Il teatro lombardo della prossima stagione, in anteprima nei trailer proposti nella due giorni promossa da Regione e AGIS
Siamo stati presenti a Milano, come ogni anno in autunno, fra Teatro dell’Elfo, Parenti e spazio Dancehaus, per la due giorni di Next, la feconda iniziativa realizzata dalla Regione Lombardia, Assessorato alla Cultura, in collaborazione con l’Unione Regionale A.G.I.S., nata come un vero e proprio laboratorio di idee, durante i quali sono stati presentati agli operatori, giunti da tutta Italia, 23 significativi frammenti delle nuove creazioni delle compagnie della regione.
Così, come è successo negli scorsi anni, abbiamo potuto gustare in anteprima un significativo assaggio di tutti i nuovi spettacoli proposti dalle compagnie e dalle strutture teatrali che operano sul territorio. Non potendo parlare di tutti i trailer che abbiamo visto, ci concentreremo soprattutto su alcune scritture che ci hanno particolarmente interessato e che, in qualche modo, possono dare un quadro, seppur parziale, di ciò che la scena italiana può mettere in campo.
Due le caratteristiche che ci sono subito saltate all’occhio: da un lato la salutare riscoperta della commedia, spesso condita da toni amari, presente per esempio in nuce nei lavori proposti dal Teatro dei Filodrammatici, La Bilancia e Incamminati, e il rinnovato “sentire” femminile che imbeve diversi altri frammenti a cui abbiamo assistito, una costante che avvertiamo essere fra le direzioni importanti del teatro italiano di questa stagione.
Dicevamo della commedia… Bruno Fornasari, per i Filodrammatici, in “Caccia al Tesoro”, con in scena gli efficaci Linda Gennari, Michele Di Giacomo, Natalia Vasilishna e Yudel Collazo, ridendo mette alla berlina la pretesa inclusività della nostra civiltà, votata invece, come spesso ci capita di vedere, all’egoismo, raccontando le controversie intorno al complicato testamento di un’anziana gallerista, i cui due figli scoprono all’improvviso di avere altrettanti fratelli, che si manifesteranno, con loro disappunto, in una badante straniera e un ragazzo nero.
Di scoppiettante fattura è anche la scrittura di quel geniaccio che ben conosciamo di Stefano Benni per “La Signorina Papillon”, commedia scostumata per attori in costume, prodotta dalla Bilancia, da sempre alla ricerca di nuove creazioni nell’ambito di questa forma teatrale.
Presentato in costume (con i confacenti abiti disegnati da Francesca Grossi) perché ambientato nella Parigi bohémienne e libertina di fine ‘800, anche se pieno di riferimenti contemporanei, lo spettacolo è posto in scena attraverso un ritmo incalzante, colmo di sarcastici e pungenti doppi sensi.
Protagonista è l’ingenua Rose, collezionista di farfalle e rose di ogni forma. Contro di lei maneggiano per depredarla della villa e delle sue ricchezze la vanesia Marie Luise, lo scribacchino ed egotico Millet, e l’arrivista Armand. Riuscirà Rose a sopravvivere?
Come dicevamo, molte delle nuove creazioni viste sono impastate del “sentire” femminile, come per esempio “V’angelo”, prodotto dagli Incamminati, scritto da Ippolita Baldini che è in scena con Federica Castellini e Francesca Porrini e con la regia di Simone Toni.
Anche qui, in modo scanzonato, mettendo in scena in maniera leggera e ironica alcune donne, diventate figure iconiche femminili del Vangelo come Maria e Maddalena, che la musica di Bach rende sacrali, la creazione ne accentua il punto di vista, in una divertente ma esemplificativa rivisitazione contemporanea.
Ancora il punto di vista femminile è presente in altre due proposte, entrambe di autrici inglesi, un monologo e una rievocazione in costume, legata alla figura mitica della Regina Elisabetta I.
Il monologo, che rappresenta l’opera prima di Monica Dolan, una delle attrici più interessanti della scena inglese, è quello condotto dalla sempre bravissima Lucia Mascino, “Sen(n)o”, proposta dal Teatro Carcano, in cui l’attrice veste i panni di una psicoterapeuta, chiamata da un tribunale inglese a valutare una madre che ha permesso alla figlia di sottoporsi all’operazione di ingrandimento del seno.
Il racconto del processo permette al testo, in modo interessante e non univoco, di raccontare come la sessualità e la sua continua ostentazione nella nostra società abbia inciso negativamente, anche rispetto alla sensibilità delle nuove generazioni.
Ancora un testo di una scrittrice inglese, Ella Hickson (1985), tradotto da Monica Capuani, è stato scelto dal Teatro dell’Elfo per la sua programmazione.
“I corpi di Elisabeth” mette al centro Elisabetta I, che seppe regnare per 44 anni con arguzia e coraggio in Inghilterra, l’unica donna non sposata che riuscì ad emergere prepotentemente in una società prettamente patriarcale.
