Fausto Malcovati, molto utile nel collocare storicamente e culturalmente queste memorie, e preziosa nel restituire in poche pagine informazione biografiche e note storiografiche che facilitano la lettura del libro e la comprensione di molti episodi.

Una personalità, quella di N-D, certo all’opposto rispetto a quella “leggendaria” di Stanislavskij, con cui ha avuto un legame difficile e contrastato eppure indissolubile, durato ben quarant’anni. Due personalità agli antipodi, come emerge con forza in questa autobiografia, dove il protagonista evita d’innalzare un monumento al “proprio io e al proprio mestiere” bensì lascia campo al racconto di ciò che gli accade attorno, le persone che incontra, le problematiche che si presentano ogni giorno nel tenere le redini di un’impresa di tale fatta. E questo rende queste memorie appassionanti e vive al punto che spesso si è trasportati nelle vicende quasi si leggesse un romanzo.

Nemirovič-Dančenko

Ne risulta quindi un documento prezioso e generoso sul periodo e sulle personalità dei protagonisti.
N-D si fa sovente da parte per offrire squarci, testimonianze e racconti unici di figure e avvenimenti del momento, e nel testimoniare di quel mondo teatrale a noi distante nel tempo eppure con molti punti di contatto, oltre che di un’esperienza, quella del Teatro d’Arte, che ha cambiato la storia teatrale del Novecento.

Ne “La mia vita nel teatro russo” – traduzione del titolo originale dell’edizione americana, mentre l’edizione russa titolava “Dal passato” – Nemirovič ci racconta della sua affermazione come drammaturgo e dell’esperienza d’insegnante di arte drammatica all’Istituto Filarmonico, ma soprattutto dell’esperienza successiva all’incontro leggendario con Stanislavskij, avvenuto nel 1897 e durato diciotto ore, al quale seguì un sodalizio durato ben quarant’anni sotto il segno del Teatro d’Arte, con tutte le conseguenze che tale nascita provocò.

Un solo capitolo, il nono, è dedicato al suo “sistema”, e del motivo di questa sorta di reticenza ce ne dà conto Malcovati nella prefazione. La brevità non toglie tuttavia forza al pensiero di Nemirovič. Sono pagine intense in cui scrive righe memorabili sul ruolo che compete al regista.

La testimonianza biografica si ferma al 1917, benché queste pagine siano state scritte successivamente, nel 1936, in uno dei periodi più bui nella storia russa.

N-D rievoca la difficoltà delle prime stagioni, i problemi pratici, tecnici, ma soprattutto economici, segnati dall’ardua ricerca di finanziatori, ricorda la difficoltà nella scelta del repertorio, la prima tournée europea che vide il Teatro d’Arte protagonista a Berlino, Praga, Vienna, rinunciando a Parigi, città che sempre, anche in futuro, si rivelerà ostica per la compagine russa.

Oltre all’autore, possiamo citare altri tre protagonisti che animano le pagine del libro, tre giganti della letteratura russa che incrociano il loro cammino con quello del Teatro d’Arte: Čechov, Gor’kij e Tolstoj.
Del primo soprattutto, protagonista della parte iniziale del testo, Nemirovič ci offre un ritratto quasi intimo, oltre a notizie, frammenti di epistole ed episodi biografici che ne delineano la figura e quasi ce lo rendono più familiare. È la storia di una profonda amicizia, sorretta da profonde affinità, ed al contempo la storia del progressivo affermarsi dello stesso Cechov, scrittore già conosciuto e acclamato, come drammaturgo, partendo dal famoso fiasco del primo “Gabbiano” al Teatro Imperiale di Pietroburgo, che porterà lo stesso Antoša (come lo chiamava la mamma) a giurare di astenersi per sempre dal teatro. Scriverà infatti in una lettera: “Mai più scriverò per il teatro, né autorizzerò a mettere in scena i miei lavori, dovessi vivere ancora per altri settecento anni”. Ma gli avvenimenti saranno destinati presto a mutare.

LA MIA VITA NEL TEATRO RUSSO, Memorie del co-fondatore del Teatro d’Arte di Mosca
V. I. Nemirovič – Dančenko
a cura di Fausto Malcovati
Dino Audino Editore
20 euro (17 su Ibs)

Roma
2015

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