“Fare teatro è un po’ come andare in giro con una macchina d’epoca”. Con la semplicità di poche parole efficaci, Nicolò Sordo – autore, attore e drammaturgo – tenta di risolvere un caso difficile. Quello della relazione (o non relazione) tra la dimensione teatrale con i nostri tempi, facili o difficili che siano. Serve ancora il teatro, dunque?
Partendo dal presupposto di voler lasciare senza risposta una domanda ad alto rischio di astrattezza, abbiamo condotto il nostro interlocutore in un luogo insolito, una escape room, operando una decontestualizzazione del rituale dell’intervista. Lì, in una stanza dove gli adulti giocano a risolvere degli enigmi, per fuggire e ritornare in libertà, è accaduto qualcosa.
Ne è consapevole Nicolò Sordo, il quale ha accettato la sfida e l’invito perché è uno di quegli autori under 35 che i vecchi presentatori televisivi avrebbero lanciato come “una giovane promessa di cui sentirete molto parlare”. Ed effettivamente questo è stato un periodo fecondo per lui, caratterizzato dalla vittoria del 14° Premio Riccione “Pier Vittorio Tondelli” con il testo “Ok Boomer. Anche io sono uno stronzo” (di cui pubblichiamo, su gentile concessione dell’autore, il testo integrale al fondo di questo articolo), considerato dalla giuria che lo ha selezionato “un testo commovente, ironico, spiazzante”.
A novembre è seguito il debutto ad Anni Luce – Situazione Drammatica, nell’ambito di Romaeuropa Festival. Un mese dopo circa, Sordo è andato in scena con “Dissipatio F.G.” – diretto da Tommaso Rossi – al teatro Camploy di Verona, un omaggio-manifesto a Fabio Gariba, artista veronese scomparso nel 2016. «Fare “Dissipatio F.G.” è stato più o meno un piacere. Il fantasma di Fabio ci è stato col fiato sul collo per tutta la durata delle prove e ci ha investito con tutte le sue incazzature. Ci ha spinto a interrogarci su un sacco di cose, su questo mondo monopolizzato dai vecchi, nell’arte come in tutto il resto».
La carriera di Sordo è caratterizzata da molteplici esperienze ed è iniziata scrivendo racconti. Il primo è del 2007, “Narrerò da me”, l’ultimo è “Col Angeles”, firmato con lo pseudonimo di Niki Neve. Il 2014 è l’anno del diploma presso l’Accademia Teatrale Veneta, dove ha l’opportunità di avvicinarsi alla scrittura di scena. Con “Tajarse Fora” ha vinto nel 2014 il premio di drammaturgia per i corti teatrali in lingua veneta. Un anno dopo, il suo testo “Camminatori della patente ubriaca” si è aggiudicato NdN Network, grazie al quale è andato in tournée ed è stato ospite del Festival Tramedautore del Piccolo Teatro di Milano.
Di interviste avvenute in luoghi strani Niccolò Sordo ne ricorda tre in particolare. Una a 14 anni: «Nel giardino di casa mia, con l’orto, le sedie e il tavolo bianco da esterno. Avevo appena pubblicato la mia prima raccolta di racconti e una giornalista, incuriosita, era venuta a intervistarmi. Non avevo mai visto un giornalista dal vivo, solo in tv».
Un’altra avvenne in chiesa, addirittura qualche anno prima: «Un prete mi aveva intervistato a lungo per capire se avessi una vocazione religiosa e se potessi essere tagliato per il seminario. Dopo lunghe riflessioni, ha capito di aver preso un abbaglio. Stessa sorte era toccata a mio zio, poco meno di vent’anni prima. Anche su di lui si erano sbagliati».
La terza e ultima è quella avvenuta in una escape room. «Non ne avevo mai vista una dal vivo. Sono dei posti che hanno un certo fascino, perché non li capisco. La mia vita è già piena di stanze da cui non faccio altro che fuggire».