Nello spettacolo diretto da Cristina Crippa ed Elio De Capitani vedremo due Elisabette, con il loro corpo diviso tra sentimenti e politica: la giovane principessa, interpretata da Maria Caggianelli Villani (che impersona anche Kathrine Grey) e la regina, portata in scena da Elena Russo Arman (ma sarà anche Catherine Seymour e Mary Tudor), che si confronteranno con lo stuolo di uomini che hanno inciso nella loro vita.
Eccoci poi, come sempre presente nelle varie programmazioni, alla trasposizione contemporanea di classici senza tempo.
Fabrizio Sinisi, per il Centro Teatrale Bresciano, riscrive i “Demoni” dostoieskiani per parlare dei giovani d’oggi, partendo da un gruppo di ragazzi che fanno parte di una fantomatica organizzazione internazionale ecoterrorista, che ha l’obiettivo utopico di costituire un nuovo modello di società.
Ne potremo seguire le aspirazioni e i contraddittori intenti, cercando anche di ragionare sulle ragioni effettive e condivisibili che li muovono per cambiare un mondo sbagliato che le generazioni precedenti hanno reso così malandato.
La riscrittura di Sinisi indaga quali potrebbero essere le possibilità e le disillusioni che si troveranno davanti.
Il rodatissimo duo composto da Chiara Boscaro e Marco Di Stefano, per La Confraternita del Chianti e Karakorum Teatro, si misurano invece con “Riccardo III” di Shakespeare.
In scena un eccellente Stefano Panzeri nei panni del protagonista, personaggio di grande ambiguità e autore di orrende efferatezze, ma qui deriso dal mondo per il suo fisico non certo attraente. Nello spettacolo ci racconta come sia riuscito, nel medesimo tempo e caparbiamente, a farsi beffe di tutti quelli che lo hanno circondato, attraverso marchingegni di orribile sostanza, ma tanto riconoscibili anche nel tempo che stiamo vivendo.
Non poteva mancare, con un occhio al Vajont nell’anniversario appena trascorso, una creazione che si interrogasse su uno dei disastri ambientali del secolo scorso, sulle sue ragioni, sulle colpe e le manchevolezze di chi lo ha causato.
Così, un altro Sinisi, questa volta Michele, in maniera caleidoscopica, per Elsinor, mette in scena, con un nugolo di attori di diversa età, un testo di Federico Bellini che indaga la tragedia nucleare del reattore di Černobyl’, esploso nel 1986, ricercandone le ragioni e i presupposti attraverso meccanismi teatrali che ci sono parsi già multiformi, intersecando scienza, storia e il sentire comune delle persone che ne furono coinvolte.
In antitesi, eccoci poi davanti a una creazione intrisa di speranza nel progetto presentato da Campo Teatrale che, unendosi in modo esemplare con la compagnia Eco di Fondo, ci racconta di quando, nel 1977, fu lanciato nello spazio, come testimonianza del passaggio del genere umano sulla Terra, il Golden Voyager Record, un disco d’oro su cui era incisa una vera e propria selezione delle cose più belle mai create dall’uomo.
Ermanno Pingitore, Fabio Banfo, Federica Carra, Giacomo Ferraù e Rossella Guidotti, tra infinite difficoltà e contraddizioni, si industriano tra loro per sceglierne cinque che possano, senza reticenza alcuna, rappresentare degnamente il genere umano.
Infine ci vogliamo soffermare anche su un trailer efficace, costruito senza parole. Si può scrivere una perfetta scrittura di scena senza parole? Ne abbiamo avuta una prova in “Note a margine”, proposto dal Teatro dei Gordi per il Franco Parenti, in cui Riccardo Pippa, con il suo fedele gruppo di attori, ritorna sul tema della morte, ponendoci davanti una camera ardente in cui troneggia una bara, e dove assistiamo divertiti a tutti i rituali che vi si consumano, riconoscendoci perfettamente nelle emozioni che via via un teatro che non ha bisogno di parole può suggerirci.
Nel pomeriggio del secondo giorno, nei capaci spazi di Dancehaus, abbiamo infine anche assistito ad alcuni assaggi di coreografie, alcuni dei quali già di ottima consistenza: “Spectre de la rose” di Contrart, in cui Matteo Bittante, in scena con Travis Clausen-Knight e James Pett, si ispira all’omonimo poema di Théophile Gautier del 1837. O “Stand By Me” dei Sanpapiè, in cui Sofia Casprini, Gioele Cosentino e Matteo Sacco, guidati da Lara Guidetti, corredati da maschere, si immergono nella conturbante figura di Dennis Nilsen, omicida seriale inglese.
Infine “Dedica lontana”, in cui la giovanissima danzatrice Sara Sguotti, artista che conosciamo e apprezziamo da tempo, dialogando con la musica elettronica dal vivo di Steve Pepe, si misura in un assolo di già meravigliosa fattura.