Nobody di FavolaFolle, viaggio multisensoriale nella prostituzione

Nobody (photo: Christian Penocchio)
Nobody (photo: Christian Penocchio)

«In Italia un uomo su tre è cliente di prostituzione»: è scritto sulla porta d’ingresso dell’installazione teatrale “Nobody”, viaggio sensoriale curato dalla Compagnia FavolaFolle e dall’associazione Lule Onlus alla Fabbrica del Vapore di Milano.
“Lule” in albanese significa “fiore”. I fiori di cui si parla qui sono le donne costrette a lavorare ai bordi delle strade. Lule soccorre le vittime della tratta sessuale prima a livello sanitario, poi aiutandole a sottrarsi allo sfruttamento.

Un approccio empatico, prima che informativo: “Nobody” è un’esperienza di contatto, un appello rivolto a spettatori dai 14 anni in su. FavolaFolle, compagnia vincitrice del Premio Hystrio Provincia di Milano per il lavoro sul territorio, si smarca dagli aspetti sociali della prostituzione. Invita a una comprensione umana del fenomeno. Se ne ricava, più che uno spettacolo, una sorta di rito catartico, che assorbe in una condivisa esperienza estetica pubblico e performer.

Un vestibolo e due domande per gli spettatori: ai maschi è chiesto se siano mai stati clienti di una prostituta; alle femmine se ritengono che qualcuno dei loro familiari sia stato cliente. “Nobody” semina dubbi senza emettere sentenze. Silenziosamente, ogni partecipante attinge da una scatola una pietra, che equivale a un sì o a un no. Come statistica è poco attendibile: chi viene a vedere un lavoro come questo parte da una sensibilità formata in partenza. Importa però che lo spettatore viaggi in compagnia della propria emotività: il sasso che ognuno si porta appresso, è fardello, ma anche consapevolezza.

Esploriamo cinque ambienti. Il primo è una casa di cellophane. La plastica con cui il regista Carlo Compare costruisce la scena crea vari diaframmi, che per analogia richiamano vetrine con corpi da esporre, i rapporti protetti, oppure semplicemente il filtro dell’ipocrisia con cui ci accostiamo a questa forma di schiavitù.
La plastica è anche il filtro artistico che avvia il viaggio sensoriale, trasfigurando la cronaca in poesia.
Una tenda a brandelli rossi ci introduce in un recesso. Sotto un lampione, mulinelli di foglie secche e cassette di legno per la frutta. Poi cartelli che illustrano cifre e statistiche: le tariffe, l’organizzazione del racket, il reclutamento, perfino i rituali superstiziosi legati alla prostituzione nigeriana, albanese o dell’Europa dell’Est. Due televisori mandano video fumosi, uno sguardo grigio su strade ombrose.

Le performer vivacizzano la scena riempiendola di colori e calore. Viola Branco, Giada Catone, Dalila Cozzolino, Chiara Crovetto e Ilaria Nadin affascinano non solo con la sinuosità delle coreografie, ma anche con il carisma degli sguardi, con il timbro della voce, con movenze avviluppanti, con un teatro di figura onirico e a tratti metafisico.

Una prostituta, la sua umanità, il suo sguardo perso e deciso, la capacità di capire al volo chi ha davanti. Il corpo come soggetto assertivo. I guadagni che finiscono quasi tutti nelle tasche di altri. Quel che resta è sempre troppo poco per costruire un sogno di normalità.

Poi un ensemble scultoreo di donne discinte: inchiodano se stesse al muro, e gli avventori a una danza ammaliante e sonora come il coro delle Sirene di Ulisse. I corpi diventano sagome sulle pareti di un cubo che è una sorta di Kaaba, prima di diventare wunderkammer (camera delle meraviglie).
Poi figure danzanti come ombre cinesi, dentro un cielo torrido multicolore. E ancora, il protagonismo di una dodicenne imparruccata che studia da étoile della Scala assecondando le velleità edonistiche dei parenti. Le pretese di un cliente che tutto presume di comprare. L’avvolgente rito iniziatico che ci trascina dentro una dimensione mistica. Donne che sono sacerdotesse, sibille, muse, maghe, megere, angeli, démoni, etère. Oppure, semplicemente, creature fragili e forti, sognanti e pragmatiche, bisognose di cura e rispetto come tutti gli esseri umani.

“Nobody” è una campagna di sensibilizzazione innovativa. È un’esperienza invasiva che ricorda il Teatro del Lemming. È anche una performance neorealistica assai affine a “Medea per strada” di Teatro dei Borgia, dove l’incontro con il pubblico (massimo venti spettatori per volta) è un faccia a faccia intenso e immediato.

L’installazione, realizzata nell’ambito di Derive e Approdi 2019, progetto a contrasto della tratta di esseri umani e del grave sfruttamento finanziato dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sarebbe dovuta essere riproposta l’8 marzo, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, ancora a Milano (città capofila), al Padiglione d’Arte Contemporanea. La data andrà però verificata in base alle future ordinanze del Ministero e della Regione Lombardia inerente il contenimento del nuovo coronavirus, e quindi l’annullamento (per ora previsto solo questa settimana) di qualsiasi evento culturale, sportivo etc.

NOBODY. Viaggio sensoriale attraverso la tratta e lo sfruttamento sessuale
Performer: Giada Catone, Dalila Cozzolino, Ilaria Nadin, Chiara Crovetto, Viola Branco
Regia: Carlo Compare
Coreografie: Giada Catone
Musiche originali: Francesco Crovetto
Organizzazione: Gabriele Paina, Matteo Sala, Oriana Scialino
Allestimento: Teatro Pane e Mate
Un progetto di Compagnia FavolaFolle, Associazione Lule Onlus, Derive e Approdi 2019

durata: 45’

Visto a Milano, Fabbrica del Vapore, il 9 febbraio 2020

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